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di Stefano Baudino
Il 12 Ottobre 1957, all'Hotel delle Palme di Palermo, succede qualcosa che cambierà per sempre la storia italiana.
Ad un tavolo, accanto a Lucky Luciano, il boss più influente del secolo e fondatore di Cosa Nostra americana, siedono i mafiosi americani Joseph Bonanno, Frank Carrol e Joseph Palermo. Davanti a loro, i membri di spicco di una mafia siciliana già forte ma ancora strutturalmente disorganizzata, tra i quali Giuseppe Genco Russo, Gaetano Badalamenti, Calcedonio Di Pisa ed i fratelli Angelo e Salvatore La Barbera.
Quali sono le questioni oggetto del meeting? Innanzitutto la forte preoccupazione per ciò che sta accadendo a Cuba, che fino ad allora aveva costituito per la mafia d'oltreoceano una importantissima base operativa nel contesto del traffico internazionale, in cui era in corso la rivoluzione di Fidel Castro: i mafiosi americani, nella riprogrammazione delle rotte del contrabbando, ritengono infatti una valida alternativa la Sicilia, una regione sicura e strategica per la posizione centrale nel Mediterraneo e per la rete di contatti che intercorrono tra l’universo mafioso statunitense e quello della terra d’origine dei suoi più illustri e potenti protagonisti.
Il secondo obiettivo, conseguente al primo, è dunque quello di rendere finalmente organica e compatta la compagine mafiosa siciliana, creando un organismo strutturale che governi e coordini la vita e gli affari delle cosche sparse nella città di Palermo e nei comuni della sua provincia: l'archetipo che viene individuato, esportato e riadattato nell'ottica della distribuzione delle famiglie mafiose palermitane è proprio quello della Commissione americana.
A stilarne i precetti fondamentali viene incaricato Salvatore Greco, capo della cosca di Ciaculli (località situata alle porte di Palermo): sugli scranni della Commissione, organismo collegiale e “Parlamento” della mafia palermitana, siederanno i capimandamento, identificati come mafiosi rappresentativi di tre cosche territorialmente contigue ed eletti per votazione dai membri delle famiglie mafiose riunite. Le cosche, dette anche “famiglie”, rappresentano l'aggregato principale di Cosa Nostra: sono composte da membri che hanno vincoli di affinità, caratterizzate dall'elemento gerarchico e governate da un “capofamiglia”; secondo una regola generale (che verrà spesso violata sulla base dei rapporti di forza a distanza di poco tempo dalla fondazione della nuova associazione criminale, il che porterà allo sviluppo dei primi screzi tra gli uomini d'onore più influenti) i capimandamento non avrebbero dovuto ricoprire contemporaneamente anche la posizione di capifamiglia, ma al contrario quella di membri soggetti a una certa forma di subordinazione rispetto al boss della cosca di riferimento.

La Commissione di Cosa Nostra, dopo l’elezione dei primi capimandamento, assume questa forma:
Calcedonio Di Pisa (capomandamento della Noce)
Michele Cavataio (capomandamento dell'Acquasanta)
Antonino Matranga (capomandamento di Resuttana)
Mariano Troia (capomandamento di San Lorenzo)
Salvatore La Barbera (capomandamento di Palermo Centro)
Cesare Manzella (capomandamento di Cinisi)
Antonio Salamone (capomandamento di San Giuseppe Jato)
Giuseppe Panno (capomandamento di Casteldaccia)
Francesco Sorci (capomandamento di Villagrazia)
Mario Di Girolamo (capomandamento di corso Calatafimi)
Salvatore Manno (capomandamento di Boccadifalco)

Così viene alla luce, dunque, la Cupola di Cosa Nostra, che ancora oggi, dopo più di sei decenni dalla sua nascita, costituisce l'organizzazione formale di rappresentanza delle cosche in Sicilia. Essa, come vedremo, verrà sciolta, riorganizzata, potenziata e poi esautorata a seconda della “gestione” di riferimento e, soprattutto, a seconda di quanti e quali dei suoi componenti sarebbero caduti sotto ai proiettili di chi avrebbe voluto controllarla in maniera dispotica, abbandonando i principi “democratici” ed “elettivi” sulla base dei quali era stata battezzata.

Rubrica Mafia in pillole

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