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ingroia c paolo bassani 2015 2di Antonio Ingroia
L’Italia alla rovescia colpisce ancora. E lo fa attraverso il Consiglio superiore della magistratura, che ne è una diretta emanazione. In un Paese normale, in uno Stato di diritto come lo avevano sognato i padri costituenti, il Csm dovrebbe tutelare autonomia e indipendenza della magistratura anche e soprattutto dagli altri poteri, a cominciare dal più invasivo di tutti, il potere politico. E così fu negli anni gloriosi di un “altro” Csm, che seppe sfidare governi e presidenti della Repubblica. Anche se non sempre fu così, come ci ricordano le tante umiliazioni e bocciature che Falcone e Borsellino subirono soprattutto dal Csm. Ma nell’Italia di oggi sempre più alla rovescia, il Csm è sempre meno sede della difesa della magistratura e sempre più luogo in cui prevale la politica degli interessi forti.

Solo in un Paese alla rovescia può accadere che, nonostante il palese conflitto di interessi, il procuratore di Arezzo, che contemporaneamente è consulente del governo e indaga sul crac di Banca Etruria di cui all’epoca era vicepresidente il padre di un ministro del governo stesso, possa essere assolto dal Csm, con sentenza anticipata a mezzo stampa prima ancora di essere pronunciata e prima ancora che sia avviata l’istruttoria. Con la grottesca motivazione che rimanda all'”autocertificazione” da parte dello stesso procuratore dell’assenza di conflitto di interessi.

E solo in un Paese alla rovescia può accadere che quello stesso Csm, così indulgente verso Rossi, divenga intransigente verso un ben diverso magistrato, che dalla politica non riceve né consulenze né gratifiche, ma solo insulti ed attacchi, e cioè il procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi, rinviato a giudizio per aver osato criticare aspramente i giudici che avevano mandato assolto il generale Mario Mori, accusato di favoreggiamento per il mancato arresto del capomafia Bernardo Provenzano.

Difficile vincere il sospetto che oggi tutto ciò che è renziano gode di impunità, mentre coloro che mantengono indipendenza e schiena diritta, senza contiguità più o meno mascherate, vengono ostacolati e talvolta anche puniti. E con speciale severità quando si tratta di magistrati come Teresi, che indaga, col pool di Palermo di cui è coordinatore, su segreti di Stato e potenti come quel generale Mori, già capo dei servizi segreti ai tempi di Berlusconi e amico in modo trasversale di tanti politici e magistrati. Ovviamente, mentre l’assoluzione del procuratore di Arezzo viene propagandata dall’intera stampa nazionale, del perseguitato Teresi, che ha semplicemente espresso un’opinione critica, garantita a tutti dalla Costituzione, si occupa solo il Fatto Quotidiano. Hai visto mai che a qualcuno venga in mente di paragonare i due casi e pensare che il Csm, di cui è vicepresidente il renziano Legnini, adotti due pesi e due misure?

Questo smaccato doppiopesismo è lo specchio di un Paese alla rovescia, sempre più ingiusto anche nelle aule di giustizia e in seno a quel Csm che, invece di garantire, attraverso l’autonomia e indipendenza giudiziaria, l’eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, avvalora e sostiene la pretesa di ingiustizia e prepotenza che viene dalla politica. E così si infittisce, anche fra i magistrati, la lista degli impuniti che meriterebbero sanzioni e dei puniti che meriterebbero protezione. Per la carriera di un magistrato il solo rinvio a giudizio disciplinare è già una punizione, e Teresi rischia solo per questo di essere estromesso da concorsi ad importanti incarichi direttivi. E ciò a prescindere dall’esito di un procedimento avviato in virtù di un rinvio a giudizio pasticciato e forse nullo, oltre che contrario alla richiesta di archiviazione del Pg della Cassazione che il procedimento aveva avviato.

Così come Nino Di Matteo, anch’egli punito dal Csm che non lo ha voluto nominare alla Procura nazionale antimafia, e per di più condannato a morte dalla mafia, che sa fare tesoro degli isolamenti istituzionali dei magistrati più esposti. Ma il Csm e la politica continuano la loro opera, impuniti. E sono certo che al Csm la passeranno liscia anche per il pasticcio della doppia notifica dei due atti di rinvio a giudizio di Teresi, uno contraddittorio rispetto all’altro.

Certo, se non fossimo in un Paese alla rovescia, dovremmo poter contare sul garante di tutti noi, che è anche presidente del Csm, e cioè sul presidente Mattarella che dovrebbe intervenire per porre riparo ad un indecoroso pasticcio politico-istituzionale causa di ennesima ingiustizia. Basterebbe, intanto, che nel suo discorso di fine anno spendesse qualche parola in favore del lavoro del pool di Palermo, così rompendo un silenzio istituzionale che dura dai tempi di Napolitano, ed il conseguente isolamento di uomini onesti e coraggiosi, di legge e di giustizia come Teresi e Di Matteo. Ma non c’è da nutrire troppe illusioni. Viviamo in un Paese alla rovescia.

(Fonte: Il Fatto Quotidiano in edicola oggi)

Tratto da: azione-civile.net

Foto © Paolo Bassani

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