Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

ingroia-antonio-big5di Antonio Ingroia - 12 aprile 2014
Se è questa la lotta alla mafia promessa da Matteo Renzi siamo davvero lontani dalla meta. Il primo banco di prova era offerto dalla nuova versione del 416 ter, e sta miseramente per fallire. Il governo si è arreso supinamente al ricatto di Forza Italia e non ha mosso ciglio quando ieri, al Senato, senza modifiche, è stata riproposta la stessa formulazione uscita dalla Camera, migliore della norma in vigore, ma decisamente più attenuata rispetto a quella che lo stesso Senato aveva licenziato qualche mese fa.

Se la lotta alla mafia la si vuole fare sul serio, servono strumenti più efficaci, il 416 ter non lo era in passato e non lo sarà in futuro se il testo licenziato dal Senato sarà quello uscito dalla Camera.
Nella formulazione originaria, varata subito dopo la strage di Capaci, il voto di scambio era punibile solo se il politico avesse promesso denaro mentre saltò l’espressione “altre utilità”. Anche un bambino capisce che se esiste un voto di scambio non avviene quasi mai attraverso denaro. Sono altre le richieste: appalti, favori, appoggi, finanziamenti, assunzioni, autorizzazioni. Insomma, “altre utilità”. Giovanni Falcone lo aveva capito benissimo e per questo voleva una legge sul voto di scambio. Una legge vera però, non una legge inutile.
Ci sono voluti 22 anni e la pressione delle associazioni antimafia perché il 416 ter fosse rivisto. La Camera aveva reintrodotto l’espressione “altre utilità” ma aveva anche abbassato le pene (da 4 a 10 anni invece che da 7 a 12) introducendo una condizione impossibile da verificare, che cioè il candidato sapesse del metodo mafioso usato per procurargli i voti.
Notizie positive giungevano, invece, dal successivo passaggio al Senato, che prevedeva, oltre all’aumento della pena da 7 a 12 anni, anche la sanzione per il politico che dava la “disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione” mafiosa. Ma il successivo ritorno alla Camera e l’opposizione di Forza Italia (ma com’è che quando l’opposizione si fa a favore della criminalità organizzata riesce sempre a portare a casa risultati?) hanno fatto tornare tutto al punto di partenza. La norma è stata di nuovo modificata, riportando la pena fra i 4 e i 10 anni ed è stata soppressa la frase sulla disponibilità a soddisfare gli interessi e le esigenze dell’associazione mafiosa. Col risultato che la riduzione della pena consente al politico di non andare in carcere ma di essere affidato ai servizi sociali se condannato con il minimo della pena, e così la “casta” si perdona preventivamente sanzionando il politico con una pena inferiore del “picciotto”. Come se fosse un marziano capitato per caso in campagna elettorale in contatto con le organizzazioni criminali.
E non è un caso che sia stata proprio Forza Italia, creata dal latitante per mafia Marcello Dell’Utri, a porre il veto. Peccato che Pd e tutte le altre forze politiche, M5S escluso, abbiano accettato il diktat del partito di Berlusconi.
Insomma, il tentativo di depotenziare la norma è riuscito. La nuova versione, a parte l’immagine distorta che offre del politico condannato, produce effetti negativi sul piano dell’efficacia. Una volta abrogata con un emendamento la parte in cui il politico offre la propria disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze della mafia, infatti, diventa punibile solo chi promette in cambio denaro o altre utilità, senza spiegare cosa siano queste ultime. Occorre la prova di un accordo preventivo su uno specifico appalto o favore? Allora sarebbe una prova impossibile. Ovvero basta la prova della disponibilità a favorire l’associazione, da attivare volta per volta nel corso del mandato parlamentare? Ma allora come distinguerlo dalla “disponibilità a soddisfare gli interessi mafiosi” che si è voluto perdonare? Ovvero affidarsi all'interpretazione della magistratura? Ma non diventa così una norma generica e di incerta applicazione, cosa che si dice di voler evitare?

Insomma, a parte l’introduzione di “altre utilità”, non mi pare vi siano sostanziali miglioramenti. E la “ghigliottina” scattata al Senato è lo strumento più idoneo per soffocare il dibattito. Hai visto mai che chi si oppone al provvedimento possa spiegare ai cittadini la truffa che si sta ancora una volta perpetrando? Invece, per la tenuta delle larghissime intese, utile per le pessime riforme istituzionali in cantiere, si mantiene inefficace il 416 ter, come negli ultimi 22 anni. L'ennesima occasione mancata dal nostro ceto politico per farsi rispettare.
 
Tratto da: Il Fatto Quotidiano

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos