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Il copione è antico ed è lo stesso che ha segnato le pagine più oscure della nostra storia, solo che questa volta ha raggiunto un livello mai visto prima. La collaborazione tra mafiosi e massoni per intraprendere affari e complotti è stata documentata negli atti giudiziari per oltre cinquant'anni, fin dall'emergere di un filo nero dal falso rapimento di Michele Sindona, che ha portato allo smascheramento della P2 di Licio Gelli. Nonostante questa consapevolezza, un influente boss della 'ndrangheta è stato vicino ad essere ammesso personalmente nella fratellanza. Non si tratta di un membro qualsiasi, ma del figlio e braccio destro dell'uomo accusato di essere stato il capo della prima 'ndrina creata a Roma. E non stava cercando l'ammissione in una loggia di una cittadina di provincia nel sud: voleva indossare il grembiule del Grande Oriente proprio nella Capitale, in una delle logge più rinomate per tradizione e frequentazioni. Insomma, voleva un posto di rilievo nella massoneria ufficiale.
Protagonista di questo incredibile tentativo è Domenico Carzo, che insieme al padre Antonio è stato arrestato e condannato in primo grado per aver aperto la prima "sede" dei clan calabresi a Roma. I magistrati lo definiscono «soggetto formalmente organico alla 'ndrangheta con una dote della cosiddetta Società Maggiore».
I Carzo sono considerati i leader militari della filiale, quelli che impongono con la violenza la legge dell'organizzazione mentre il più noto Vincenzo Alvaro, celebre per aver gestito il Café de Paris di via Veneto, era considerato il regista delle attività imprenditoriali. Attualmente, Alvaro e Antonio Carzo sono in carcere e quest'ultimo è stato condannato con rito abbreviato al massimo della pena. Nella loro scalata per guadagnarsi uno spazio sui Sette Colli senza disturbare gli interessi di altre presenze criminali, cercano metodicamente di stabilire relazioni con i colletti bianchi: sanno che il modo per prosperare nella Capitale è entrare nei circoli che contano. E in questa stagione di poteri deboli, con i partiti politici frantumati, con sindaci e governi in costante cambiamento, ritengono che a Roma la massoneria sia l'unico punto fermo per avere la certezza di sedere ai tavoli più importanti.
Secondo gli atti dell'inchiesta, la nuova 'ndrina capitolina smantellata da una retata nel 2022 aveva già stretto legami con due membri del Grande Oriente: professionisti che si adoperavano per aiutarli ad acquisire ristoranti, bar e negozi. Ma per Domenico Carzo non era sufficiente: voleva personalmente entrare nella consorteria più autorevole. Così nel 2017 si rivolge al commercialista Eugenio Mengarelli, che gli spiega i requisiti essenziali per l'ammissione: è necessario avere un lavoro stabile e risiedere nella zona della loggia. Carzo provvede e viene presentato formalmente come aspirante. Una nuova informazione dalla polizia giudiziaria sottolinea il ruolo di Mengarelli nella loggia Kipling 128 e riporta un messaggio intercettato: era diretto a Carlo Ricotti, presidente del collegio circoscrizionale dei maestri venerabili del Lazio.
Si tratta di un giurista e docente della Luiss, scomparso nel 2019 e fino ad allora tra i volti più noti del Grande Oriente a Roma: una figura rispettata di studioso, mai coinvolta in inchieste. Nel messaggio, Mengarelli invitava Ricotti a partecipare all'agape - la riunione rituale - della Kipling 128, facendo leva sull'autorità del maestro venerabile: «La tua presenza, come già alla cerimonia dell'installazione dei dignitari, sarebbe un segnale forte ai nostri fratelli dopo i purtroppo tristi eventi che ci hanno colpito». Probabilmente si riferiva all'acquisizione degli elenchi massonici da parte della Finanza su decreto dell'allora presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi: un atto percepito come persecutorio dal Grande Oriente, che qui viene evocato da un professionista successivamente arrestato per aver occultato i patrimoni delle cosche.
Come richiesto dalle regole della fratellanza, Domenico Carzo dichiara che né suo padre né suo nonno sono stati condannati e indica due massoni come testimoni della sua rettitudine. Uno è il medico Antonio Francesco Orlando, iscritto alla Felsinea di Bologna ed ex assessore comunale di Vignola (Modena). L'altro è Attilio Russo, oculista di Cosoleto, il paesino non lontano da Gioia Tauro, da cui proviene la famiglia Carzo. È stato maestro venerabile della Ettore Ferrari di Palmi e si è candidato per incarichi nazionali del Grande Oriente.
Nel rapporto degli inquirenti, Orlando - contro cui non sono state formulate contestazioni - viene definito "compare" del capoclan Antonio Carzo. Il figlio Domenico però non preavvisa il dottor Russo della sua domanda di iniziazione. E l’oculista, interpellato dalla loggia romana, correttamente li mette in guardia e spiega che il fratello dell'aspirante doveva scontare una pena per sequestro e associazione mafiosa e anche il nonno era stato arrestato per un rapimento. Insomma, fornisce il ritratto di un uomo di 'Ndrangheta.
AAlla vigilia del Natale 2017, la microspia degli investigatori registra la discussione tra il candidato massone e i suoi familiari. Dice che un membro della loggia gli aveva domandato se per davvero il nonno fosse stato arrestato per sequestro di persona. Lui non si era perso d'animo: aveva risposto che era stato assolto, aggiungendo che ognuno dei suoi parenti "aveva pagato quello che doveva e che si erano trasferiti a Roma proprio per sottrarsi alle dinamiche mafiose e fare una vita diversa". Una versione che non ha convinto "il tizio della loggia", che torna a chiedergli se suo padre, suo zio e suo nonno fossero elementi della criminalità. Domenico Carzo nega ancora. Invano, perché la sua speranza di venire iniziato al Grande Oriente svanisce qui.
Domenico Carzo più che alle agapi accompagnate da musica di Mozart era abituato alle "mangiate" così gli 'Ndranghetisti chiamano il raduno della cosca. È stato condannato in primo grado a 16 anni con giudizio abbreviato: gli sono state contestate pure estorsioni e reati di armi. Il padre è stato intercettato mentre pronunciava minacce come: "gli butto tanto di quell’acido in faccia alla moglie che quando lui la guarda deve pensare: 'per colpa mia'. Oppure: 'Ti scanno come nu crappettu, vegnu e t'amazzu i to'".
Quando il genitore torna in Calabria, è lui che prende la guida della colonia a Roma e tratta con i capi delle altre famiglie criminali.
Il problema è che anche quando il Grande Oriente viene a sapere della caratura mafiosa dei Carzo, i suoi adepti non rinunciano a lavorare per loro. L'inchiesta dellaa procura capitolina ha radiografato l'impegno di Eugenio Mengarelli al fianco dei boss, proseguito per altri cinque anni. Il giovane Mengarelli si divideva tra le riunioni della Kipling 128 e le ambasciate per Conte di Alvaro, che quando viene a sapere delle indagini sul suo conto, usa il professionista per trasmettere messaggi. Sarebbe stato lui a provvedere alle intestazioni fittizie di società e ristoranti per evitare che finissero sotto sequestro giudiziario "mettendosi - scrivono i magistrati - a completa disposizione degli interessi del sodalizio".
C'è poi il commercialista Franz Silvestri: per i magistrati si è messo a servizio in modo continuativo dei due capi Vincenzo Alvaro e Antonio Carzo al fine di a aagevolarne la penetrazione nel tessuto economico-produttivo romano. Attualmente è detenuto per concorso esterno in associazione mafiosa. Era iscritto alla Loggia Jerusalem 1199 che celebra la sua agape in una delle case massoniche più rispettate del Grande Oriente: li si ritrovano professionisti di altissimo livello, soprattutto avvocati e fiscalisti, non solo di Roma ma di tutta Italia. Sono stati sospesi immediatamente al momento dell'arresto, dichiara a l'Espresso Stefano Bisi, al vertice del Grande Oriente d'Italia - prestiamo particolare attenzione all'infiltrazione mafiosa e facciamo accertamenti accurati, come è accaduto per Carzo. Ma si tratta pur sempre di controlli associativi: chiediamo il casellario giudiziale; non possiamo ovviamente fare indagini sui conti correnti o perquisizioni domiciliari. Del resto ci sono mele marce persino nelle forze dell'ordine.
I documenti sequestrati a Silvestri durante le perquisizioni illustrano il suo impegno nelle attività della fratellanza, che lo vedono a stretto contatto di massoni dichiarati e di altri che restano coperti. Nel 2014 viene eletto maestro venerabile della Jerusalem - posizione che poi perderà - e costituisce un'ONLUS con lo stesso nome e sede nel suo studio per diffondere i valori della massoneria: risultano iscritte figure di diverse logge di altre regioni, che sulle fonti aperte mostrano orientamenti politici diversi e mestieri molto differenti, con una predominanza di avvocati, medici e docenti universitari. Uno di loro si è candidato per le elezioni del vertice del Grande Oriente: il primo turno c'è stato il 3 marzo, il secondo sarà il 24 - con un programma in cui è prevista "l'avversione alla criminalità organizzata e alla mentalità mafiosa".

Tratto da: L’Espresso del 22/03/2024 

Foto © Imagoeconomica

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