Intervista al criminologo Vincenzo Musacchio
Una chiamata all’azione sinergica tra politica e magistratura quella di Vincenzo Musacchio. “Politica e magistratura comincino a dialogare seriamente e non solo a livello nazionale. In un contesto europeo fragile la minaccia mafie è reale e seria. Le nuove mafie in Unione europea, silenti e corruttrici, si infiltrano sempre di più nelle economie degli Stati membri. Il fenomeno mi preoccupa molto. Lo dirò anche in Parlamento europeo il 26 maggio prossimo portando in Europa tutte le mie preoccupazioni”.
Pochi giorni fa Europol ha lanciato l’allarme sul pericolo mafie in Europa. Professore, quanti e quali rischi ci sono realmente?
La minaccia mafie in Europa è evidente e reale. Il mix mafia e corruzione è letale. Vale per l’Italia ma anche per tutti gli altri Stati membri dell’Unione europea. Questo è ormai palese a tutti gli studiosi di criminalità organizzata. Ritengo che uno dei principali obiettivi dell’Unione europea dovrà essere quello di intensificare la cooperazione internazionale in materia penale come strumento indispensabile per combattere e prevenire la criminalità organizzata transnazionale, la corruzione, il traffico e lo spaccio di stupefacenti, il traffico di esseri e organi umani, la criminalità economico-finanziaria e informatica, il terrorismo. Questi crimini ormai vanno tutti combattuti secondo regole di extraterritorialità.
Lo scontro continuo tra politica e magistratura può danneggiare la lotta alle mafie a livello nazionale? Come valuta quello che sta succedendo tra questi due poteri dello Stato?
Premesso che non ho mai pensato che la magistratura fosse un potere ma una funzione (l’unico potere, è quello legislativo), la mia opinione è che queste due istituzioni dovranno giocoforza dialogare serenamente per il bene dell’Italia. Questo sfortunatamente non accade da troppo tempo. La responsabilità è sia dei magistrati, sia dei politici. Le continue invasioni di campo purtroppo nuocciono anche alla lotta contro le mafie.
Che ne pensa della recente riforma della giustizia riguardo alla lotta del crimine organizzato?
Mi auguro che con la scusa delle riforme non si depotenzino istituti importanti quali quelli delle intercettazioni, dei collaboratori di giustizia e di quella parte di legislazione antimafia fortemente voluta da Giovanni Falcone. Non mi piace neanche la proposta di far andare esenti da punibilità i corrotti che collaborano con la giustizia. La cosa più importante di tutte è che qualsiasi riforma si faccia sia approvata a grande maggioranza dal Parlamento.
Come giudica nella lotta alle mafie il Governo attualmente in carica?
È ancora presto per poterlo giudicare. Lo vedremo all’opera sperando che dalle parole ovviamente si passi ai fatti. In politica sappiamo che questo passaggio non è affatto scontato.
La spaventano tutti questi casi di corruzione emersi recentemente anche a livello internazionale?
Il problema corruzione è ormai dilagante ovunque. È necessario trovare strumenti efficaci per combatterla cominciando da un processo penale rapido e con sanzioni efficaci e certe. Non conosco i dettagli dell’operazione “Qatar” che vede coinvolti parlamentari europei, tuttavia, da quanto ho potuto leggere, credo che ci siano già, di fatto, conseguenze sull’Unione europea e sulle sue istituzioni democratiche. Lo scopo di questa rete corruttiva sarebbe duplice. Per la politica, quello di ottenere un trattamento di maggiore riguardo e compiacenza all’interno delle istituzioni europee. Per le mafie, quello di aprire i canali criminali per ottenere manodopera a basso costo. In tutto questo la corruzione è il collante che tiene insieme tutti i reati commessi.
Il problema carcerario richiede interventi urgenti, cosa si può fare prima che esploda in tutta la sua gravità?
I numeri sono decisivi per comprendere la situazione attuale. Le più recenti statistiche rese pubbliche dal Ministero della Giustizia ci confermano che il sovraffollamento in carcere è pari al 113%. I detenuti maggiorenni incarcerati in Italia, al 31 dicembre 2021, sono 54.134, distribuiti in 192 istituti, di cui 2.237 donne (il 4,1%). Del totale dei carcerati maggiorenni, 17.043 sono stranieri, circa il 31,5% e circa 16.000 sono in attesa di giudizio (29,5%) mentre 19.000 sarebbero i detenuti che devono scontare meno di tre anni. Una situazione simile non è più tollerabile. La riforma carceraria ha un senso se serve a costruire un sistema penale più equo e giusto. Nei nostri istituti di pena spesso è recluso chi potrebbe star fuori e purtroppo sta fuori chi invece dovrebbe esser recluso.
A livello europeo si è molto discusso sui legami fra mafia e terrorismo, dobbiamo preoccuparci?
Il terrorismo è affine a molte attività tipicamente mafiose. Traffico di stupefacenti, estorsioni, sequestri di persona, riciclaggio. Molti Stati come Arabia Saudita, Qatar, Yemen finanziano il terrorismo e favoriscono le mafie. La loro legislazione permissiva consente spesso alle organizzazioni criminali di creare investimenti finanziari difficili da individuare e colpire poiché quei Paesi sono spesso fuori dalla cooperazione internazionale.
A proposito di 'Ndrangheta. Come la valuta da esperto della materia l'escalation degli ultimi mesi a livello europeo?
Una vasta operazione contro la 'ndrangheta si è svolta pochi giorni fa in Austria, preceduta da un’altra in Svizzera. La cooperazione tra autorità giudiziarie e di polizia dei vari Paesi coinvolti ha consentito di scoprire investimenti in loco da parte di un soggetti che sarebbero affiliati alla criminalità organizzata calabrese. Queste indagini sono la riprova qualora ve ne fosse bisogno di quanto sia presente la ‘ndrangheta nei vari Stati membri dell’Unione europea. Insediamenti della ndrangheta sono presenti anche in Germania, Olanda, Canada, Australia. Ci sono presenze 'ndranghetiste silenti in gran parte del mondo e permettono alla stessa di operare spesso come broker mondiale di stupefacenti riciclando in questi territori i proventi del traffico internazionale di droga.
Nella lotta alle nuove mafie lo Stato ha fatto il proprio dovere?
Abbiamo avuto alcuni risultati accettabili, ma l’azione dello Stato non ha frenato l’evoluzione delle mafie moderne che si sono avvalse di una serie di fattori e opportunità legati alla corruzione politica, alla globalizzazione, alla fragilità dei mercati finanziari, ai paradisi fiscali, alla debolezza degli enti locali permeati dalle infiltrazioni, alla vulnerabilità del sistema imprenditoriale. La corruzione gioca oggi un ruolo importante come strumento di penetrazione delle mafie nella politica, nell'economia legale e nella società civile.
Si sta riaprendo il dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere. Centinaia di parlamentari si sono già schierati. Lei che ne pensa?
Se il termine “legalizzare” significa disciplinare, controllare e vigilare, allora, sono pienamente d’accordo sulla legalizzazione delle droghe leggere. A onor del vero, sono stato e sono tuttora favorevole a un’azione volta a rendere legale, sotto il controllo diretto dello Stato, la vendita e la coltivazione della cannabis e dei suoi derivati per scopi terapeutici. Il concetto di legalizzazione che intendo io, implica una “libertà condizionata” nella produzione e nella vendita delle sostanze leggere e non di certo la nascita di un libero mercato delle sostanze stupefacenti. Se se impostasse il tema su simili direttrici, non ci vedo nulla di pericoloso nel consentire la produzione e il libero commercio, nel rispetto della legge, delle droghe leggere e dei suoi derivati per scopi sanitari, ludici e ricreativi. La legalizzazione delle droghe leggere, inoltre, con interventi mirati, potrebbe sottrarre terreno al traffico e allo spaccio e avrebbe il vantaggio di far concentrare la magistratura sulle organizzazioni criminali e sulla filiera economica che ne deriva. Sappiamo inoltre che la microcriminalità è alimentata soprattutto dai giovani che proprio per procurarsi queste sostanze si rivolgono al mercato nero e commettono delitti come furti, scippi e rapine. La legalizzazione contribuirebbe certamente a far diminuire anche questa tipologia di delitti.
Cosa si può fare per arginare queste nuove mafie?
Servono riforme efficaci per affrontare le sfide della new economy. Ogni singolo Stato – direttamente o indirettamente interessato – dovrà riorganizzare tutte le istituzioni coinvolte nella lotta alle mafie e si dovranno inevitabilmente rivedere le modalità di cooperazione sia a livello bilaterale sia in un contesto globale. Mentre le mafie si evolvono continuamente, gli Stati restano immobili, con burocrazie elefantiache, gerarchie spesso inutili e lente nel prendere decisioni contro le mafie che al contrario sono molto agili, collegate in rete, molto flessibili e soprattutto sono in grado di rispondere rapidamente ai mutamenti economici, politici e sociali in atto. Con una mafia evoluta come l’attuale, senza interventi in ambito europeo e internazionale sulle economie occulte e sui paradisi fiscali, a cominciare dalla rottura delle relazioni economiche e dagli embarghi finanziari non si va da nessuna parte poiché si combatte una “guerra” persa in partenza.