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battaglia let int fb sandra rizzaUn’eterna ragazza non invecchia mai. Per questo, fino al suo ultimo respiro, ha continuato a stupirci, sbattendoci in faccia il suo bellissimo volto di rughe, il caschetto colorato di fuxia o di azzurro, la sua schiettezza e la sua curiosità, e continuando a smascherare attraverso il mirino impietoso di una piccola reflex il nostro ottuso perbenismo di borghesi piccoli e meschini. Le avevano dato una sedia a rotelle perché le gambe, che per decenni avevano inseguito i morti ammazzati e la putrefazione di Palermo, non sostenevano più il suo corpo irrequieto. Le avevano tolto l’eterna sigaretta, soffiando via quegli allegri sbuffi di fumo che erano la sua vezzosissima veletta di ombre sul viso, perché la nicotina le incrostava i polmoni e le impediva di respirare. L’hanno premiata, incensata, museificata, ne hanno fatto un’icona pop, l’attrice (che interpretava se stessa - e chi altro?) di un cinema apocalittico e geniale, l’eroina da fumetto di un’epica stagione di riscossa, e persino la protagonista di una serie tv. L’hanno trasformata in un genere, in un personaggio, in un archetipo di Palermo irredimibile, e lei c’è stata, e si è divertita pazzamente a condurre il gioco di una divulgazione caleidoscopica che la voleva ribelle, anticonformista, estrema fino alla fine, offrendo il suo corpo invecchiato alla celebrazione del suo mito: inforcando grandi occhiali da sole, mettendo rossetti vistosi, facendosi fotografare con un reggiseno nero e un asciugamano sulle spalle, sfidando il mondo, sfottendo tutti i conformismi e i puritanismi, contribuendo a trasformare se stessa in una biografia vivente, in un’agiografia misteriosa e perturbante, in un gioco di specchi di provocazioni infinite.
Perché tanti ci hanno provato, ma nessuno è mai riuscito davvero a catalogarla, a catturarla, a definirla, a incasellarla in alcuna categoria, filosofica, artistica, morale, politica, di quel mercato infinito che è il nostro mondo della comunicazione. Mai. Perché un’eterna ragazza è senza tempo, senza spazio e soprattutto senza definizioni. Un’eterna ragazza sfugge alle etichette e alle convenzioni. E Letizia è stata e sarà sempre solo Letizia. La sua voce arrochita dal tabacco. La sua risata e i suoi gesti larghi. I suoi camicioni e le sue parolacce. I suoi sogni e i suoi innamoramenti, a volte ingenui, per progetti che ha inseguito fino allo stremo, fino alla delusione, senza fermarsi mai.
“Ciao Sandrocchia”, gli occhi fissi nei miei, “e che scrivi? Che fai?” Che fai? Il suo continuo bisogno di azione, di impegno, di militanza civile in un mondo impazzito che corre verso nuovi potenziali abissi, che ci anticipa, che ci costringe allo sforzo continuo di capire, di combattere, di resistere. E tu, Letizia, che fai? “Io faccio cose”. Milioni di cose. Progetti, sogni, idee, nuove sfide. In culo alla vecchiaia, in culo a chi pensa che una donna esiste solo finché il suo corpo è giovane e appetitosa merce sessuale. Quante cose ha fatto Letizia, capace di parlare linguaggi diversi e di restare sempre al centro dello sguardo del mondo, come il mondo è stato sempre al centro del suo sguardo rapace. Sempre curiosa, sempre presente, sempre pronta a partire per una nuova avventura. Per questo nessuno di noi ha mai pensato che un giorno il suo cuore potesse dire basta. Anche se qualcosa trapelava di una fragilità che neppure la sua grande voglia di vivere poteva nascondere: i ricoveri in ospedale, l’ossigeno, la richiesta pubblica di una badante. Ma chi poteva credere che quel ciclone irriverente potesse cedere alla morte? E, infatti, io non ci credo. Neppure adesso che vedo l’elenco dei necrologi, la compassione di rito, la liturgia paludata che addolcisce la puzza di morte, diventare sempre più lungo, fino a trasformarsi in un salmo infinito.
Penso a quell’eterna ragazza che ad ottant’anni suonati rispose, a chi le proponeva di fare un film, che lo avrebbe fatto solo se poteva interpretare una prostituta. E si fece una grassa risata. Perché un’eterna ragazza spiazza, stupisce, scandalizza, ha fame di vita e si dimentica di morire. Per questo, dal suo posto misterioso e segreto, sono sicura che oggi Letizia ci guarda, gli occhi irriverenti e curiosi, la sigaretta penzolante dalle labbra, e ci mostra guascona il dito medio, dritto all’insu, per ricordarci quanto il nostro cordoglio sia ridicolo e ipocrita. Perché un’eterna ragazza non muore. E un’eterna ragazza come lei, anche dal suo irraggiungibile altrove, è infinitamente più viva di noi, che siamo qui a piagnucolare sulle nostre memorie fallite, sulla nostra Palermo imputridita, sul nostro mondo di macerie corrotte.

Tratto da: facebook.com/sandra.rizza.9

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