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Le analisi disastrose del sociologo amico di Falcone

Ci risiamo. Ancora una volta il sociologo Pino Arlacchi, collaboratore e amico dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, negli anni Ottanta analista per la Dia, in cui lavorava a stretto contatto con Gianni De Gennaro, autore di libri importanti come quelli sui primi collaboratori di giustizia come Tommaso Buscetta e Totuccio Contorno, torna a scivolare tra banali semplificazioni, considerazioni strampalate ed omissioni di dati di fatto.
Lo ha fatto sul Corriere della Sera, in una lettera inviata al Direttore, inserendosi nel dibattito sul traffico di stupefacenti e il consumo della droga dopo le polemiche dei giorni scorsi sulla fiction prodotta da Netflix su San Patrignano.
Un intervento in cui racconta una storia a metà.
Se da una parte, giustamente, si evidenziano i grandissimi lavori di inchiesta di Falcone e Borsellino, con il sostegno di pezzi sani delle forze di polizia contro il traffico di stupefacenti, dall'altra affermare che si siano inflitti "colpi mortali" o che "la droga e la mafia non costituiscono più le emergenze assolute di un tempo" dimostra un'assoluta dissociazione dalla realtà.
Perché raccontare della riduzione dei morti per overdose (da 1600, nel 1996, ai 200 dello scorso anno) comporta un'analisi miope di ciò che sta accadendo nel nostro Paese e sull'evoluzione del fenomeno mafioso.
Non che Arlacchi sia nuovo a castronerie e farneticazioni.
Basti pensare a quel che accadde nel 2001, quando alla convention dell'Onu che si celebrò in quell'anno a Palermo, affermò che "la mafia stava per essere sconfitta". Una vera e propria gaffe che smentì solo in un secondo tempo e che comunque gli costò l'allontanamento dalla “Fondazione Falcone”.
Come se fosse in preda ad una sorta di "bipolarismo", tra interviste e testimonianze davanti ai magistrati, ha alternato dichiarazioni totalmente discordanti.
Davanti ai magistrati di Caltanissetta, nel corso di un interrogatorio datato 11 settembre 2009, il sociologo aveva fornito una dettagliata analisi degli anni prima e dopo le stragi, corroborata dalle parole di Falcone e Borsellino, da lui ricordate nel verbale d'interrogatorio. Fu in quell'occasione che Arlacchi fece riferimento al fatto che “trattative fra Stato e mafia ce ne sono sempre state” e “in quegli anni cruciali ce n'erano in piedi più d'una, addirittura tre o quattro”. Quanto alle stragi del '92, Arlacchi si diceva convinto che “Cosa Nostra nell'eseguire le stragi di Capaci e via d'Amelio avesse agito in sinergia con ambienti deviati delle Istituzioni, soprattutto del Sisde” che “aveva come punto di riferimento il dottor Contrada” successivamente condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Ma di quegli ambienti istituzionali, assicurava Arlacchi, faceva parte anche “qualche gruppo appartenente all'Arma dei Carabinieri, che aveva nell'allora Colonnello Mori il punto di riferimento”, secondo l'opinione del sociologo contraddistinto da “un'azione che definirei poco trasparente”.
E poi ancora, riferendosi ad alcuni dialoghi avuti all'epoca con Gianni De Gennaro, ex capo della Direzione investigativa antimafia, aveva aggiunto: “Dopo le stragi del 1993 si consolidò presso i vertici della Dia l'idea che le stragi avevano una valenza politica precisa, e cioè erano finalizzate a costringere lo Stato a venire a patti ed instaurare una trattativa. Sul punto formulammo insieme a De Gennaro delle ipotesi, ritenendo che il gruppo andreottiano, tramite i suoi referenti di cui ho detto - e cioè il gruppo Contrada - fosse uno dei terminali della trattativa”. Ma anche che “il dottor De Gennaro, già all'epoca, mi parlava di contatti 'ambigui' tra appartenenti a Cosa nostra e Marcello Dell'Utri,che fungeva da anello di congiunzione tra la mafia ed il mondo dell'economia e della politica”, cioè quel nuovo assetto di potere che, con Silvio Berlusconi e il suo braccio destro, ha governato l'Italia per un ventennio.
Qualche anno dopo, in un'intervista a “Panorama” attaccò duramente i pm del processo affermando che la trattativa "è basata su un’ipotesi grottesca: una connection tra Oscar Luigi Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi, Giovanni Conso e Nicola Mancino da un lato, e i vertici corleonesi di Cosa nostra dall'altro”.
La schizofrenia tornò al processo Stato-mafia dove disse concetti molto simili a quelli espressi davanti ai giudici nisseni.
Se di recente Arlacchi si era contraddistinto per alcuni articoli, più o meno positivi sulla politica estera o la situazione del medio oriente, adesso è tornato a dar fiato ai propri deliri.
Lo abbiamo già detto. E' assolutamente corretto parlare dell'operato di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nella lotta al contrasto degli stupefacenti, ma non si possono omettere quelli che sono i dati attuali.
La 'Ndrangheta detiene il monopolio degli stupefacenti nel mondo occidentale (con guadagni tra gli 80 ed i 100 miliardi di euro l'anno), come è stato ormai ampiamente documentato da un eccellente lavoro giudiziario, in particolare svolto dai magistrati Gratteri, Lombardo e dai colleghi delle Dda calabresi. Un potere, quello delle cosche - unito al forte condizionamento esercitato nelle sfere dell'alta finanza - particolarmente presente nell'economia nostrana, che ancora resta tra quelle delle sette nazioni più ricche al mondo.
E come non tenere conto della crescita del numero di iscrizione di reati connessi al consumo di stupefacenti, con il ritorno dell'eroina accanto alle richieste di cocaina, anfetamine, acidi e droghe sintetiche. "Le indagini - aveva ricordato pochi anni fa il Procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato - hanno lumeggiato un panorama sociale che non è mafioso o colluso ma che, ciò nonostante, contribuisce ad alimentare un popolo di consumatori accaniti di varie droghe. Un popolo trasversale di tutte le generazioni, appartenente a varie classe sociali: commercianti, professionisti ed altre figure".
Di tutto questo Pino Arlacchi non ha tenuto conto nelle sue analisi.
Dunque delle due l'una: o Arlacchi, ancorato ad un'idea vecchia di mafia, vive sulla Luna, oppure, come avviene per tanti altri, si presta ad essere utilizzato da quell'assetto di potere che vuole creare confusione pur di dimostrare che mafie e sistemi criminali non esistono.
(11 Gennaio 2021)

Foto © Imagoeconomica

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