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di Giorgio Bongiovanni

Un giornalista indipendente, tra le più autorevoli firme del giornalismo italiano in materia di mafia e di antimafia, che con i suoi articoli ha sempre dimostrato di avere coraggio e di saper tenere la schiena dritta. Questo rappresenta per noi Saverio Lodato. Già cronista del quotidiano “L'Ora” e per trent'anni inviato de “l’Unità” a Palermo, e autore di libri importanti come, per citarne alcuni, “I miei giorni a Palermo. Storie di mafia e di giustizia raccontate a Saverio Lodato” (con Antonino Caponnetto, 1992, Garzanti), "C’era una volta la lotta alla mafia" (con Attilio Bolzoni, 1998, Garzanti), "Ho ucciso Giovanni Falcone" (con Giovanni Brusca, 1999, Mondadori), "La mafia ha vinto" (con Tommaso Buscetta, 1999, Mondadori), "La Linea della Palma. Saverio Lodato fa raccontare Andrea Camilleri" (con Andrea Camilleri, 2002, Rizzoli), Intoccabili (con Marco Travaglio, 2005, Rizzoli), "Il ritorno del principe" (con Roberto Scarpinato, 2008, Chiarelettere; 2012, Tea), "Di testa nostra" (con Andrea Camilleri, 2010, Chiarelettere) ed i recentissimi “Il Patto Sporco”, scritto assieme al magistrato Nino Di Matteo (ed. Chiarelettere) ed “Avanti Mafia! Perché le Mafie hanno vinto” (edizioni ACFB-Corsiero Ed.).
Da anni, ormai, ci onoriamo di averlo come editorialista del nostro giornale ed anche nell'ultimo anno abbiamo potuto apprezzare la sua schiettezza e coerenza nell'esprimere le proprie idee.


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Presentazione del libro "Avanti Mafia!" di Saverio Lodato. All'evento, organizzato dall'Associazione culturale Falcone e Borsellino, sono intervenuti, insieme all’autore, PIF, attore e regista, Nino DI MATTEO, consigliere togato del Csm, che firma la prefazione del libro, gli attori Lunetta SAVINO e Carmelo GALATI, il sindaco di Palermo Leoluca ORLANDO e Giorgio BONGIOVANNI, direttore di ANTIMAFIADuemila © Paolo Bassani


Sciascia, Bocca, Di Matteo e Gratteri: il futuro antimafia ha un cuore antico”, scriveva il primo gennaio 2020. Commentando le indagini della Procura di Catanzaro che hanno scoperchiato le relazioni occulte fra ‘Ndrangheta, politica e massoneria, divenute “l’emblema di una criminalità che non ha più limiti” evidenziava come il Procuratore capo di Catanzaro fosse finito nel “tritacarne mediatico” tanto quanto Nino Di Matteo, già pm del processo trattativa Stato-mafia ed oggi consigliere togato al Csm. Non solo. Evidenziava come figure quali “Sciascia, Bocca, Di Matteo e Gratteri, indipendentemente dalle loro professioni, sono attestati sulla stessa linea: quella di chi non considera obbligatorio convivere con le mafie”. Ed infine chiudeva, se si vuole, con una premonizione: “In quest’anno che si apre, altre ne vedremo, altre ne sentiremo, perché i nemici della democrazia e della giustizia non si rassegnano mai facilmente”.
L'anno che è passato è stato altrettanto lungo e complicato, non solo per il Covid, ma anche per scandali e vicende gravi come quelle delle scarcerazioni dei boss mafiosi durante l'emergenza pandemica.
Con il suo spirito critico Lodato non si è mai tirato indietro nel commentare i fatti e cercare di capire anche la politica di questo governo. E proprio sul caso Bonafede e quella mancata nomina, da parte del ministro, di Di Matteo al vertice del Dap, di fronte agli evidenti e gravi errori del ministro della Giustizia non ha avuto nessun dubbio e dare ragione al magistrato palermitano.
Ma non si è fermato qui.


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E in questo 2020 frenetico ha anche aggiunto un tassello di verità nella ricostruzione di fatti apparentemente lontani, ma ancora oggi non totalmente chiariti.
Intervenuto nello speciale di Atlantide da Andrea Purgatori, dedicato alla memoria del giudice ucciso a Capaci il 23 maggio 1992, ha ricordato lo stato d'animo vissuto dal giudice nel giugno del 1989, immediatamente dopo il fallito attentato all'Addaura.
Proprio Falcone gli rilasciò un'intervista in cui gli parlò di "menti raffinatissime" che potevano celarsi dietro all'attentato. E per la prima volta ha rivelato che gli fu fatto il nome di Bruno Contrada.
ex numero tre del Sisde ed ex capo della Squadra mobile di Palermo.
Saverio Lodato, da sempre, si è contraddistinto per la difesa tenace nei confronti di quei magistrati dalla schiena dritta che avevano l'ardire di non guardare in faccia a nessuno, pur di raggiungere la verità e sconfiggere la mafia. Ieri le critiche e gli ostacoli erano rivolti contro Falcone e Borsellino. Oggi contro magistrati come Nino Di Matteo, Sebastiano Ardita, Giuseppe Lombardo, Luca Tescaroli, Nicola Gratteri, ed altri che ne hanno raccolto l'eredità.


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Giovanni Falcone © Letizia Battaglia


Figure che lo storico giornalista considera come “la meglio magistratura” indicando quella comune “volontà di venire a capo finalmente, anche trent’anni dopo, di ciò che si nascose dietro le stragi”. Da Capaci a via D’Amelio passando per Roma, Firenze, Milano ed anche la Calabria, come dimostrato dalla sentenza 'Ndrangheta stragista.
In particolare proprio su Di Matteo, condannato a morte da Totò Riina e Matteo Messina Denaro, Lodato ha fatto un paragone calzante con la storia che fu di Giovanni Falcone segnata da una lunga serie di attacchi tanto esterni quanto interni alla magistratura.
Proprio con Di Matteo è stato autore del libro “Il Patto Sporco” che offre al lettore la chiave per comprendere non solo quanto avvenuto nel processo di Palermo sulla trattativa Stato-mafia, quanto comprendere quel sistema criminale complesso che cerca di tenere immobile il Paese da oltre 50 anni, garantendo appoggi, latitanze e silenzi.
In questo anno trascorso abbiamo potuto cogliere un esempio di giornalismo che ANTIMAFIADuemila ammira. E ci dispiace costatare, salvo qualche rara eccezione, la scomparsa del giornalismo dalla schiena dritta. L'anno che verrà sarà ancora più duro. E, ne siamo certi, potremo proseguire assieme questo cammino di informazione.
(Prima pubblicazione: 31-12-2020)

In foto di copertina: Saverio Lodato e Giorgio Bongiovanni © Jacopo Bonfili/Paolo Bassani

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La rubrica di Saverio Lodato

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