Intervista
di Emilia Costantini
Savino: ''È un caso se mi offrono spesso questi ruoli. La mamma che mi manca? Filumena Marturano''
È stata Felicia, la madre del giornalista Peppino Impastato ucciso dalla mafia; è stata Lucia, la madre del fisico nucleare Fulvio Frisone, affetto da tetraplegia spastica distonica; è stata Vincenzina, la madre di Pietro Mennea; e recentemente è stata candidata al David di Donatello, ai Nastri d’argento e ha ricevuto il Premio Flaiano come migliore attrice nel ruolo di Rosa, nel film omonimo, opera prima di Katja Colja: una madre che deve fare i conti con la morte della figlia. Ma non basta. Ora Lunetta Savino, la ex Cettina di «Un medico in famiglia», è «la madre» per eccellenza del grande teatro classico, Medea: il 17 luglio debutta al Teatro Greco di Siracusa, nell’ambito della stagione della Fondazione Inda, con lo spettacolo «Da Medea a Medea».
«Sì, perché le Medee sono due - spiega l’attrice -. Una è tratta da Euripide, adattata dalla grecista Margherita Rubino; l’altra è stata scritta da Antonio Tarantino, grande scrittore che purtroppo non ho fatto in tempo a conoscere e che nell’aprile scorso è mancato a causa del Covid-19. Interpretarlo in palcoscenico è un doveroso omaggio».
Che effetto le fa essere protagonista assoluta in un ruoli drammatici come Rosa e Medea, e in più recitando per la prima volta al Teatro Greco?
«A volte capita tutto insieme, e a me succede a 63 anni. Lo considero un momento di raccolta: un tragitto artistico che ha dato i suoi frutti e che adesso si sono concentrati tutti insieme incredibilmente. Il piacere maggiore è stato condividere il film con una regista donna, alla sua prima opera. Per quanto riguarda Siracusa, lì sono stata più volte spettatrice e infinite volte ho sognato di essere su quel palcoscenico. Finalmente si realizza il sogno».
L'attrice interpreta Felicia, madre di Peppino Impastato
La differenza tra Rosa e Medea è abissale.
«Rosa è una donna che deve affrontare l’elaborazione del lutto più difficile che possa capitare a una madre. Ho fatto un percorso lungo e doloroso per avvicinarmi al personaggio che a un certo punto si ribalta. Da quella morte inaccettabile, avviene una rinascita: è una sessantenne che torna a vivere attraverso la perdita di sua figlia, scopre la sessualità, si riavvicina al marito con cui non aveva più rapporti. La Medea di Rubino è fedelissima a Euripide. Quella di Tarantino è una povera disgraziata, che usa un linguaggio molto forte, sboccato, tra ironia e sarcasmo, la sua vita un inferno, si è dovuta anche prostituire e arriva alla tragedia più atroce: ammazza i figli».
Una predilezione per i ruoli materni, la sua?
«No, è un caso che mi abbiano proposto spesso figure di madri toste, coraggiose, come per esempio Felicia che ho amato molto: dal figlio, barbaramente ammazzato, eredita la passione sociale e si mette a disposizione dei giovani per informarli su cosa sia la mafia, che va combattuta con l’intelligenza e non solo con la pistola. Quel ruolo è stato un modo per descrivere le donne di un Sud bello, che non si arrende, che cerca il riscatto».
Il successo
Cettina è stata la svolta popolare e ora, a 63 anni, è arrivato il successo: è un momento di raccolta
Cinema, teatro, ma il grande pubblico ha cominciato a ad apprezzarla nel ruolo di Cettina di «Un medico in famiglia».
«È stata la svolta popolare. Uno dei personaggi più divertenti che abbia mai incarnato. Restammo chiusi mesi e mesi negli studi di Cinecittà e ogni puntata, per me, era uno spettacolo diverso. Un allenamento continuo, una palestra dove sono stata a contatto con tanti bravi attori, Giulio Scarpati, il grande Lino Banfi...».
Non solo madri-coraggio, anche personaggi paradossali provocatori come la professoressa di sesso nello spettacolo teatrale «Prova orale per membri esterni» di Claudio Grimaldi.
«Debuttammo a Roma nel 1995. Ero ancora poco conosciuta e fu un successo inaspettato, che abbiamo replicato per sei stagioni in varie città. La cosa divertente è che gli spettatori, quando prenotavano per venire a vederlo, provavano timidezza e non pronunciavano il titolo. Dicevano soltanto: vorrei vedere quello spettacolo, con quell’attrice...».
Lunetta è Lucia, la madre del fisico nucleare Fulvio Frisone
Lei è madre anche nella vita privata.
«Mio figlio Antonio, oggi trentunenne, è musicista, forse ha seguito un po’ le orme della mamma. Quando era piccolo, a volte provavo sensi di colpa, perché andando in tournée, non sempre riuscivo a svolgere il mio compito. Per fortuna, quando lui faceva le elementari, io ero Cettina a Cinecittà, ero stabile a Roma, con orari precisi, potevo dedicarmi a lui».
Quale madre vorrebbe ancora interpretare?
«E me lo chiede? Filumena Marturano! La madre di tutte le madri. Sono una secchiona, ho imparato bene il napoletano e il mitico Eduardo, credo, potrebbe esserne soddisfatto».
Tratto da: Il Corriere della Sera
Foto di copertina © Imagoeconomica