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di Antonio Ingroia
Oggi 9 maggio, anniversario della morte di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia e dallo Stato, per la complicità dello Stato nel depistarne le indagini, dobbiamo ricordare sempre ciò che tutti oggi dimenticano. Che mafia e Stato stanno dalla stessa parte, da secoli, certamente dalla nascita dello Stato italiano. Le cose non sono cambiate ed accadono tuttora. Le cronache di questi giorni ne sono una dimostrazione. La vicenda di Di Matteo e la mia ne sono una dimostrazione. Puniti perché abbiamo osato indagare sulla Trattativa Stato-Mafia del ‘92-‘94, una delle tante della storia triste e tragica del nostro Paese. La storia di Falcone e Borsellino ne sono la più importante dimostrazione, puniti con la morte perché si ribellarono alla Regola, la Legge della Trattativa. Con la Mafia non si combatte, con la Mafia si tratta.
Peppino Impastato venne punito per lo stesso motivo. Per essersi ribellato. Per avere fatto “contro”-informazione, per avere sbeffeggiato i mafiosi, per avere irriso ad uno Stato che trescava con la mafia. Le cose non sono cambiate. La memoria di Peppino Impastato è stata infangata e mai onorata. È una questione di rapporti di forza. La classe dirigente criminale che ha fatto il nostro Paese è ancora al potere. Tutto cambia per non cambiare nulla. Il Gattopardo insegna.
Peppino Impastato è stato uno dei miei maestri, anche se non l’ho conosciuto ma nel suo nome, nel Centro Studi Impastato, ho iniziato da studente a studiare la mafia e ad apprenderne la lezione e a capire come combatterla. Poi da magistrato ho cercato di scoprire la verità sui depistaggi delle indagini sul suo omicidio, indagini che portavano sempre agli stessi uomini, fra questi qualcuno di chi è stato poi da me, con Nino Di Matteo, indagato nell’indagine sulla Trattativa Stato-mafia e poi condannato in primo grado dalla Corte d’Assise di Palermo. Peppino è stato un uomo coraggioso come pochi. Onore a lui.

Tratto da: facebook.com/avvocatoantonioingroia/posts/262091661839309

Foto © Imagoeconomica

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