di Rossella Guadagnini
Tutto è bene quel che finisce bene, diceva Shakespeare, Ma oggi - al termine di lunghissime, molteplici e tortuosissime vicende giudiziarie - lo diciamo anche noi, che per tanti anni abbiamo fatto il tifo per Nino Di Matteo. Che è stato eletto con 1.184 voti consigliere del Csm, pur non avendo mai fatto parte - in 28 anni di carriera - di alcuna corrente. Il magistrato siciliano è noto soprattutto per l’indagine e il conseguente processo sulla Trattativa Stato-mafia. E’ stato colui al quale l’ergastolano Totò Riina voleva far fare “la fine del tonno”, come confidò nell’ora d’aria a un altro sciagurato, suo compagno di carcere. E anche colui a cui proprio il Csm negò, nel 2016, di andare alla procura Nazionale Antimafia, bocciandone la candidatura, benché fosse stato minacciato di morte. Di Matteo si considera un indipendente. Lo ha sostenuto in questo complesso tragitto Autonomia e Indipendenza (A&I), la componente fondata dall'ex magistrato di Mani Pulite, Piercamillo Davigo, che in totale ha eletto cinque componenti del Consiglio Superiore, cambiandone gli equilibri interni. Di Matteo entra a Palazzo dei Marescialli con Antonio D’Amato, procuratore aggiunto a Santa Maria Capua a Vetere, eletto con 1.400 voti. E’ un esponente di Magistratura Indipendente, la corrente maggiormente coinvolta dallo scandalo legato alla recente inchiesta su Luca Palamara. Il 1992 è un anno chiave in questa storia, un anno che in qualche modo ha unito e diviso destini. Ad esempio vediamo ora come si siano intrecciate fin da allora le strade di un giovane magistrato lombardo (Davigo), che all’epoca indagava sulla corruzione ai più alti livelli nello Stato della politica e dell’imprenditoria, e di un altro magistrato, ancor più giovane e siciliano (Di Matteo), che vent’anni dopo indagherà sui legami criminali ai più alti livelli nello Stato tra politica, imprenditoria e criminalità organizzata, soprattutto sulle sanguinose stragi di mafia come quella di via d’Amelio, in cui perse la vita un altro giudice, Paolo Borsellino. Sullo sfondo, tra nord e sud d’Italia, in questa tenaglia micidiale che stritola il Paese, la vicenda oscura, mai veramente chiarita, degli appalti, un giro d’affari miliardario che smuove enormi interessi e appetiti insaziabili. Nuovi personaggi, intanto, si stanno apprestando a calcare la scena pubblica, a emergere in piena luce e impadronirsi del potere, nel periodo che segna il doloroso passaggio tra Prima e Seconda Repubblica.
Il mito racconta che la quinta delle dodici fatiche di Ercole consistette nel ripulire - in un solo giorno- le stalle del re dell’Elide, Augia, il cui bestiame era immortale, perché di origine divina. E non solo il bestiame viveva in eterno, ma in eterno produceva letame, che pertanto vi si era accumulato senza che alcuno potesse o sapesse come smaltirlo. Qui la leggenda scende a patti con l’attualità quotidiana e sembra ricalcare un po’ la vicenda della Raggi con l’Ama a Roma, più che l’antica Ellade e i classici. Ma - si sa - la colpa è principalmente dei corsi e ricorsi della storia. Come fece Ercole a concludere il suo immane compito? Deviando il corso di due fiumi, l’Alfeo e il Peneo, le cui correnti fecero irruzione nelle stalle e portarono via, di colpo, tutta la sporcizia. Così venne restituita salubrità alla zona, prima infestata da un fetore insopportabile, da sciami di mosche e altri animali immondi.
Auguri e buon lavoro, dunque, al neo eletto consigliere Antonino Di Matteo e grazie per quanto ha fatto sino ad ora. E auguri e buon lavoro anche a Piercamillo Davigo, a cui il corso degli eventi ha dato ragione: fondare Autonomia & Indipendenza due anni fa, insieme a Sebastiano Ardita, staccandosi da Magistratura Indipendente si è dimostrata una mossa vincente, dal momento che la neonata ‘creatura’ si è dimostrata forte, in grado di sopravvivere e a quanto pare superare un periodo difficilissimo, non solo per il Csm, ma per la giustizia italiana tutta. Un compito arduo aspetta loro e i loro colleghi. Un’impresa che richiede - perché no - anche una certa benevolenza divina.
(del 9 ottobre)
Tratto da: blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it
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