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andreotti giulio 1994 c imagoeconomicadi Gian Carlo Caselli
Comincio a temere che sia una richiesta decisamente superiore alle forze di gran parte della nostra classe politica. Eppure si tratterebbe solo di una riflessione. Un seria riflessione sul modo, a dir poco disinvolto e spesso complice, con cui esponenti del potere politico italiano hanno a lungo convissuto con la mafia. Una riflessione che parta dal "padre" di tutti i processi, quello al senatore Giulio Andreotti (7 volte Presidente del consiglio e 33 volte ministro; nel suo "curriculum" anche 26 volte davanti alla commissione parlamentare inquirente e 26 volte archiviato). Un processo che si è concluso, con sentenza definitiva della Cassazione, decretando - una prova dopo l'altra - che l'imputato ha commesso, fino alla primavera del 1980, il delitto di partecipazione all'associazione a delinquere Cosa nostra. Delitto prescritto, ma certamente commesso.
Un macigno sulla nostra storia, sul quale riflettere perché non si riproduca il malvezzo di una politica che abbia rapporti organici (quasi un "contubernio") col malaffare, mafia compresa. Invece, niente riflessione, anzi l'esatto contrario. Il persistere di un giudizio parallelo a quello giudiziario, per offrire del senatore un'immagine di altissimo profilo, incompatibile con le bassezze processuali rimestate ancora oggi da piccoli e incorreggibili giudici. Con punte che - riprendo un mio intervento su Huffington - rasentano il "masochismo istituzionale".
Prima celebrando il centesimo anniversario della nascita di Andreotti con una solenne cerimonia in Senato, col patrocinio del Senato, alla presenza della compiaciuta ed ilare presidente del Senato. Ora ricelebrando Andreotti nella sede del Parlamento europeo a Bruxelles, officiante Pier Ferdinando Casini, che giudica l'iniziativa tutto meno che inopportuna. E per Casini si tratta di una specie di coazione a ripetere, posto che subito dopo la definitiva pronunzia dei supremi giudici di Roma aveva dichiarato: "Sono molto contento. Sono contento come amico, come democratico cristiano e come presidente della Camera [...]. Quel che c'è stato contro Andreotti è stato assolutamente improprio e, a volte, addirittura persecutorio".
Che io sappia, l'unico ad eccepire sull'iniziativa di Bruxelles è stato il parlamentare europeo dei 5 Stelle Ignazio Corrao (il convegno "significa quasi beatificare la mafia; chiudere gli occhi su una delle pagine più buie del nostro paese, per altro mai chiusa"). Unica voce contro la reticenza e rimozione che facilitano una singolare patologia. Quella che Barbara Spinelli ("Risarcire Belzebù?", La Stampa 30.4.06) aveva segnalato osservando che "la legalità italiana è da tempo ed in misura crescente colpita da una patologia che permette il continuo riemergere di personaggi che con la legalità hanno rapporti distorti", quelli che Paolo Sylos Labini chiamava "i neomacchiavellici, presenti a destra come a sinistra e sempre pronti a non distinguere la politica dalla morale, ma a contrapporre l'una all'altra".

Tratto da: huffingtonpost.it

Foto © Imagoeconomica

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