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caruana galizia paul andrew c gettyimagesdi Paul Caruana Galizia
Sede dell'Osce. Vienna. Paul, il più giovane dei figli di Daphne, prese la parola nel silenzio assoluto. “Parlo oggi perché sono il figlio di una giornalista assassinata. Ma non è soltanto dell'omicidio di mia madre che voglio parlare. Saremmo in ritardo, troppo in ritardo, se parlassimo solo dell'omicidio di mia madre. Dico questo perché prima di essere assassinato, un giornalista viene aggredito. Fisicamente, psicologicamente, moralmente. E l'impunità sta in questo.
Veronica Guerin, giornalista, aveva ricevuto numerose minacce di morte, erano stati esplosi due colpi di pistola contro la sua abitazione, le avevano puntato un'arma alla testa, sparato a una gamba. Poi, è stata uccisa. Anna Politkovskaja: aveva ricevuto numerose minacce di morte, era stata arrestata, aveva subito finte esecuzioni, era sopravvissuta ad un avvelenamento. Poi, è stata uccisa. Daphne Caruana Galizia: aveva ricevuto numerose minacce di morte, subito attentati incendiari, 47 azioni legali, 47. I suoi conti erano stati congelati, era stata arrestata e perseguita fiscalmente. Ebbene, le minacce di morte, gli attentati incendiari alla nostra casa non hanno avuto responsabili. Le cause contro mia madre restano in piedi. Le sono sopravvissute". Paul fece una breve pausa. Quindi riprese a parlare: "Il pomeriggio del 16 ottobre, uscendo di casa per l'ultima volta, mia madre era diretta in banca. Aveva bisogno di accedere ai conti correnti che le erano stati congelati dal Ministro dell'Economia. Non è mai arrivata in quella banca. Ha avuto appena il tempo di lasciarsi alle spalle la nostra casa. È morta senza poter avere accesso al suo denaro. E ora, noi, i suoi figli ed eredi, lottiamo in tribunale contro il Ministro dell'Economia di Malta perché quel denaro venga liberato. Anche questa si chiama impunità". "I giornalisti vengono uccisi per ciò che scrivono. E ciò che scrivono gli sopravvive. Esattamente come la loro reputazione e credibilità. Ebbene, chi aggredisce i giornalisti in vita ha le stesse ragioni per farlo una volta che sono morti. Perché questo è utile a minarne la reputazione, a distruggerne la credibilità, a cancellarne la memoria. Il marito di Anna Politkovskaja, una volta disse che ciò che lei faceva non era giornalismo, ma dare un allarme di giustizia. La fine dell'impunità dei crimini commessi contro giornalisti significa una cosa sola: che sarà necessario che diano l'allarme una sola volta e non pagando con la morte".
Paul fissò ancora la platea: "Quando quegli allarmi suonano, non suonano per i giornalisti. Suonano per tutti noi. L'impunità di chi minaccia o uccide giornalisti è un nostro problema, non loro. Ogni ferita inflitta a un giornalista è una ferita a ciascuno di noi e si trasforma nel tempo in una perdita che siamo in grado di avvertire solo quando è troppo tardi. Ed è questa la strana cosa che accade quando muore un giornalista. Che il senso di perdita collettivo supera quello individuale. I giornalisti perdono le loro vite. Noi che gli sopravviviamo, perdiamo il nostro diritto a sapere, a parlare, a imparare. Né l'impunità di chi minaccia e aggredisce i giornalisti sono semplicemente un attacco alla libertà di stampa e di espressione. Perché la libera circolazione della conoscenza dei fatti, delle opinioni, crea società più libere e consapevoli. Più ricche e resilienti. Detto altrimenti, società in cui vale la pena vivere".
Girò le cartelle del discorso che aveva di fronte. Proseguì: "L'organizzazione "Committee to Protect Journalists" ci dice che, negli ultimi 25 anni, il più pericoloso assassino di giornalisti non è stata la guerra. Ma la politica. Sono stati uccisi più giornalisti impegnati a raccontare il Potere nei loro paesi di quanti viaggiavano embedded in unità militari a Kandahar o scrivevano delle barbarie in Siria. Se poi aggiungiamo le cronache della corruzione a quelle del Potere e della politica avremo in questa particolare categoria i due terzi di tutti i giornalisti assassinati negli ultimi 25 anni. Due terzi! E la cosa peggiore, quindi, è che se ti occupi di corruzione e politica e vieni ucciso, le persone su cui hai indagato saranno le stesse che condurranno o interferiranno nelle indagini sul tuo omicidio".
Paul si avviò alla conclusione. Scandendo le parole: "Quando i giornalisti suonano l'allarme, proviamo ad ascoltarli attentamente. E facciamo qualcosa. Prima che li ammazzino. Grazie".

Tratto da: rep.repubblica.it

Foto © Getty Images

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