di Autonomia e Indipendenza
A&I non condivide l'intervista del presidente dell'ANM rilasciata sul cd caso Riina e ritiene che, al di là della opportuna precisazione sulla funzione nomofilattica della Cassazione, le esternazioni sullo Stato che manifesterebbe la sua forza prendendosi particolare cura delle richieste di Riina possano acquisire una valenza politica che non coincide col sentire dei magistrati italiani. Il fatto che qualcuno metta in discussione la legittima detenzione del capo di Cosa Nostra rischia di avere un contenuto simbolico molto forte e ben preciso: quello di un attacco definivo alla effettività del sistema penale ed alle sue regole a favore di una superficiale logica perdonista. E ciò è ancora più pericoloso in un momento come quello attuale, in cui si assiste alla destrutturazione sia del sistema penale, divenuto dispensatore di sanzioni erogate solo sulla carta, sia dello stesso principio di rieducazione, rimodulato per farne strumento di elusione di reali percorsi rieducativi all'interno delle regole dello Stato. La forza dello Stato non si manifesta assecondando le richieste di chi, riavendo la libertà, ben potrebbe tornare a comandare Cosa Nostra. Questo stucchevole dibattito - che nulla ha a che vedere con la garanzia una detenzione dignitosa che non è mai stata in discussione - non rappresenta solo una offesa alle vittime del terrorismo stragista, che Albamonte ha comunque ricordato; ma afferma la debolezza di un paese senza memoria che sembra voler dimenticare le stragi di mafia e l'inaudita violenza del fenomeno mafioso, mettendo all'angolo le vittime dei reati, lo stato di diritto e i suoi servitori.
Il Gruppo di Coordinamento di Autonomia&Indipendenza
Riina, l'ANM e un paese senza memoria
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