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dalla chiesa nando c sickydi Nando dalla Chiesa
Terremoto. Dunque erano ben più che tre o sei morti, come si è scritto all’inizio del mattino, evitando giustamente di seguire lo schema del terrore che ha guidato le tivù negli ultimi tempi (avete in mente? ogni caso di singola pazzia trasformato in strage Isis, senza nemmeno aspettare le notizie).

E’ una tragedia vera, questa, tragedia grande; e per capirlo, oltre ai numeri di morti e feriti che continuano ad aumentare, basta vedere le macerie dei paesi azzerati o sentire i racconti degli amici da Roma alle Marche (“il terremoto più spaventoso della mia vita”, mi hanno detto in molti). Mi ha preso il senso di colpa per avere ultimamente magnificato la natura scrivendo su questo blog di mare, di luna e di vento. E invece la natura è anche questo, guai a dimenticarlo. Mi ha preso anche il senso di colpa per essere riandato subito ai sette anni fa dell’Aquila e ai costruttori predoni, o a Reggio Emilia e alla ‘ndrangheta. L’hai buttata in politica, mi son detto. Ma poi ho visto che anche i sindaci che singhiozzano di dolore e che dovranno combattere per ricostruire i loro paesi, pensano proprio all’Aquila e chiedono di non ritrovarsi anche loro tra sette anni con miliardi spesi in opere pubbliche e le case o le stesse opere principali (vedi foto) ancora di là da venire. Curioso che proprio in questi casi l’Italia o almeno milioni di persone vengano a sapere che esiste un paese che si chiama Amatrice, e che di lì vengono i famosi spaghetti all’amatriciana. Ma al di là di questo, se posso permettermi, offro un modesto suggerimento: se decidete di aiutare le popolazioni terremotate con soldi, dateli a chi li userà direttamente sul campo, persone in carne e ossa, non mandateli su conti correnti generici. La prima volta che vidi inviare fondi, e con quanta generosità, fu per il terremoto del Belice. Era il 1968…

Tratto da: nandodallachiesa.it

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