Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

borsellino salvatore web2di Salvatore Borsellino
Su il Tempo.it il solito scribacchino Luca Rocca, che ambisce a fare il mio biografo ufficiale vista la frequenza (e la ripetività) con la quale usa citarmi nei suoi articoli si è prodotto nell’ultima performance consistente nello schizzare attorno il fango in cui è abituato a sguazzare.
Decreta, prendendo a pretesto la notizia della iscrizione nel registro degli indagati della Procura di Palermo di Pino Maniaci, giornalista di Telejato, che peraltro fino a ieri sosteneva di non avere ricevuto alcun avviso di garanzia, “la fine dei professionisti dell’antimafia”.
Tra questi, ovviamente ci sono anche io, che, mi pare, di professione faccio l’ingegnere, continuando a lavorare anche oggi che ho superato i 74 anni, ed al massimo, fino a ieri credevo di fare di professione “il fratello di Paolo Borsellino”. Come continua incessantemente a scrivere, sul Giornale, un altro pseudo giornalista che, a corto di argomenti, se cita in un articolo per dieci volte il mio nome per dieci volte lo fa seguire, neanche virgolettando, con la stessa “qualifica”.
Il Rocca questa volta, nello sforzo di aggiungere qualche nuovo argomento ai soliti riguardanti la mia mancata solidarietà a Sonia Alfano in occasione delle minacce ricevute da Totò Riina e alle “affettuose pacche sulle spalle” a Massimo Ciancimino, si produce nel nuovo scoop per cui io avrei dato del “pezzo di merda” a Giovanni Paparcuri, il poliziotto alla guida dell’auto di Rocco Chinnici che sopravvisse all’attentato in cui perse la vita il magistrato.
In realtà io il nome di Paparcuri non lo conoscevo neppure quando tempo fa, rispondendo su Facebook ad un commento in dialetto di Pippo Giordano, che, sul suo profilo si lamentava dalle accuse verbali che gli venivano rivolte da alcune persone su quella palestra di aggressioni che è questo social network, gli scrissi, sempre in dialetto, di non curarsi di questi pezzi di letame.
Immagino, ma non ne sono neanche certo, che tra queste persone ci fosse anche Paparcuri perché, qualche tempo dopo, per la prima volta e non ricordo da chi, mi venne rivolta questa accusa.
In realtà nella mia vita Giovanni Paparcuri lo ho incontrato poche volte e non ho assolutamente nulla contro di lui, anzi, ma evidentemente, ripeto, chi sguazza nel fango non ha altro materiale da utilizzare quando vuole colpire o crede di colpire qualcuno.
Ma come potrei sentirmi colpito da chi, a conclusione dell’articolo, proclama la fine dell’antimafia adducendo ad argomento la “assoluzione” di Giulio Andreotti al processo cui fu sottoposto in anni non troppo lontani.
Peccato che in quello processo, sia in Corte d’appello che in Cassazione fu decretato che l’ex Presidente del Consiglio commise, fino alla primavera del 1980, il reato di associazione a delinquere. Reato però ormai prescritto.
Ma questo, nella realtà virtuale del sig. Rocca non è mai accaduto.

Tratto da: facebook.com/Salvatore-Borsellino-59534309051

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos