Divorzio a Libera, se ne va il figlio di La Torre
di Alessandra Ziniti
Don Luigi Ciotti è addolorato ma anche deciso a difendere con le unghie e con i denti l’integrità della sua creatura. «Ci vuole coscienza dei propri limiti e rispetto per il lavoro degli altri. Libera lavora nella verità e nella trasparenza».
Don Ciotti, cosa è successo con Franco La Torre? La sua lettera di addio è molto dura.
«Avrei preferito non parlare pubblicamente di questa cosa. Non voglio entrare in polemica con nessuno, noi gli abbiamo offerto la possibilità di parlare, ma ci sono stati dei comportamenti che hanno fatto venire meno il rapporto di fiducia».
La Torre entra nel merito dell’organizzazione di Libera, è fortemente critico con la formazione della sua classe dirigente. Lamenta autoritarismo e mancanza di democrazia. C’è un problema al vostro interno?
«Non c’è nessun problema. Libera sta lavorando bene e in vent’anni abbiamo costruito una importante realtà che ha catalizzato grandi energie positive. È diverso tempo ormai che ci attaccano da molte parti. Prima si conosceva il nemico, era la mafia, ora gli attacchi arrivano da più parti. Ma non accettiamo tuttologi. Se si vogliono fare delle critiche si indichino fatti precisi e circostanziati».
Franco La Torre parla dell’incapacità di Libera di intercettare il malaffare evidenziato da indagini come quella su Mafia Capitale a Roma o sui beni confiscati a Palermo, di “interessi economici” non coincidenti con quelli dell’associazione.
«Noi non siamo una holding, come dicono molti, restiamo un coordinamento di associazioni che agiscono in autonomia. E comunque, ripeto, o si chiamano i fatti con il loro nome o le semplificazioni e le generalizzazioni faranno solo male a Libera. Mi auguro che prevalga il buon senso e che si rispetti il lavoro di tutti».
Lei stesso ha più volte sottolineato le insidie che oggi si nascondono dentro il fronte antimafia. Concorda con le parole del presidente del Senato Grasso?
«Certo, lo vado dicendo da mesi ormai. Dietro il concetto di antimafia si celano sempre più spesso interessi e carriere. È una parola che non bisognerebbe più usare, svuotata di ogni significato da parte di chi ha approfittato del lavoro e del sacrificio di migliaia di persone, come ad esempio, i volontari di Libera per radicare sul territorio i valori della legalità e del vivere civile».
Tratto da: La Repubblica del 1° dicembre 2015
Foto © Andrea Leoni
Franco La Torre: ''Questa cacciata ha il sapore della rabbia di un padre contro il figlio''
di Laura Eduati
"Sono stato cacciato nemmeno con una telefonata ma con un sms di don Luigi Ciotti. Perbacco, ho 60 anni e penso di meritare rispetto e buona educazione".
La voce di Franco La Torre è pacata, il fraseggio elegante e misurato. Eppure non si capacita della rottura clamorosa con il fondatore di Libera, che l'ha allontanato dall'associazione e persino dalla cura del premio dedicato al padre Pio La Torre, il politico Pci ucciso nel 1982 a Palermo dalla mafia.
Una vicenda che scuote il mondo dell'antimafia perché Franco La Torre è uno dei nomi più altisonanti nella battaglia alla criminalità organizzata: "Don Ciotti è un personaggio paternalistico, a tratti autoritario, questa cacciata ha il sapore della rabbia di un padre contro il figlio ma io un padre ce l'ho e me lo tengo stretto", dice al telefono con l'HuffPost.
Tutto è cominciato con un intervento all'assemblea generale di Libera il 7 novembre ad Assisi. Dal palco, apertamente, La Torre aveva sollevato questioni imbarazzanti come la mancata comprensione di Mafia Capitale o le problematiche di Palermo, dove in pochi mesi un simbolo dell'antimafia come il presidente di Confindustria Sicilia è stato arrestato per rapporti con Cosa Nostra mentre la giudice Silvana Saguto è indagata per la gestione dei beni confiscati ed è stata intercettata mentre sproloquia contro la famiglia Borsellino. E Libera non si era accorta di nulla, o almeno questa è la lettura di La Torre.
Dopo qualche giorno un secco messaggio di don Ciotti: "Si è rotto il rapporto di fiducia". Poi il nulla. La Torre è categorico: "Una modalità impropria e irrispettosa: di quale fiducia parliamo se si può neutralizzare con un messaggio di 140 caratteri?"
Cacciato da Libera. Ha capito il motivo?
Provo un grande dolore per questa vicenda. Poiché non sono ancora riuscito a parlare direttamente con don Luigi, posso supporre che la ragione del mio brusco allontanamento sia dovuta proprio alle mie parole all'assemblea di Libera. Ma ho 60 anni e pretendo un minimo di educazione. Se don Luigi non la pensa come me, allora dobbiamo confrontarci, anche litigando se necessario, ma il confronto diretto è fondamentale per la democrazia. E invece nonostante i miei numerosi tentativi per il momento ho saputo che don Ciotti non desidera parlare con me, o forse lo farà prossimamente. Chissà.
Perché ha mosso critiche a Libera? Cosa non va nell'associazione?
Libera è cresciuta in maniera straordinaria grazie a don Luigi e alle migliaia di attivisti che lavorano volontariamente a livello locale. Ma anche la mafia è cambiata negli ultimi anni. Le classi dominanti che noi chiamiamo mafia hanno assunto caratteristiche differenti e basti guardare all'inchiesta Mafia Capitale. Ecco, all'interno di Libera eravamo molto concentrati su Ostia, dove avevamo fatto un ottimo lavoro, ma abbiamo perso la visuale d'insieme che invece è stata compresa perfettamente dal procuratore Pignatone. Purtroppo avevamo sottovalutato il fenomeno così come abbiamo sottovalutato i casi della giudice Saguto a Palermo. Da quel palco ad Assisi ho detto che dovevamo alzare l'asticella.
Ha accusato Libera di mancanza di democrazia interna. Questa caratteristica è legata alla mancata comprensione della nuova mafia?
La crescita vertiginosa di Libera non ha permesso il rafforzamento, la formazione e la selezione di una classe dirigente. Non vedo i criteri di alcune nomine dall'alto, poiché penso che una persona debba essere testata sul campo prima di affidarle un compito dirigenziale. Allo stesso tempo se in pochi mesi cinque figure di primo piano si allontanano allora significa che occorre rivedere gli schemi. A don Ciotti forse non è piaciuto che lo dicessi così apertamente: gli riconosco grandi capacità e un enorme carisma ma è un personaggio paternalistico con tratti autoritari.
Libera non è più all'altezza del suo compito?
L'associazione ha dei meriti enormi, a partire dalla lotta per i beni confiscati. Ma qualcosa non va nella catena di montaggio. La mia non è una critica alla persona di don Ciotti bensì al metodo democratico. Don Luigi proprio a causa di queste inefficienze è costretto a occuparsi in prima persona di assemblee provinciali e regionali e troppi in Libera sono ancora convinti che "tanto c'è don Luigi". Ma fino a quando porterà la croce? Non è più un club, è una associazione nazionale dove tutti devono prendersi le proprie responsabilità.
Si è dimesso anche dal premio intitolato a suo padre, Pio La Torre. Lo lascerà in mano a Libera?
Il premio Pio La Torre è libero e indipendente ma per comprendere cosa succederà dovrebbe chiederlo ai referenti di Libera.
Se don Ciotti dovesse tornare sulla propria decisione?
Ho raccontato la mia verità e probabilmente devo fare anch'io autocritica. Sulla vicenda della mafia ad Ostia non sono stato presente e avrei dovuto dare una mano. Io mi auguro di parlare presto con don Luigi, queste sono le mie idee e se non siamo d'accordo possiamo anche dividerci ma non capisco perché la discordanza di vedute debba portare a un litigio che ricorda le rabbie famigliari e non certo un'associazione matura come dovrebbe essere questa. Credo che l'antimafia debba compiere un salto ulteriore per continuare a svolgere il suo compito importante. E' una grande opportunità, spero che a Libera sappiano coglierla.
Tratto da: huffingtonpost.it