di Paolo Flores d’Arcais - 20 giugno 2012
Il Fatto ha qualche giorno fa avanzato interrogativi sul “mistero” delle telefonate a go go di Nicola Mancino (ex ogni potere) al consigliere giuridico del Quirinale per sollecitare un intervento presidenziale che intralciasse l’azione del Pubblico Ministero di Palermo che interrogava il Mancino come testimone (ora è anche indagato). Il Colle più alto ha dovuto ammettere il diluvio delle telefonate/rimostranze e una lettera assai discutibile del Quirinale al Procuratore generale della Cassazione, che pareva condividerne alcune.
Da allora, mentre questo giornale continua a pubblicare notizie e fatti sempre più inquietanti (che rendono più che opportuna – doverosa – la richiesta di Di Pietro di una commissione parlamentare di inchiesta) è tutto uno “stracciarsi di vesti” e un rincorrersi di anatemi. Domandiamoci allora chi è che sta compiendo il delitto di lesa maestà, il più grave (non a caso, storicamente, l’aggressione e la “bestemmia” contro il Sovrano costituiscono il reato capitale per eccellenza).
Chi è il Sovrano? In democrazia uno solo: i cittadini. Tu, e tu, e tu e io. La “sacralità” che deve circondare le istituzioni repubblicane si giustifica perché esse costituiscono gli strumenti attraverso cui il cittadino esercita il potere. Perciò, chi si trovi transitoriamente ai vertici delle istituzioni deve alla maestà dei cittadini tutti trasparenza e verità. Come minimo. Che il potere abbia il diritto di mentire è luogo comune della storia del pensiero politico. Ma troppi “machiavelli” un tanto al chilo dimenticano che si ha il diritto di mentire al nemico, e a nessun altro. Un potere (compreso il “quarto”, i media) che menta ai propri cittadini li tratta “ipso facto” da nemici e con ciò si fa esso stesso nemico mortale della democrazia. Sta mentendo al Sovrano, sta compiendo il delitto di lesa maestà.
Negli Stati Uniti d’America, dove l’istituzione “Presidente” è circondata quasi da venerazione, quando alcuni cittadini chiesero conto a Clinton di mezza menzogna pronunciata per tergiversare su un comportamento per altro lecito, non ci fu un solo giornale o una sola tv che giudicasse tale richiesta “risibile” . Clinton fu costretto a nominare un procuratore speciale, legato al partito avverso, e a rispondere in streaming a tutte le sue domande.
La libera informazione deve perciò continuare ad onorare la “sacralità” che è dovuta al Sovrano (i cittadini), pretendendo da ogni figura istituzionale di oggi e di ieri la verità, tutta la verità, niente altro che la verità.
Tratto da: Il Fatto Quotidiano