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Nonostante l'annuncio di Trump e la gioia che la gente qui sta dimostrando, nel profondo c'è una grande lotta e infinite domande: le nostre case saranno ricostruite? Quando inizierà la ricostruzione di tutta questa distruzione? Il futuro rimane incerto e sconosciuto per noi, intrappolati tra una debole speranza, una confusione costante e la paura che la guerra possa tornare.
Il 9 ottobre, il giorno in cui il mio cuore ha smesso di battere.
Era la mezzanotte del 9 ottobre 2024. Ero al lavoro, e seguivo come giornalista i bombardamenti in corso nel nord di Gaza. L'orologio segnava le due e le strade erano buie, a parte i lampi delle esplosioni. Le fiamme si levavano alte, il fumo riempiva il cielo e sentivo i bombardamenti avvicinarsi a dove viveva la mia famiglia.
Ho lasciato tutto e sono corso nell'oscurità. Quando sono arrivato, la nostra casa si era trasformata in cenere e macerie in pochi minuti, come se fossi entrato in un sogno che si dissolveva in un incubo.
Abbiamo iniziato a cercare tra le macerie con le squadre della protezione civile. Abbiamo trovato Lian ferito e il terrore mi ha preso per il resto della famiglia. In ospedale, la scena era ancora più orribile: folle di feriti, grida di dolore, volti che cercavano disperatamente i loro cari.
Ho chiesto di Rakan. Dissero che non era stato portato nessun bambino di circa nove mesi. Corsi a casa e, tra le rovine, i paramedici lo trovarono sotto le pietre e la sabbia. Era così piccolo, come se il tempo si fosse fermato per lui.
Lo portai in ospedale. Più di otto dottori lo circondarono, il cardiofrequenzimetro che saliva e scendeva per mezz'ora tra speranza e disperazione, tra vita e morte. Poi il battito si spense. Il suono della macchina si trasformò nel sibilo della morte. Le mani dei dottori si immobilizzarono. Crollai a terra, come se il cielo mi fosse caduto addosso.
Come potevo dirlo a sua madre? Come potevo dire che Rakan non avrebbe mai più riso, giocato o cresciuto tra noi?
Presi i suoi vestitini bianchi e lo adagiai dove vengono deposti i morti. Vidi la mia famiglia ferita: le loro ferite sembravano più leggere della ferita nel mio cuore. Piansi, e tutti piansero con me. Quel momento divise la mia vita in un prima e un dopo, una ferita che non guarirà mai.
Con ogni bambino ucciso ogni giorno, il mio dolore si rinnova, come se Rakan morisse ogni mattina di nuovo.
Il mio unico desiderio è che questo massacro finisca, che le uccisioni finiscano, che la pietà torni nei cuori di coloro che ancora la possiedono.
Rakan rimane nel mio cuore, un bambino meraviglioso che resterà con me, crescendo nel mio petto e nella mia mente. Non lo dimenticherò mai e non smetterò mai di parlare finché le uccisioni non cesseranno. 

"Salvate la famiglia di Sameh"

Info: Palpress.net

Il profilo X di Sameh Ahmed

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