L'intervista di Repubblica alla celebre scrittrice nell'anno in cui Agrigento è stata nominata Capitale Italiana della Cultura
"La società siciliana? È molto più avanti della classe dirigente che la amministra”. È una riflessione profonda e sincera quella che la scrittrice Dacia Maraini ha offerto ai lettori di Repubblica, partendo dall’assegnazione ad Agrigento del titolo di Capitale Italiana della Cultura, fino ad arrivare alle attuali dinamiche e speranze per il futuro dell’isola. “Purtroppo - ha spiegato la scrittrice italiana con profonde radici siciliane - ci sono alcune disfunzioni siciliane che durano da troppo tempo. Tutto questo è dovuto alla mafia, c’è poco da fare. Ci sono città prigioniere di decenni di cattiva amministrazione, dovuta alle ingerenze molto forti della mafia. Non parlo della gente comune, ma di alcuni amministratori su cui si sono espressi i giudici. Dall’acqua che manca fino alla mancanza di meritocrazia - ha aggiunto - nessun governo è davvero riuscito a rompere questa tradizione: ci sono troppi interessi poco chiari, e questi sono i risultati”. Per Maraini, che ha trascorso la sua infanzia in Giappone, luogo in cui la sua famiglia fu internata in un campo di concentramento per essersi rifiutata di collaborare con il regime fascista, la Sicilia vive una sorta di dualismo: da un lato c’è la società civile, che continua a produrre arte, cultura e innovazione; dall’altro, invece, c’è una classe dirigente spesso inadeguata, compromessa da decenni di mala amministrazione e dalle pesanti ingerenze della mafia. Questo nonostante il tema della mafia sembri essersi dissolto, fino quasi a scomparire dal dibattito pubblico. Una circostanza resa possibile anche dal fatto che “la mafia si è introdotta nella finanza e ha allargato i confini: la troviamo a Milano, a Berlino, in tutta Europa”. Purtroppo, anche Agrigento, nonostante l’onore di essere stata scelta come Capitale Italiana della Cultura, non è immune a queste dinamiche. Maraini ha sottolineato, infatti, che alcune criticità - come i cartelli con errori grammaticali o i teatri in condizioni precarie - non sono semplici episodi di trascuratezza, ma sintomi di una più ampia mancanza di cura e attenzione al bene pubblico. Fortuna che “la Sicilia ha capacità straordinarie di recupero - ha precisato -. Finora abbiamo parlato solo del lato oscuro, ma questa terra ha grandi capacità creative. I siciliani sanno mostrare fiducia nel futuro, che è la cosa più rivoluzionaria del mondo: la rassegnazione crea immobilità, il futuro lo si crea”. Anche per questo motivo, la scrittrice si è detta “ottimista”. Poi ha aggiunto: “I siciliani sono molto orgogliosi. A volte questo orgoglio si addormenta, altre volte crea possibilità di cambiamento. Io spero e credo che la fiducia che l’Italia ha dato a questa città dia ad Agrigento lo slancio per rivedersi e ricostruirsi”. Guardando indietro all’esperienza di Palermo come Capitale Italiana della Cultura nel 2018, Maraini ha ricordato come quell’anno sia stato un momento di grande fermento, che ha contribuito a trasformare la città e a creare nuovi spazi culturali. “È stato un momento in cui la voglia di esserci e di creare si sentiva nell’aria. Quell’esperienza ha contribuito ad aprire nuovi centri culturali, a trasformare la città che era stata quella di Ciancimino. Io non credo che quel passato oggi potrebbe tornare. Penso che in questo senso, soprattutto, il sacrificio di Falcone e Borsellino sia servito”.
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