L’esperto di terrorismo internazionale ha spiegato che l’Iran evita il conflitto diretto, ma il rischio di guerra resta alto
Nelle scorse ore, l'Iran ha lanciato 180 missili contro Israele. Quasi tutti sono stati intercettati, ma non solo grazie alla difesa aerea israeliana, in aiuto, infatti, sono arrivati gli Stati Uniti. Lo ha spiegato Alessandro Orsini sul Fatto Quotidiano, sottolineando che, in realtà, “la difesa aerea israeliana non è così potente come viene ritratta dai media italiani”. A questo proposito, il noto sociologo ed esperto di terrorismo internazionale ha precisato che ci sono molti aspetti da chiarire. “Gli Stati Uniti intervengono regolarmente per abbattere i missili iraniani perché ‘Iron Dome’ non riesce a fermarli tutti. Circa la metà dei 320 missili e droni lanciati dall’Iran contro Israele il 14 aprile scorso sono stati intercettati dalla contraerea americana. La principale ragione per cui Biden aiuta Netanyahu è che Israele non potrebbe difendersi da solo”. Orsini ha inoltre spiegato che Israele ha costruito la sua immagine di potenza militare invincibile attraverso conflitti con nemici molto più deboli, come i gruppi armati palestinesi o Hezbollah. “Il bombardamento con cui Israele ha ucciso Nasrallah a Beirut - ha precisato Orsini - è stato tra i più semplici al mondo. Israele ha usato aerei avanzati per colpire una città senza difesa aerea. Lo stesso vale per le operazioni militari a Gaza, una città completamente indifesa. Tutto questo alimenta pericolosi complessi di superiorità che portano l’Occidente a sottovalutare i propri nemici, come è avvenuto con la Russia in Ucraina”. L’esperto ha aggiunto che la percezione occidentale sull'Iran è profondamente errata: viene spesso visto come una potenza ridicola, ma potrebbe non essere così. “In primo luogo, l’Iran non ha mai voluto infliggere danni reali a Israele. Ha persino anticipato agli Stati Uniti la traiettoria e l’orario di lancio dei missili, come accaduto il 14 aprile scorso, quando l'Oman ha fatto da intermediario. Inoltre, l’Iran ha mirato a siti militari, dove i governi concentrano la contraerea. Nessuno può sapere se l’Iran abbia utilizzato i suoi missili più letali”. Questo comportamento dimostra che l'Iran non mira a una guerra totale, ma a inviare segnali politici e militari. Il fatto che l'Iran non abbia colpito civili, a differenza di Israele a Gaza, denota una certa moderazione strategica. Tuttavia, il timore di una guerra totale persiste, anche da parte degli Stati Uniti, preoccupati del vero potenziale dell’arsenale iraniano.
La guerra non è nell'interesse dell'Iran
L'Iran evita il conflitto diretto poiché non avrebbe alcun vantaggio politico da una guerra. Inoltre, i suoi obiettivi principali sono quasi irraggiungibili con un conflitto armato. Secondo Orsini, i fini dell'Iran sono quattro: il ritiro di Israele da Gaza e dalla Cisgiordania, la creazione di uno Stato palestinese e la fine dei bombardamenti israeliani in Siria e Libano. “Per ottenere anche solo uno di questi obiettivi - spiega il sociologo - l’Iran dovrebbe: 1) inviare centinaia di migliaia di truppe in Israele attraversando paesi ostili; 2) sconfiggere gli eserciti israeliano e americano; 3) rovesciare il governo Netanyahu e sostituirlo con uno filo-iraniano. I missili da soli non possono cambiare un regime nemico, a meno che non siano dotati di testate nucleari. Al contrario, Israele si trova in una posizione di forza rispetto all’Iran, poiché potrebbe colpire i siti nucleari iraniani. Israele può ottenere qualcosa dalla guerra, l'Iran no”. Paradossalmente, la dipendenza di Israele dal supporto esterno, principalmente dagli Stati Uniti, è anche una sua forza. Questo gli permette di intraprendere azioni militari, come i bombardamenti sui siti nucleari iraniani, sapendo di poter contare sul sostegno americano. Israele si trova così in una posizione strategica favorevole rispetto all’Iran, che non ha alleati altrettanto potenti pronti a intervenire direttamente in suo aiuto.
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