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È indubbio che da circa 50 anni, e cioè dall’assassinio di Aldo Moro in poi, alcune forze di governo stanno agendo contro gli interessi del popolo italiano utilizzando leggi in palese contrasto con la Costituzione, non ancora impugnate davanti la Corte costituzionale, e continuano a esplicare la loro efficacia distruttiva. A mio avviso al centro di tutto c’è la distruzione del patrimonio pubblico dell’intero popolo italiano che, con le privatizzazioni, è passato dalla proprietà pubblica intoccabile del popolo, di cui all’articolo 42 Costituzione nelle mani dei privati, arrivando a distinguere tra nuda proprietà pubblica e gestione e profitti della stessa, i quali con illegittime concessioni sono passati dalla mano pubblica a quella privata arrecando benefici economici solo a quest’ultima.

Peraltro, oltre alla distruzione economica ci sono forze politiche e non politiche che agiscono contro l’unità d’Italia distruggendo l’assetto che è previsto in Costituzione. Sicché sono oggetto di discussione da un lato l’annullamento dell’articolo 41 bis, per il quale l’ergastolano Alfredo Cospito sta effettuando un atroce sciopero della fame, e dall’altro lato si discute della bozza della Lega (bozza Calderoli) che vuole l’attuazione delle cosiddette autonomie differenziate.

Quanto all’abrogazione dell’articolo 41 bis si agitano concordemente anarchici e, a quanto pare, ambienti vicini alla mafia considerato che, come diceva Totò Riina, il pericolo maggiore di Cosa Nostra è il troncamento di qualsiasi relazione tra i carcerati e le associazioni criminali. Se cadesse questo articolo impropriamente definito del carcere duro mentre in realtà è uno strumento per evitare che i mafiosi possano continuare a comandare dal carcere, tutto il popolo italiano che è il vero oggetto degli attacchi criminali, ne subirebbe i disastrosi effetti.

Effetti disastrosi, paventati anche dal capo dello Stato, sono anche quelli che vuole perseguire la bozza Calderoli, la quale resta intatta nel suo fondamentale contenuto, anche se da un lato ha subito delle modifiche di poco rilievo rispetto alla prima versione e dall’altro è stata dichiarata sostenibile in quanto non dovrebbe travolgere l’unità d’Italia, specie secondo quanto afferma Giorgia Meloni. Mentre è ininfluente a tal proposito è anche il cambiamento di vedute di Stefano Bonaccini, secondo il quale le materie dell’istruzione, della sanità e dell’ambiente non dovrebbero essere toccate.

Infatti resta il dato non smentibile che i livelli essenziali di prestazione non sono assolutamente livelli uniformi per tutte le regioni e costituiscono il vero scalpello attraverso il quale le regioni del Nord diverrebbero sempre più ricche potendo aumentare le prestazioni oltre i livelli essenziali, mentre le regioni più povere, non avendo tale possibilità, diverrebbero sempre più povere.

E così, a parte le parole, la disgregazione dell’unità d’Italia sarebbe pienamente effettuata, a tutto dispetto dell’articolo 5 della Costituzione, secondo il quale la Repubblica è una e indivisibile e soprattutto rispetto agli articoli 1 e 3 della Costituzione, secondo i quali l’Italia è una Repubblica nella quale domina l’eguaglianza economica e sociale di tutti i cittadini. E’ cioè uno Stato comunità che verrebbe travolto dalle autonomie differenziate.

E a riguardo è da tener presente che l’articolo 116, che prevede dette autonomie, è pienamente in contrasto con i citati principi fondamentali della Repubblica per cui esso è da dichiarare nullo poiché i principi fondamentali, come i diritti fondamentali, prevalgono per giurisprudenza costante della Corte costituzionale, sulle altre norme organizzative della Costituzione stessa. Si badi bene che stiamo giocando sulla vita degli italiani e sull’esistenza stessa della vita della Repubblica.

* Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale

Tratto da: ilfattoquotidiano.it

Foto © Imagoeconomica

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