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Siccome non c’è giornale che non ospiti una rubrica fissa contro Alessandro Orsini, vien da domandarsi che fastidio può dare un prof che per mezz’oretta a settimana, spalmata su due o tre talk show, stecca nel coro delle Sturmtruppen che cantano h24 marcette militari. La risposta sono i sondaggi fra gl’italiani che, più ascoltano trombe e trombette di guerra, più si oppongono al pensiero unico del riarmo. Orsini dà noia perché, anche quando lo menano in cinque (cioè sempre), la gente ascolta lui e non i picchiatori. Quindi non basta strappargli il contratto, sbeffeggiarlo e linciare chi – come Bianca Berlinguer – osa invitarlo senza farlo bombardare: va proprio eliminato. Ecco, dunque, un’armata di maestri di giornalismo darsi un gran daffare per giustificare il bavaglio ad personam. Repubblica ausculta un noto vessillo della libertà: Bruno Vespa. Che assicura: “Orsini non lo invito” perché, com’è noto, detesta “l’informazione distorta”. Sì, ma Orsini? “Non l’ho mai ascoltato”. Ah ecco, però ne ha sentito parlare: “Se è vero quello che leggo, non l’avrei invitato”. E poi “il budget ospiti di Porta a Porta è la mensa della Caritas, gli opinionisti non sono mai stati pagati”. Tranne Scattone e Ferraro, gli assassini di Marta Russo, pagati 260 milioni di lire nel ‘99 per un’esclusiva al Tg1 e a Porta a Porta: la famiglia Russo fece causa alla Rai, visto che i due giovanotti non avevano pagato i danni previsti dalla condanna; si scoprì che il “servizio pubblico” li aveva pagati sul conto di un prestanome per aggirare il blocco dei beni disposto dal tribunale; e la Rai, per uscire da una causa persa, dovette sborsare altri 200 milioni ai Russo. La mensa della Caritas, appunto. Invece Orsini, non avendo ammazzato nessuno, deve lavorare gratis, anzi tacere.

Il Foglio recluta Costanzo che però, forse memore dell’intervista genuflessa a Gelli, evita di moraleggiare. Va meglio con un celebre premio Pulitzer, Franco Di Mare, che incredibilmente dirige Rai3, piena di talk show, dopo averne condotti un bel po’, infatti dice che fanno “un po’ schifo”, specie se c’è “l’accademico posseduto”: “non è pluralismo né giornalismo, è Bagaglino con fenomeni da baraccone”. Tipo lui che fece una serata per la Pampers lanciando una finta edizione del Tg1. Dunque, è un’autorità nel giornalismo e nel pluralismo (c’erano pure i Tampax e i Tempo).

Ps.
Non bastando Orsini, Johnny Riotta lancia la fatwa contro Lucio Caracciolo che – qualunque cosa voglia dire – “diventa per Travaglio e il Fatto-Tass portabandiera dei Putinversteher con il perenne bla bla su peccato originale Occidente. Peccato davvero, ma la deriva era visibile da anni ormai”. La deriva di sapere di cosa parla, ma soprattutto di saper leggere e scrivere.

Foto © Davide de Bari

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