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“La tua dipartita deve spingerci a lasciare alle spalle il paradigma della povertà come colpa o come fatalità”

“Ciao Mostafa! Che l’aldilà ti risarcisca di tutte le fatiche e le ingiustizie patite in questa vita”. Comincia così il lungo tributo di don Luigi Ciotti, pubblicato stamani su La Stampa, in ricordo di Mostafa Hait Bella, senzatetto di 59 anni di origine marocchina, ritrovato ieri mattina senza vita cadavere all’interno del dehors del bar “Caffetteria del re”, in corso Re Umbert di Torino. “Arrivato dalla Tunisia dopo una tragedia famigliare, avevi saputo farti accogliere con la tua gentilezza, la tua disponibilità, la tua voglia di darti da fare”, scrive Don Ciotti. “Eri diventato una figura famigliare nel quartiere, stimata e benvoluta da tante persone come i titolari del bar che questa mattina hanno deciso di non aprire in segno di lutto dopo averti trovato esanime sotto una panchina. La vita di strada ti aveva debilitato, tanto più da quando non avevi più nemmeno l’automobile che utilizzavi come riparo notturno. Consola in parte il fatto che hai fatto in tempo a conoscere il volto della Torino aperta, accogliente, umana. Una Torino che affonda le radici nell’Ottocento dei “santi sociali” per arrivare fino ad oggi, alle tante realtà che con umiltà e passione s’impegnano per gli ultimi, gli invisibili, i dimenticati. Persone spesso venute in Italia non per scelta ma per costrizione, indotte dalle arroganti politiche economiche di un Occidente scellerato, che tratta il pianeta come se fosse casa sua senza assumersi la responsabilità di disastri globali”.
“Per questo - continua il sacerdote - non possiamo limitarci a ricordare il tuo sorriso e la tua gentilezza. Dobbiamo impegnarci di più a costruire un modello di convivenza alternativo basato sull’universalità dello specifico umano, su quel “Fratelli tutti!” a cui esorta l’ultima enciclica di Papa Francesco, fratellanza basata su comuni bisogni e speranze. A questo deve stimolarci la tua dipartita. A lasciarci alle spalle il paradigma della povertà come colpa o come fatalità: dietro di essa ci sono sempre precise scelte politiche e economiche. Come dobbiamo denunciare con forza l’indecenza morale del vedere nella povertà un problema di “decoro” urbano. E non li si chiami più “senza tetto”, non li si identifichi tramite una condizione: chi vive per strada è una persona come tutti, con un volto, un nome, una storia. Non un numero o una categoria! Ben venga allora il vertice convocato per oggi dal Prefetto di Torino Palomba con il sindaco Appendino e l’arcivescovo Nosiglia, che domani riunirà la realtà di Chiesa. Tanto più necessario, quest’impegno trasversale e condiviso, in vista della crisi economica che emergerà con l’attenuarsi dell’emergenza sanitaria”.


hait bella mostafa da fanpage it

Mostafa Hait Bella (foto tratta da fanpage.it)


“Ancora una volta - aggiunge il fondatore di Libera e Gruppo Abele - sono la condivisione e la corresponsabilità le basi per costruire un cambiamento vero. Veniamo da anni di sbreghi, vuoti, ritardi. Sono cresciute le disuguaglianze, le povertà assolute e relative, la disoccupazione, la riduzione o lo smantellamento dei servizi in nome di una logica economica che ha generato paure, fragilità ma anche un sordo risentimento che sfocia spesso in forme di odio e di vero e proprio razzismo. Senza dimenticare il disagio invisibile, quello che si nasconde dietro i muri delle case, che colpisce anche persone economicamente garantite e che ha le sue radici in fratture dell’anima a cui non può porre rimedio la “digitalizzazione dell’esistenza”, la formazione di comunità virtuali dove il contatto viene scambiato per relazione, e il giudizio e il pregiudizio spesso prevalgono sulla conoscenza e la comprensione”. “Non possiamo stare alla finestra. Non possiamo restare inerti e indifferenti perché in frangenti come questo l’omissione diventa complicità. Il nodo, tuttavia, resta politico. La solidarietà non può sostituire il diritto. Lo slancio delle persone, delle associazioni, del privato sociale, non può surrogare l’impegno politico per eliminare le cause strutturali della disuguaglianza e dell’ingiustizia. ‘Chiedo a Dio che ci regali più politici che abbiano davvero a cuore la società, il popolo, la vita dei poveri (…) La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità perché cerca il bene comune’. Sono parole di Papa Francesco, contenute nella Evangelii Gaudium. Parole che sottoscrivo in pieno e alle quali mi permetto umilmente di aggiungere che la politica ritrova la sua “altissima vocazione” - che più che mai, in questi giorni, è chiamata a cercare - quando sa guardare il mondo con gli occhi dei poveri e nella prospettiva della strada. Lasciandosi toccare e turbare dalla domanda che la strada incessantemente ci rivolge: “Cosa puoi fare affinché tutte le persone abbiano una casa, un lavoro, una dignità e smettano di sentirsi un numero, una cosa, una merce di scarto?”. conclude il suo scritto Don Ciotti.
(9 Febbraio 2021)

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