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di AMDuemila
L’ex parlamentare ricorda il suo professore di Diritto Amministrativo ucciso dai brigatisti in un’intervista a Il Fatto Quotidiano

Io fui la prima a vedere il volto della Braghetti che si avvicinava sulle scale. Immediatamente lui cambiò espressione, da sorridente quale era di solito, si fece terrorizzata. Lo capì subito che non era una studentessa che voleva una dispensa! In un attimo mi allontanarono da lui e spararono. Quando vidi i colpi entrare nel petto capii che non c’era più nulla da fare. Fece un grande urlo e andò a sbattere contro la parete di marmo”. Ha ricordato così quella mattina indelebile del 12 febbraio 1980, l’ex presidente della commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi. Quel giorno nella facoltà degli studi di Roma il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura e professore di Diritto amministrativo Vittorio Bachelet venne freddato con sette colpi di pistola dai brigatisti Annalaura Braghetti e Bruno Seghetti. Insieme a Bachelet, uscendo dall’aula, si trovava proprio Rosy Bindi, al tempo ancora studentessa, che ha assistito coi suoi occhi alla macabra scena. A distanza di quarant'anni c'è una domanda che si insedia nelle menti di famigliari e colleghi del giurista: perché Vittorio Bachelet venne ucciso? . “Io credo che le Br abbiano perseguito il disegno di privare il Paese delle persone migliori, di coloro che per competenza, e rettitudine morale contribuivano a rendere migliore quello Stato che loro volevano abbattere, a rendere migliore il rapporto tra i cittadini e le istituzioni che volevano sovvertire. - ha detto la Bindi a Il Fatto Quotidiano lo scorso 3 febbraio - Di lì a qualche anno scoppierà Tangentopoli: nessuno dei protagonisti era stato sfiorato dalle Br. Vittorio Bachelet era il vicepresidente del Csm, e in quegli anni in cui la magistratura era così esposta al terrorismo era riuscito a rasserenare i rapporti tra politica e magistratura. In questi quarant’anni - ha proseguito nel suo ragionamento l’ex parlamentare - mi sono fatta l’idea che, consapevolmente o no, le Brigate Rosse siano state lo strumento di poteri occulti dell’Italia di quegli anni, come la P2, che approfittarono in quel passaggio in maniera esplicita anche del terrorismo nero e della mafia. Parti deviate dello stato e le massonerie deviate si servirono delle Br per ostacolare il progetto moroteo con l’assassinio di Moro e quella Sicilia delle carte in regola che costò la vita il 6 gennaio a Piersanti Mattarella. Bachelet era il vicepresidente del Csm che si adoperava per ricostruire gli equilibri costituzionali tra i poteri dello Stato”.
Sul caso Bachelet tuttavia permangono ancora oggi alcune anomalie. Stranezze dall’odore amaro che la Bindi ricorda di aver percepito sin dagli attimi precedenti all’esplosione di colpi di pistola da parte della Braghetti. “Non si spiega il deserto che c’era attorno a noi quella mattina. Perfino l’ufficio del custode era chiuso. - ha affermato la Bindi - Chiamammo aiuto e per molto tempo non arrivò nessuno. Si era sparsa la voce, così è stato ricostruito in un secondo momento, che c’era una bomba e che tutti dovevano lasciare la facoltà: qualcuno s’incaricò di fare in modo che restassimo soli”.
Bachelet era un uomo di grande spessore professionale e morale, oltre che grande uomo di fede. “Diceva sempre - ha continuato l’ex parlamentare - ‘Dobbiamo essere consapevoli dell’importanza dei nostri valori e della nostra cultura, ma li dobbiamo mettere a disposizione del mondo non per dominarlo ma per servirlo’”. Verbo che con lui si faceva azione, come insegna il Vangelo a cui Bachelet era fortemente devoto. Ed è forse per questa mentalità che il giurista venne eliminato, e con lui tanti altri. “Nel 1980 furono uccisi Galli, Tobagi, Minervini. - ha detto la Bindi facendo riaffiorare i propri ricordi - Tutte persone che praticavano, a diversi livelli della vita del Paese, il dialogo. È stato colpito chi lavorava per un progetto di democrazia compiuta”. Tutti personaggi storici dalla schiena dritta che sapevano di correre grandi rischi per via del loro mestiere. Anche Bachelet era consapevole che la sua vita fosse in serio pericolo, ciononostante “non volle la scorta”. “Una mattina me lo disse: - ha rammentato Rosy Bindi - dopo il rapimento di Moro le prime vittime erano stati gli uomini della scorta. Se lui era un obiettivo non voleva coinvolgere altri. Era consapevole di essere in pericolo - ha concluso - a tal punto da non voler mettere in pericolo altre vite”.

Foto © Ansa

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