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casablanca 59di Graziella Proto - PDF
“Ho deciso di entrare nel porto di Lampedusa. Conosco i rischi, ma i 42 naufraghi a bordo sono esausti. Li porto in salvo”, annuncia su Twitter prima di avviarsi verso la banchina del porto di Lampedusa Carole Rackete comandante della Sea Watch 3.
Per tredici giorni, lontano dalla nave e dal caldo afoso che ha caratterizzato quelle interminabili giornate siciliane fatte di trattative e peregrinare nelle acque attorno all’isola, abbiamo pensato a lei come l’eroina che lotta contro l’ingiustizia, per i diritti, anche a costo di sfidare le leggi. Altera, determinata, giovane e bella abbiamo fatto il tifo per lei. Speravamo nel suo coraggio.
E lei, la capitana - comandante della Sea Watch - non ci ha deluso: ha scelto col cuore, disubbidito con la testa. Non aveva altra scelta per salvare quelle vite.
Tedesca, studi nelle università del Regno Unito, nostromo sulle navi di ricerca oceanografica al Polo nord, volontariato con Greenpeace e ora impegnata e dedicata ai migranti nel Mediterraneo, Carola Rackete non si è fermata di fronte ai no dell’Italia e della Corte di Strasburgo, che ha bocciato il ricorso presentato dalla Sea Watch, difronte a ultimatum e minacce agghindate da orpelli di alta politica ha preso la decisione forse più difficile: disattendere tutte le sovrastrutture. Contravvenire a una situazione che forse riteneva sbagliata o ingiusta.
Disobbedisce e crea scandalo e ammirazione. Ma le leggi non possono essere disumane. La solidarietà non può essere un contenitore vuoto.
A bordo della Sea Watch 3 c’erano 42 persone bisognose di soccorso e di appoggio, non si trattava di figurine per giocare a Risiko. Non si potevano spogliare della loro umanità e dei loro bisogni.
Innanzi a quelle immagini che le televisioni rimandano in continuazione c’è stata indignazione, commozione. Chi prega, chi implora leggi differenti, chi invoca la provvidenza per questi figli di un dio minore… ma la maggior parte al conforto dell’aria condizionata. Chi di dovere, opposizione e non, e l’Europa restano muti. Zitti. Impassibili innanzi a questa ulteriore tragedia.
Da quando avremmo dovuto urlare? Occupare ogni angolo delle piazze e delle strade? Non si può stare inermi ad aspettare che il vento della politica cinica, aggressiva, disumana cambi. Il ritornello “Li lasciamo in balia del mare e vediamo se l’Europa cambia atteggiamento” non va.
I tavoli per le trattative con gli altri paesi non possono essere il ricatto dei trabiccoli pieni di disgraziati in balia delle onde. I negoziati e le mediazioni vanno fatti laddove l’attuale ministro dell’Interno, allora eurodeputato, è stato latitante. Le trattative vanno fatte nei luoghi e nei tempi idonei e non a scapito di vite umane… e se qualcuno fa il grugno e minaccia o non lo ricordasse… i parenti, gli amici, gli alleati, dovrebbero ricordaglielo. Dovrebbero prendere posizione.
Gli indifferenti non sempre sono amati.
PRESIDENTE BATTA UN COLPO SUL MINISTRO
Cosa avrebbe dovuto fare Carola? Portare i naufraghi in Libia? Un porto che solo i vari Salvini - attuali e precedenti - ritengono sicuro?
Dopo tredici giorni di dispiacere e angosce Carola ha scelto secondo coscienza. Ha scelto come anche io avrei scelto e quindi mi autodenuncio - perché prima o poi dovremo fare i conti con la nostra coscienza e spiegare noi dove eravamo.
Carola ha fatto la scelta più difficile. Conosceva i rischi, non è una sprovveduta anche se molto giovane. Multe? Nave sequestrata? Possibilità di arresto? Scandalo? Disubbidire e sollevare il problema di fronte all’indifferenza dell’Europa sembrava l’unica strada.
Una disubbidienza che è un cocktail di umanità, cuore, amore per il prossimo… razionalità. Valore civile.
“Avanzeremo una formale denuncia contro il ministro dell'Interno perché ha messo il comandante della Sea Watch 3 nella condizione di non avere scelta - dice Leoluca Orlando sindaco di Palermo -. Carola ha operato in uno stato di necessità creato ad arte dal ministro che non ha consentito l’approdo della nave a Lampedusa”.
Dopo l’attracco “forzato” a Lampedusa, l’arresto. Un arresto che la gip Alessandra Vella nel giro di poche ore annulla. Non convalida. Un precedente legale pesantissimo che va in direzione contraria alle disposizioni del Viminale.
Qualcuno forse pensa che la gip sia inesperta? Che non sappia applicare le norme? Le conclusioni direbbero il contrario. Ha studiato attentamente carte, articoli, commi, fatti e ha dedotto. Con coraggio e determinazione. Carola non aveva altra scelta, le persone vanno salvate. Il decreto sicurezza: “non può essere applicato a chi salva naufraghi”.
Inutile dire che chi segue ciecamente il capo si è scatenato a lanciare insulti e minacce della peggiore specie nei confronti della gip. Atteggiamenti inqualificabili che - siamo già in tanti - non intendiamo tollerare più. Soprattutto molte donne e, piaccia o no, difenderemo queste due donne che ci rappresentano. Aspettiamo solo una parola d’ordine comune per scatenarci.
“La legge del mare impone a un comandante di salvare chi è in pericolo, senza distinzione tra migranti e crocieristi”. Salvini se ne faccia una ragione, e prenda atto che mentre lui è in diretta televisiva e dichiara che nessun migrante sbarcherà sulle coste siciliane, alle sue spalle le immagini dicevano esattamente il contrario. Tutti abbiamo visto, abbiamo apprezzato il servizio e capito con chi abbiamo a che fare.
Contro i tentativi del ministro per perseguire la capitana sono insorti gli avvocati penalisti di Milano che in una lettera al presidente Mattarella denunciano violazioni costituzionali verso la comandante della Sea Watch e si offrono per difenderla.
O capitana! Mia capitana… Non sei sola, sei tutti noi. Ci stai facendo sentire vivi.
Grazie.

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