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di Tommaso Merlo
Era prostituzione quella andata in scena nella cantina del presidente del consiglio italiano ad Arcore. Lo certificano anche i giudici. Definitivamente. Giovanissime ragazze ingaggiate per soddisfare le voglie sessuali segrete di quell’anziano di bassa statura, tozzo ma zeppo di grana e pure di potere e pure di viagra. Con quel faccione ricoperto di cerone e i capelli di plastica incollati sulla pelata. Con quel falso sorriso e gli occhi senza luce. Fisicamente turpe per ragazzine appena maggiorenni e forse pure spaventoso. Ma è l’uomo più potente del paese. È a capo di un impero che ha magicamente aperto le porte del suo castello a quelle ambiziose cenerentole. Un’occasione che capita una sola volta nella vita. Soldi, tanti soldi. Per sistemarsi, per realizzare i propri sogni che sotto sotto sono quelli di giovani donne. Disperate. Disperate al punto da vendere pezzi della propria anima per qualche euro, per qualche illusione materiale. Pezzi di se stesse, sfregi indelebili per qualche minuto di piacere. Altrui. Perché la vita è una giungla e quel vecchio riccone non riesce a stare solo. Ha il terrore di fare i conti con la propria coscienza. Si circonda costantemente di persone che possano sedare i suoi incubi e soddisfare le sue brame di grandezza. Leccapiedi politici e giornalistici, morti di fama e di denaro e di potere. Di tutto pur che lo facciano sentire il numero uno. Di tutto pur che gli facciano sentire che quella sua vita abbia davvero un senso. Compreso quelle ragazzine travestite da infermiere e suore da scopare una dopo l’altra tra una barzelletta e un sorso di Champagne. Fino a che la pillolina blu fa effetto, fino a cadere esausto dall’ennesima orgia egocentrica. Molto più che perversione sessuale. Perversione esistenziale. Droga per soddisfare la furiosa dipendenza dal proprio ego. Droga da consumare di nascosto perché il mondo fuori da quella cantina buia non accetterebbe mai un presidente del consiglio che mette in piedi un bordello a domicilio con ragazzine dell’età delle sue nipoti. È il mondo della vita pubblica e istituzionale, il mondo dei vertici internazionali, dei discorsi alla nazione, delle campagne elettorali in cui vendersi come leader illuminato ed integerrimo e capace di garantire un futuro migliore per tutti. Uomo della Provvidenza, paladino dei moderati, difensore della famiglia e dei valori cattolici. Ma la droga prima o poi tradisce. Va in overdose. Si fa beccare con giù le mutande e la bava alla bocca. Scoppia un verminaio. Si scatenato le truppe di avvocati. La strategia è sempre la stessa. Negare tutto. Ad oltranza. È solo burlesque, sono solo cene eleganti e quelle cenerentole da quattro soldi devono tenere la bocca chiusa ad ogni costo. Chi osa parlare è pazza, è una ragazzaccia arrivista che vuole solo spennare un povero vecchio che le faceva l’onore d’invitarla nel suo castello per il piacere di trascorrere qualche allegra serata in compagnia. Un povero vecchio che scoppiato lo scandalo le ha ricoperte di soldi per generosità, per il gusto di mantenerle a sbafo e non certo per pagare il loro silenzio. Ma il verminaio si estende. Squallido. Muore Imane Fadil. Arrivano le prime condanne definite. E con esse la verità. Era prostituzione quella andata in scena nella cantina ad Arcore. Era un puttaniere il presidente del consiglio italiano.

Visita: tommasomerlo.com

Tratto da: pace2345.wordpress.com

Foto © Imagoeconomica

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