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borsellino salvatore c imagoeconomicada Noi sosteniamo Angelo Niceta
Questa è il testo della lettera che il Comitato dei cittadini per Angelo Niceta ha inviato alla cortese attenzione dell'Ing. Salvatore Borsellino, fratello di Paolo.


12 agosto 2018
Gentile Ing. Salvatore Borsellino,
ci rivolgiamo a Lei per renderla edotta dell’allarmante situazione che stiamo riscontrando assistendo all’attacco ai principali caposaldi della legislazione antimafia, già così carente di strumenti che consentano ai magistrati di combattere efficacemente il fenomeno, in particolare ai livelli più elevati.
Ci riferiamo alle 8 proposte di legge di iniziativa popolare radicali, alla cui presentazione hanno attivamente collaborato anche due soggetti con procedimenti di prevenzione in applicazione della Rognoni-La Torre come Massimo Niceta e Pietro Cavallotti; lo stesso Massimo Niceta, inoltre, è anche indagato, come abbiamo appreso dalla stampa, per riciclaggio aggravato dal metodo mafioso nell’inchiesta sulla costruzione del Centro Commerciale “Forum” di Brancaccio.
Per passare al merito delle “proposte”, queste prevedono l’abrogazione del 41 bis o.p. e dell’ergastolo e la modifica – noi l’abbiamo chiamata “eutanasia” – della Rognoni-La Torre e della legge sullo scioglimento dei comunali e provinciali per infiltrazione mafiosa.
In particolare, la proposta di legge sulla Rognoni-La Torre ha il sapore di una beffa, abolendo la sua peculiarità per si erano battuti in modo inequivocabile tutti i magistrati che hanno fatto la storia della lotta alla mafia, da Cesare Terranova a Rocco Chinnici a Giovanni Falcone a suo fratello Paolo: l’inversione dell’onere della prova e l’obbligo delle interdittive antimafia. Così modificata la legge sarebbe meramente ornamentale, un epifenomeno del processo penale, visto che già il codice penale prevede la confisca dei beni frutto di un reato. Con un regalo grande a tutte le mafie, vista l’importanza degli “affari” e dei soldi per i sistemi criminali, come dimostrano anche gli ingenti patrimoni sequestrati in questi anni tra Palermo e Trapani a soggetti ritenuti dalla magistratura prestanome del latitante Matteo Messina Denaro. Altra cosa, ma non è questo il punto del contendere, è rendere più efficiente e trasparente l’amministrazione dei beni sotto sequestro da parte degli amministratori giudiziari durante la fase “conservativa”.
Per completare il quadro amnistia e indulto.
Tali proposte sono state illustrate in una serie di assemblee organizzate in varie città della Sicilia tra la fine di luglio e l’inizio di agosto, cui hanno partecipato in qualità di relatori, tra l’altro, il pregiudicato TOTÒ CUFFARO e altri soggetti con procedimenti di prevenzione in corso, da Francesco Lena a Paolo Faraone. Nell’ambito di tali assemblee, tutte trasmesse in diretta streaming da Radio Radicale, sono stati attaccati con toni durissimi molti magistrati attivi nella lotta alla mafia, a partire dal Dott. Di Matteo, quando non la magistratura nel suo complesso, e si sono agitati i peggiori argomenti – che ci fanno tornare con la mente agli anni ’80 – sull’”antimafia che rovina l’economia della Sicilia”. Sono anche stati attaccati i giornalisti Salvo Palazzolo e Paolo Borrometi, quest’ultimo bollato come “professionista dell’antimafia”, e il recente scioglimento del Comune di Vittoria.
A noi questo quadro, vista la caratura dei soggetti intervenuti in una terra che vive di segni e di segnali, sembra la realizzazione dei punti non ancora definitivamente attuati di quella trattativa per non avere accettato la quale quasi certamente suo fratello Paolo Borsellino è stato assassinato. Ci sembra gravissimo che soggetti in pieno conflitto d’interessi o con indagini pendenti possano ergersi a legislatori su una materia così delicata come la lotta alla mafia, attenuandone l’efficacia.
Ci sembra del pari grave il silenzio della stampa e delle associazioni antimafia rispetto ad un’operazione di questo tipo che, quand’anche non andasse completamente in porto, è anche finalizzato ad alimentare lo scontento per la grave situazione economica del Sud non contro la mafia e le collusioni politiche, economiche ed istituzionali di cui vive, ma contro l’antimafia. Quella vera, per questo tanto odiata.
Pensiamo che si debbano valutare e mettere in atto al più presto delle iniziative per rispondere con dei NO forti ed inequivocabili all’operazione in corso: sit-in, manifestazioni, interventi pubblici.
Altrimenti la sconfitta e l’inveramento della trattativa, quella trattativa di cui si parla quasi certamente nell’Agenda Rossa fatta “sparire” dai “ripulitori” di Stato, rischia di diventare, grazie all’indifferenza ed all’ignavia, un’amara realtà.
Come cittadini, anche nel ricordo di suo fratello Paolo Borsellino e di tutti coloro che hanno versato il sangue per non venire a patti di alcun tipo, non ci stiamo assolutamente e la invitiamo a prendere posizione. Le menti raffinatissime oggi si chiamano anche “soldi”.

Cordiali saluti,
Manfredo Gennaro, animatore del Comitato dei cittadini per Angelo Niceta

Tratto da: facebook.com

Foto © Imagoeconomica


La Redazione di ANTIMAFIADuemila sottoscrive l'appello con convinzione


Riceviamo e pubblichiamo

"Gentile sig. Manfredo,

Le scrivo a proposito di quella che Lei ha descritto come una «allarmante situazione» legata alle otto proposte di legge di iniziativa popolare promosse dal Partito Radicale. Ritengo necessario fare chiarezza per permettere a tutti di valutare i temi trattati con cognizione di causa.
Prima, però, mi tocca fare alcune precisazioni introduttive in merito alla posizione processuale delle persone da Lei citate nella lettera.

Massimo Niceta è stato oggetto di una prima indagine penale per l’ipotesi di reato di intestazione fittizia, indagine che si è conclusa con un decreto di archiviazione in quanto il Giudice per le indagini preliminari, accogliendo la richiesta dei Sostituti Procuratori della Repubblica di Palermo, ha ritenuto che, nel caso di specie, gli elementi acquisiti non fossero neppure idonei a sostenere l’accusa in giudizio. Sulla base degli stessi elementi indiziari, sono stati avviati nei confronti di Massimo Niceta due procedimenti di prevenzione con il sequestro dei beni: l’uno presso il Tribunale di Trapani; l’altro presso il Tribunale di Palermo. Il primo si è concluso con il pieno riconoscimento delle ragioni di Niceta con decreto emesso dalla Corte d’Appello di Palermo, ormai divenuto definitivo. Nel decreto della Corte d’Appello, inoltre, si riconosce che alcune delle dichiarazioni del testimone di giustizia, Angelo Niceta, sono state smentite documentalmente, mentre altre sono state definite «assertive» e «generiche».
Si aspetta, invece, l’esito del processo di prevenzione palermitano che si basa sugli stessi elementi di quello di Trapani. Mi risulta, inoltre, che Massimo Niceta abbia sporto querela nei confronti del cugino Angelo per le accuse mosse da quest’ultimo nei suoi confronti.

Francesco Lena è stato assolto in ogni grado di giudizio dall’accusa di mafia e, di recente, ha ottenuto la restituzione del patrimonio a seguito del decreto emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo. Peraltro, la Corte d’Appello ha rigettato la richiesta di sospensione dell’efficacia del decreto di dissequestro avanzata dalla Pubblica Accusa.

Il sottoscritto, invece, non è coinvolto in alcun procedimento penale o di prevenzione. Mio padre è stato assolto definitivamente dall’accusa di mafia e, ciononostante, ha subito la confisca di tutto il patrimonio all’esito di un ingiusto processo di prevenzione. Il ricorso alla Corte Europea è stato dichiarato ammissibile mentre attendiamo fiduciosi l’esito dell’istanza di revocazione della confisca depositata presso la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo. La invito in proposito a partecipare all’udienza conclusiva del processo a carico dei miei familiari che si terrà il 20 Settembre, alle ore 10.00, presso la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo. Abbiamo chiesto e ottenuto che l’udienza si celebri con la presenza del pubblico perché non abbiamo nulla da nascondere.

Quanto alla proposta di legge del Partito Radicale che riguarda le misure di prevenzione, mi limito ad osservare che essa cerca di riportare questa normativa alla disciplina originaria della legge Rognoni-La Torre, con lo scopo di raggiungere un delicato equilibrio tra esigenze preventive e repressive del crimine organizzato e non meno importante tutela dei diritti individuali riconosciuti dalla nostra Carta Costituzionale.
Non è a tutti noto che l’attuale Codice Antimafia è molto diverso dalla legge Rognoni-La Torre la quale regolamentava in maniera del tutto diversa i rapporti tra eventuale procedimento penale e procedimento di prevenzione e tra misura di prevenzione personale e patrimoniale. Sotto il primo profilo si prevedeva che la sentenza di proscioglimento facesse stato anche nel processo di prevenzione per quanto concerne l’accertamento dei fatti. Sotto il secondo profilo, la misura di prevenzione patrimoniale poteva essere applicata solo nei confronti dei soggetti ritenuti attualmente pericolosi. Oggi, invece, a seguito di modifiche normative dettate dalla “logica dell’emergenza” che hanno – queste si – stravolto la fisionomia della Rognoni-La Torre, si prescinde dagli accertamenti dei processi penali e si può applicare la confisca anche nei confronti di chi non è socialmente pericoloso.
Nell’elaborare la proposta, abbiamo tenuto conto sia delle recenti statuizioni della Corte Europea sia delle posizioni della migliore dottrina giuridica che ha messo in luce come le misure di prevenzione contrastino con i principi fondamentali che stanno alla base dello Stato di Diritto: il principio di legalità, il giudice terzo e imparziale, il giusto processo, la presunzione di innocenza, il diritto al lavoro e il diritto di proprietà. È stato osservato che le misure di prevenzione si nutrono proprio di quella cultura del sospetto che, secondo il compianto Giudice Falcone, «non è l’anticamera della verità ma del Komeinismo».
Abbiamo proposto che, nel caso di indizi di contiguità dell’imprenditore ad una associazione mafiosa, l’Autorità Giudiziaria debba intervenire nominando una figura di alto profilo che non si sostituisce al proposto ma lo affianca per tutta la durata degli accertamenti. In tal modo si salvaguarda l’integrità e la continuità delle aziende, la conservazione dei posti di lavoro, si previene il crimine senza distruggere persone innocenti – secondo la Costituzione italiana – fino a condanna definitiva.

Sono disposto ad accettare critiche alla proposta di legge che abbiamo contribuito a realizzare ma non tollero che si qualifichi quasi come eticamente o moralmente deplorevole il comportamento encomiabile di cittadini onesti che, pur avendo sofferto le pene di un calvario giudiziario dal quale sono usciti innocenti, dopo essere stati privati del proprio lavoro e aver visto vanificati i sacrifici di una vita, nutrono ancora fiducia nei confronti dello Stato e mettono a servizio della collettività la propria esperienza per evitare che altri abusi possano ripetersi in futuro in danno di inermi cittadini.
Nel fare questo, abbiamo sempre mostrato (e preteso) rispetto nei confronti della Magistratura, da noi più volte invitata al dialogo, consapevoli del fatto che l’equilibrio normativo in un settore di fondamentale importanza – quale quello della lotta alla mafia – non può che essere il frutto di un doveroso approfondimento e di un delicato bilanciamento tra interessi eterogenei e tutti meritevoli di tutela.
Io ritengo che la mafia non sia un’opportunità per la nostra terra ma un cancro da debellare e, per questa ragione, sono dalla parte di tutti quei Magistrati che la combattono senza violare i diritti dei cittadini perbene. Personalmente, non mi sentirei in pace con me stesso se, sapendo cosa sono le misure di prevenzione e come esse vengono applicate, non provassi a cambiarle.

Concludo invitando sia Lei che l’ing. Borsellino – della cui presenza, nella qualità di ospite d’eccellenza o di moderatore del dibattito, sarei sinceramente onorato – a partecipare ai prossimi incontri pubblici per un approfondimento serio e costruttivo su questi argomenti, con l’auspicio che le ragioni altrui vengano vagliate nel confronto, se del caso anche duro ma pur sempre nel rispetto reciproco."

Cordialmente,
Pietro Cavallotti

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