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chiusura ora2di Sandra Rizza
8 maggio 1992. Chiuso l’ultimo numero, andammo tutti a cena all’hotel Patria per passare ancora una serata insieme. Si rideva e si scherzava, ma solo per non farci prendere dalla malinconia, per non piangere. Brindammo alla nostra sconfitta, poi qualcuno vomitò in un angolo, mentre a voce alta Gabriello Montemagno declamava una crudelissima esilarante poesia d’addio scritta da Silvia Ferraris. Era il funerale della nostra giovinezza e dei nostri sogni di cambiare il mondo da una postazione minuscola e battagliera a due passi da casa. Eravamo consapevoli che una formidabile esperienza di lavoro e soprattutto di vita era arrivata al capolinea. Ma non potevamo credere che L’Ora fosse veramente finito; era assurdo, impensabile, e molti di noi in cuor proprio erano ancora fiduciosi nel “salvataggio” di una testata così preziosa, di un patrimonio così importante per Palermo. Invece il “salvataggio” non ci fu, il Pds e i suoi dirigenti del settore editoria (s)ragionavano già all’epoca come ottusi ragionieri, inviarono sedicenti espertoni di giornali che disquisivano di costi e ricavi, decretando la fine de L’Ora, e forse nemmeno capirono cosa stavano distruggendo; il resto lo fece il cosiddetto milieu regionali: le (come sempre) paludatissime “forze imprenditoriali” della Sicilia si mostrarono indifferenti all’idea di rilevare e rilanciare il giornale come meritava; l’opinione pubblica incassò e presto dimenticò, travolta dalla stagione delle stragi che di lì a poco avrebbe insanguinato l’isola. Restammo solo noi, forse gli unici a capire cosa era stato e cosa avrebbe potuto ancora essere; isolati come “paria” dal Giornale di Sicilia che non volle mai aprire le porte a nessuno degli ex de L’Ora; additati con compassione e segreto compiacimento da quanti tra i colleghi avevano sempre disprezzato (e invidiato) il piccolo caotico quotidiano di piazzetta Napoli e la grande rivoluzione che aveva realizzato nel panorama stagnante dell’informazione siciliana, e poi anche nazionale, soprattutto riguardo al tema “mafia”. Restiamo solo noi, ancora oggi, forse gli unici a capire cosa è stato e cosa avrebbe potuto essere oggi questa isola e questo Paese se a raccontarlo ci fosse ancora quell’irriducibile incasinato fantastico maledettissimo L’Ora, la nostra scuola di giornalismo, di pensiero, e di libertà. La nostra storia.

P.S. Sono passati ventisei anni. Nessun convegno, nessun memorial, nessuna riflessione è mai stata organizzata a Palermo per ricordare L’Ora e la sua ignominiosa eutanasia di partito. Io sono disoccupata.

Tratto da: 19luglio1992.com

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