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Intervista
di Ilaria Betti
Carolina Orlandi, nel libro "Se tu potessi vedermi ora" cerca ancora la verità, a 5 anni dalla morte del manager Mps: "Vi racconto io chi era David"

"David Rossi non si è suicidato. L'hanno descritto come un pazzo, come un uomo di malaffare. Ma non era così e non voglio che venga ricordato solo come un corpo volato giù da una finestra": così la figlia Carolina Orlandi ha spiegato i motivi che l'hanno spinta a scrivere il libro "Se tu potessi vedermi ora". Nel memoir, edito da Mondatori e appena dato alle stampe, la venticinquenne ricostruisce i contorni della sospetta morte del marito della madre Antonella Tognazzi e responsabile dell'area comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, precipitato dalla finestra del suo ufficio, nel bel mezzo dello scandalo in cui era coinvolta la banca.

Era il 6 marzo 2013 e Carolina aveva ventuno anni: il caso viene subito archiviato come suicidio, ma ben presto iniziano ad emergere una serie di contraddizioni e incongruenze, dalla dinamica della caduta a inquietanti retroscena. "Siamo convinti che non si sia suicidato e non perché lui 'non lo avrebbe mai fatto', ma perché abbiamo letto le carte - ha affermato ad HuffPost -. Nei giorni prima della fine, era terrorizzato. A casa avevamo preso a scriverci perché temeva che ci fossero delle cimici. Sapeva di essere finito in qualcosa di grosso".

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Carolina Orlandi


Perché hai deciso di scrivere questo libro?
"Il mio primo obiettivo era quello di restituire a David un po' di umanità: non potevo accettare che passasse solo come il responsabile della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena precipitato dalla finestra. Volevo che la gente conoscesse altro di lui, che sapesse che era un uomo molto colto, un uomo che amava la sua famiglia. In secondo luogo, ho scritto questo libro per raccontare la vicenda dal nostro punto di vista, quello mio e di mia madre, per raccontare come l'abbiamo vissuta noi".

Questa vicenda ha inevitabilmente cambiato la vostra vita...
"All'epoca dei fatti avevo 21 anni e fino ad allora avevo una vita normale. Il mondo per me e per mia madre dopo la morte di David si è completamente capovolto: non soltanto per il lutto che abbiamo dovuto affrontare ed elaborare, ma anche per una serie di implicazioni che ne sono scaturite. È venuta meno la fiducia nelle istituzioni, ma anche tanti amici sono venuti meno. Spariti, scomparsi, come i collaboratori più stretti di mio padre".

Non avete ricevuto supporto dai colleghi di David Rossi?
"No, molte delle persone che lavoravano a stretto contatto con David non si sono più fatte vive con noi dopo la sua morte. Alcune non ci salutano o ci evitano per strada. Abbiamo scoperto una Siena diversa, diversa dalla comunità da cui prima eravamo circondate. In un certo senso, ci siamo ritrovate isolate".

Nel libro descrivi dei piccoli segnali lanciati da David Rossi la sera prima della sua morte. Di cosa si tratta?
"La sera del 5 marzo, ovvero la sera prima dei fatti, è cambiato qualcosa, ho iniziato a capire e a percepire la gravità della situazione. Ho visto David veramente spaventato. Non parlava quasi mai di lavoro con noi, ma sapevamo che era preoccupato per qualche motivo. Quella sera ho visto dei piccoli taglietti sul suo braccio, gli ho chiesto spiegazioni, ma lui ha risposto in maniera confusa, dando più versioni. Poi mi ha avvicinato un blocco note e abbiamo iniziato a scriverci: era convinto che ci fossero le cimici in casa, che qualcuno lo stesse controllando. Il suo era un atteggiamento che mai aveva avuto e che mai potevamo immaginare. Fino al giorno prima credevo che fosse preoccupato per qualcosa, da quella sera ho iniziato a capire che si trattava di qualcosa di grosso, che aveva paura. Ma su quella paura - tangibile - non è mai stata fatta luce, non si è mai risaliti alle cause".

Nel corso di questi anni tu e tua madre, Antonella Tognazzi, vi siete mai sentite abbandonate dallo Stato?
se tu potessi vedermi ora"Di sicuro ci sono state molte mancanze da parte della Procura. Tra queste, quella di non richiedere i filmati delle telecamere interne alla banca: abbiamo solo il video della caduta, ma non lo abbiamo neanche tutto perché quello che è stato mostrato è solo un'ora di girato. Un'altra mancanza è stata quella di non esaminare le celle telefoniche: non sappiamo, quindi, ancora l'identità dell'uomo che si affaccia nel vicolo mentre David è disteso a terra e che è stato ripreso dalle telecamere mentre parla al cellulare. Sarebbe bastata una perizia sulle celle telefoniche per risalire all'identità, ma ciò non è mai stato fatto. Un'altra mancanza è stata quella di non aver indagato su una possibile colluttazione prima della caduta: abbiamo la perizia del medico legale della Procura, fatta nel corso della seconda riapertura del caso, secondo la quale le ferite riportate da David non sono compatibili con la caduta. È stata un'ammissione fortissima, ma non ha avuto seguito".

Si è parlato spesso di una serie di incongruenze...
"Ci sono diversi elementi sospetti, come l'orologio: le telecamere riprendono un oggetto che precipita dall'alto verso il basso mentre il corpo di David è a terra. Secondo la Procura si tratta di un semplice luccichio, non dell'orologio. Noi sosteniamo invece che sia proprio l'orologio: se fosse caduto insieme a David si sarebbe fermato ad una certa ora, invece le lancette si sono bloccate proprio nell'ora compatibile con il luccichio ripreso dalle telecamere, ovvero 33 minuti dopo la caduta. Anche su questo particolare, la Procura non si è soffermata. Chi l'ha gettato? Perché non lo aveva più al polso?".

L'inchiesta è stata archiviata, riaperta e chiusa di nuovo. È in vista una possibile riapertura delle indagini?
"Il caso è stato archiviato il 4 luglio del 2017, per la seconda volta. Ora c'è la Procura di Genova che ha un fascicolo aperto sull'operato dei magistrati, ma se anche si attestasse un abuso d'ufficio non è scontato che l'inchiesta venga riaperta. A meno che non vengano trovati nuovi elementi da portare come prova. E, considerato il tempo che è passato, è sempre più difficile trovare nuove prove e testimonianze. A meno che qualcuno non si faccia avanti".

Sperate sempre che qualcuno possa parlare e portare a galla la verità?
"Io sono convinta che prima o poi qualcuno parlerà, credo fermamente che un giorno qualcuno che vorrà ripulirsi la coscienza si farà avanti. Magari sarà qualcuno che non avrà niente da perdere o avrà qualcosa da guadagnare. Come l'anonimo, che si è firmato "il vigliacco", che ci ha scritto tempo fa, a detta sua in punto di morte: parlava di alcuni colpi di pistola partiti dall'interno dell'edificio, diceva di indagare sul muro del palazzo di fronte. Abbiamo provato a chiedere di compiere delle indagini lì, di poter accedere al vicolo, ma l'accesso ci è stato negato in quanto il vicolo si trova in una proprietà privata. Sappiamo che la Procura ha compiuto dei sopralluoghi lì ad indagini chiuse, ma senza - a loro dire - ottenere nulla di significativo".

Quali saranno le vostre prossime mosse?
"Cercheremo di capire quali sono responsabilità e di chi, anche per come sono fatte le indagini. Per quanto riguarda me in particolare, sto cercando di fare della narrazione intorno a questo caso per creare consapevolezza negli altri. Noi non perdiamo la speranza. Forse questo passerà alla storia come uno dei più grandi casi irrisolti italiani: preferiamo che sia così, piuttosto che rimanga la semplice storia di uno dei dipendenti della Monte dei Paschi morto suicida".

La vostra ipotesi è quella dell'omicidio?
"Noi siamo convinti che David Rossi non si sia suicidato. E non soltanto perché lo conoscevamo: non voglio limitare le mie motivazioni dicendo che 'lui non lo avrebbe mai fatto'. All'inizio anch'io ho creduto alla storia della Procura, pensando che fosse un suicidio, mi sono fidata della giustizia. Poi però ho guardato le carte, ho studiato gli elementi a disposizione e ho iniziato a farmi delle domande e a darmi delle risposte. Per questo oggi credo che non si tratti affatto di suicidio".

C'è chi dice che non accettate l'ipotesi del suicidio perché è difficile farsene una ragione.
"Pensare che una persona cara si sia suicidata è un conto, è certamente difficile accettarlo: un suicidio è sempre una sorpresa e un dolore per la famiglia. Ma pensare che una persona cara sia stata aggredita in quel modo e spinta dalla finestra è un altro. Così non te ne fai una ragione. Inoltre ad oggi non è stata fatta giustizia, e piano piano diminuiscono le possibilità di ottenerla: i dati del traffico telefonico dopo tre anni spariscono, anche il corpo di David nel frattempo ha fatto il suo corso. Siamo stati lasciati senza la maggior parte delle prove".

Nel tuo libro cerchi di tenere vivo il ricordo di tuo padre come persona, staccandolo per un attimo dal contesto Mps. Com'era David Rossi?
"David era una persona taciturna, discreta, estremamente sensibile, estremamente umana. Era anche molto colto. Il nostro rapporto si è costruito a poco a poco, attraverso piccoli gesti e piccole immagini. Non avevamo un rapporto 'fisico' fatto di baci e abbracci, non siamo mai stati troppo vicini in quel senso, ma lui dimostrava l'amore nei miei confronti in altri modi, attraverso i libri, ad esempio. Ne parlavamo a lungo, me li prestava e ancora oggi la sua biblioteca è una sorta di portale per comunicare con lui. Se ne è andato nel momento in cui stavo diventando grande, mi pesa non poter passare le giornate con lui, non poterci parlare, ma l'ho 'sostituito' leggendo i libri che amava e le cose che ha scritto".

Perché hai scelto quella copertina per il tuo libro?
"La copertina è un quadro che David ha dipinto nel '91, quando io non ero ancora nata. L'ho sempre tenuto in camera e ho sempre avuto un'attrazione magnetica verso di lui, per l'inquietudine che mi trasmetteva. Oggi ci vedo una serie di simboli, come se fosse stato un quadro premonitore: ci sono mostri che sorridono, al di là di un rettangolo che, secondo me, è la finestra. David lo aveva intitolato 'L'incubo'".

"Se potesse vederti ora", David, cosa direbbe di te?
"Di sicuro non mi darebbe dei grandi riconoscimenti. David non mi faceva mai dei complimenti, al massimo mi diceva 'brava', ma anche quando lo diceva non sembrava molto convinto. Lui trasmetteva l'amore non attraverso le parole, ma nelle attenzioni che mi rivolgeva. Se potesse vedermi ora, spero solo che mi perdoni, che ci perdoni. Per averlo spogliato della sua privacy e della discrezione che lo contraddistingueva. Questo è un rimorso che ho: aver parlato di lui, averlo messo a nudo. Ma so che lo sto facendo per una buona causa: l'hanno dipinto come un pazzo, come un uomo di malaffare. Ma lui non era nulla di tutto ciò. Era una persona, prima di tutto, non soltanto un corpo volato giù da una finestra".

Tratto da: huffingtonpost.it

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