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camera c ansa giuseppe lamiEcco la legge patchwork: a ogni partito un pezzo
di Diego Pretini
La riforma accontenta solo chi l'ha votata: più proporzionale per FI, i collegi per la Lega, le soglie basse aiutano Alfano. Tutto fatto ad arte per evitare la Consulta. E portare dritto all'inciucio. Ecco perché













Rosatellum: tra ribaltoni, ingovernabilità e casta
Ecco la legge elettorale patchwork: a ogni partito un pezzo - 1/8

Incentiva la conoscibilità dei candidati, permette ai cittadini di scegliere il proprio parlamentare, si rinsalderà il rapporto tra eletti ed elettori, rispetta la rappresentatività, favorisce le coalizioni, darà governabilità. A leggere i titoli dei lanci d’agenzia, secondo i partiti che l’hanno approvata con una maggioranza vista quasi mai al Senato dalla nascita della Repubblica, la nuova legge elettorale mantiene tutti questi impegni. Ma a riascoltare gli interventi degli esponenti di partiti, movimenti e gruppuscoli che in Parlamento hanno sostenuto il Rosatellum una delle frasi che ricorre di più è che “la legge non è perfetta, ma le leggi elettorali non sono mai perfette”. Una formula-paracadute che nasconde l’unico pregio della legge – “armonizzare” i sistemi elettorali di Camera e Senato, come chiesto dal presidente Sergio Mattarella quasi un anno fa – e la mezza verità sulla “legge non perfetta”.

In realtà la riforma raggiunge principalmente due obiettivi. Il primo: accontenta tutti i partiti principali che l’hanno voluta. E’ per questo che ciascun pezzo della legge, come un Frankenstein, accontenta uno dei contraenti del patto. C’è più proporzionale che maggioritario perché lo vuole Berlusconi, c’è una quota di collegi che fa fare il pieno alla Lega Nord nei suoi territori, c’è una soglia di sbarramento raggiungibile e le pluricandidature perché fa comodo soprattutto ad Alfano, non favorisce troppo le coalizioni perché Renzi e Berlusconi vogliono tenersi le mani un po’ libere da alleati scomodi, sfavorisce i partiti non coalizzati – e non ci vuole molta fantasia per capire quale sia in questo momento – e rende difficile la vita dei fuoriusciti di sinistra (Ferruccio De Bortoli l’ha chiamata “logica vendicativa”). E’ un patchwork, un cacciucco che va bene a chi l’ha voluto. “Una legge elettorale non è un vestito da Arlecchino” ha detto Piero Fassino giustificando così il fatto che M5s e sinistre non fossero d’accordo con la legge (a cui dà un 7 di voto). In realtà non c’è metafora più aderente.

E’ un vestito cucito a regola d’arte. Cioè secondo i contorni disegnati dalla Consulta. Ed è il secondo obiettivo raggiunto. La Corte costituzionale aveva bocciato le liste bloccate e sterminate del Porcellum dove uno poteva essere eletto anche al tredicesimo posto di un elenco appeso fuori dal seggio, ma non le liste bloccate tout court. Aveva fatto passare le pluricandidature. Aveva chiesto di armonizzare le leggi di Camera e Senato. Aveva detto di preferire il proporzionale al maggioritario. La legge, ha scritto Henri Schmit su lavoce.info, “riflette cinicamente le condizioni permissive di questa giurisprudenza”. “Sorpresa – ha confermato tempo fa il costituzionalista Michele Ainis – l’oltraggio alla Costituzione non c’è”. Così i partiti che l’hanno approvata si sono accontentati di cristallizzare il sistema attuale, dopo essersi trovati all’ultimo tuffo – dopo 11 mesi – a mettere una pezza al paciugo di un Italicum fallito davanti alla Consulta e per giunta valido solo per la Camera. Aggiunge Ainis: “Dopo l’aborto di un maggioritario (il nuovo Mattarellum), di un proporzionale (il simil-tedesco), ora è la volta d’un sistema misto. Come se alle forze politiche italiane mancasse un’idea di società, una direttrice culturale di cui la legge elettorale dovrebbe essere strumento”.

Questi due obiettivi il Rosatellum li raggiunge. Quindi, aveva già detto Ainis, “no, non è incostituzionale: è immorale”. E’ scritto per i partiti e non per i cittadini, come ha detto l’ex presidente della Consulta Gustavo Zagrebelsky. Così tutto il resto – la governabilità, la rappresentatività, la scelta libera dell’elettore, la conoscibilità dei candidati – rischia di essere una serie di illusioni ottiche. Queste.













Rosatellum: tra ribaltoni, ingovernabilità e casta
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“Almeno i cittadini potranno scegliere il proprio deputato e il proprio senatore
perché ci sarà una scheda in cui si sa chi si elegge” (Matteo Renzi)
Nel Porcellum erano tutti, nell’Italicum sarebbero stati almeno metà e forse di più, nel Mattarellum rappresentavano un quarto del Parlamento. Con il Rosatellum i “nominati” saranno due terzi del Parlamento, cioè la quota di eletti con il sistema proporzionale. Entrando nella scheda elettorale questo significa che accanto a destra del simbolo di ogni partito ci saranno tra 2 e 4 nomi. Ma l’elettore non potrà scegliere di votare uno di quelli. Dovrà segnare il partito e prendersi tutti i nomi sulla scheda, sperando che passi anche il candidato che gli piace. A una certa quota infatti scatterà l’elezione del primo candidato in lista, a una quota più alta il secondo e così via. E’ la prima illusione ottica: non è vero che i cittadini potranno scegliere fino in fondo il proprio candidato preferito.













Rosatellum: tra ribaltoni, ingovernabilità e casta
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“L’unica scheda incentiva la conoscibilità dei candidati” (Emanuele Fiano)
Seconda illusione ottica. In realtà sulla scheda ci saranno, è vero, tutti i nomi dei candidati. Ma l’unica scheda ha semmai l’effetto di ridurre ulteriormente la libertà dell’elettore. Il problema, a dire il vero, non è il numero di schede. Manca piuttosto quello che si chiama “voto disgiunto“: la possibilità di votare un candidato che si preferisce senza legare questa preferenza anche al partito, o viceversa. Succede per le Comunali, per esempio, dove la scheda è unica: si vota un candidato-sindaco e si può scegliere un partito che sostiene un altro candidato. Succedeva con il Mattarellum, che prevedeva due schede: in una si votava il candidato del collegio, nell’altra il partito per la parte proporzionale.

Nel Rosatellum, invece, la reazione a catena è addirittura triplicata: è sufficiente un voto sul partito e questo si riverbera sul candidato al collegio e sui candidati nel listino del proporzionale; è sufficiente un voto solo sul candidato del collegio e questo si spalma in proporzione a tutti i partiti che lo sostengono (anche se l’elettore non vuole votare quei partiti, è l’implicito) e di conseguenza contribuisce anche ad eleggere i candidati nel listino proporzionale (anche in questo caso senza che l’elettore lo voglia).













Rosatellum: tra ribaltoni, ingovernabilità e casta
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“C’è un listino fatto di pochi nomi nella parte proporzionale, che permette una riconoscibilità dei candidati” (Rosa Maria Di Giorgi)
Terza illusione ottica
. Come se non bastasse resistono – come nel Porcellum e nell’Italicum – le pluricandidature: ci si potrà presentare in 5 listini proporzionali diversi, quindi se un candidato è bocciato qui, potrebbe passare là, specie se davanti ha un leader di partito che fa da traino. Lo potrà fare ancora di più un candidato di collegio che potrà contare su 6 possibili tentativi di essere eletto (nel collegio e in 5 listini proporzionali). Vista dalla prospettiva della cabina elettorale, che conta di più: se un cittadino sceglie un partito perché il capolista è il leader di partito e quest’ultimo sceglie di essere eletto in un’altra circoscrizione, l’elettore contribuisce a far eleggere un candidato che – al secondo, terzo o quarto posto nel listino – l’elettore non conosce o non vuole.













Rosatellum: tra ribaltoni, ingovernabilità e casta
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“La legge elettorale, se sarà approvata, consentirà un rapporto come quello che hanno i sindaci con la gente” (Matteo Renzi)
Il riferimento è all’inserimento della quota di maggioritario, sistema con il quale si comporrà poco più di un terzo del Parlamento e si sostiene sui collegi uninominali, come funzionava col Mattarellum: il primo che vince (anche di un voto) prende il seggio, first past the post dicono gli anglosassoni.

Ma i seggi della parte maggioritaria del Rosatellum sono così pochi (232 alla Camera, 116 al Senato) che gli eletti dei collegi rappresenteranno territori molto ampi per rispettare sul serio il criterio del legame con l’area che lo ha votato. Secondo Paolo Balduzzi de lavoce.info “al di là degli aggiustamenti per la popolazione e al netto delle approssimazioni, significa che un senatore e due deputati rappresenteranno un’area vasta come una provincia“. E sarà complicato che le candidature nascano “dal basso”, cioè espressione di quei territori. “In pochi – aggiunge Balduzzi – saranno in grado di finanziarsi una campagna elettorale in collegi così ampi, perlomeno senza l’aiuto finanziario del partito, che quindi avrà potere massimo nella scelta dei candidati”.













Rosatellum: tra ribaltoni, ingovernabilità e casta
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“Favorisce la formazione di quelle coalizioni che servono ai partiti per rafforzare i legami politici” (Luigi Zanda)
In realtà si tratterà più di apparentamenti, come quando una lista dà l’appoggio a un altro candidato nel ballottaggio delle Comunali. La legge, infatti, fa di tutto perché i legami tra i partiti all’interno delle coalizioni siano tutt’altro che saldi. Per l’elettore la prova sarà nella cabina, con la scheda davanti. Infatti accanto al nome candidato al collegio uninominale – che caratterizza la sfida tra coalizioni che corrono l’una contro l’altra – non ci sarà un simbolo (della coalizione, appunto), ma tanti simboli quanti i partiti che lo sosterranno. In chiaroscuro questo passaggio si capisce meglio nel confronto con il Mattarellum, altra legge che prevedeva le coalizioni. In quel caso, sulla scheda, accanto al nome del candidato non c’erano solo i partiti: c’era anche il simbolo della coalizione. Già quella forma era debole, tanto che nel 1994 Forza Italia si candidò al Nord con la Lega e al Sud con Alleanza Nazionale. Così come la storia seguente confermò che le coalizioni non garantivano nulla in termini di governabilità visto che nel 1994 cadde Berlusconi, nel 1998 cadde Prodi, nel 2008 ricadde Prodi e finì pure la legislatura.

Ecco, con il Rosatellum sarebbe anche peggio perché sarebbe incentivata la strategia di Forza Italia nel 1994: scegliersi l’alleanza per ogni territorio. Tantopiù in un’epoca di frammentazione, personalizzazione e proliferazione dei partiti. Qualche esempio: il Pd potrebbe allearsi con Pisapia al Centro e al Nord, ma con Alternativa Popolare in Calabria e in Sicilia. Per non parlare proprio del centrodestra che potrebbe essere Forza Italia-Lega-Fdi al Nord, ma potrebbe puntare alla sostituzione del Carroccio con il movimento di Fitto in Puglia o altri centristi tornati all’ovile in Sicilia.

Non solo: è stato tolto l’incentivo a coalizzarsi anche dalla soglia di sbarramento. Nel Mattarellum erano diversificate, mentre nel Rosatellum è unica al 3 per cento per tutti: sia per i partiti che entrano in una coalizione sia per quelli che corrono da soli.













Rosatellum: tra ribaltoni, ingovernabilità e casta
Ecco la legge elettorale patchwork: a ogni partito un pezzo - 7/8

“Questa legge ha il requisito della rappresentatività ovvero la traduzione del voto degli elettori in seggi, dunque in eletti, che qui è garantita avendo quasi due terzi eletti con il sistema proporzionale” (Roberto Calderoli)
Questa legge in realtà ingrandisce la forza di alcuni partiti e diminuisce quella di altri. E proprio con la parte proporzionale della legge. Rafforza i partiti che si coalizzano per due motivi. Il primo è quello già detto per via della mancanza del voto disgiunto: la preferenza che va solo al candidato al collegio finisce in proporzione a tutti i partiti che lo sostengono. Il secondo è che se una lista coalizzata non raggiunge il 3 per cento ma supera l’1, quei voti non vengono distribuiti tra tutti i partiti che ottengono seggi in Parlamento, ma tra quelli coalizzati.













Rosatellum: tra ribaltoni, ingovernabilità e casta
Ecco la legge elettorale patchwork: a ogni partito un pezzo - 8/8

“Non si poteva lasciare senza risposta la necessità di tutelare i principi di rappresentanza e governabilità” (Annagrazia Calabria, Fi)
“Una legge che garantisce rappresentatività e governabilità è un traguardo significativo” (Laura Bianconi, Ap)

A leggere tutti i sondaggi, tutte le proiezioni, tutte le simulazioni, anche le più “generose”, ad oggi con il Rosatellum non c’è la possibilità di alcuna maggioranza, né di centrodestra né di centrosinistra né con le larghe intese. Il motivo è che le maggioranze stabili ed omogenee le decide la politica, il sistema elettorale non è la polverina magica che tutto risolve. Al contrario l’unico punto a favore sicuro di questo sistema è che – come ha chiesto Mattarella a dicembre 2016 – “armonizza” il caos durato finora, con l’Italicum voluto da Renzi – spogliato del ballottaggio – vigente per la Camera e con il Porcellum voluto da Berlusconi – spogliato di tutto e ribattezzato Consultellum – vigente per il Senato.

Tratto da: ilfattoquotidiano.it

Foto di copertina © Ansa / Giuseppe Lami

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