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travaglio marco web33di Marco Travaglio
Domenica scorsa il solito Giornale sbatte in prima pagina la solita balla: tre incontri segreti fra Beppe Grillo e Piercamillo Davigo per mettere a punto un emendamento 5Stelle alla legge elettorale che vieta ai partiti di indicare come leader un pregiudicato (come se Grillo si occupasse di emendamenti e avesse bisogno di Davigo per pensare una norma tanto ovvia, infatti ieri il Pd e Fi l’hanno bocciata). Subito Davigo incarica il suo legale di querelare il Giornale. Lunedì presenta a Torino il suo libro Giustizialisti (ed. PaperFirst) con il coautore Sebastiano Ardita e il sottoscritto: gli domando pubblicamente se è vero che ha incontrato Grillo e lui risponde: “Mai visto, salvo 40 anni fa a un suo spettacolo”. Martedì è ospite a Dimartedì, dove il solito replicante renziano gli snocciola l’elenco dei politici presunti martiri del giustizialismo e presunti assolti (in realtà uno è anche prescritto, uno è anche condannato, uno è ancora imputato e così via) e gli domanda chi li risarcirà da cotante persecuzioni. Davigo ricorda che uno dei sedicenti perseguitati ha accettato la prescrizione, che è cosa ben diversa dall’assoluzione e non prevede risarcimenti. Ed è incompatibile con l’art. 54 della Costituzione, che impone a quanti esercitano pubbliche funzioni i doveri di “disciplina e onore”. Per costoro la prescrizione non è un onore, ma una vergogna. Davigo parla non dei comuni cittadini, ma di politici e altri pubblici ufficiali, a cui la Carta impone doveri supplementari: compresi i magistrati, che infatti, se da imputati non rinunciano alla prescrizione per farsi giudicare oltre i termini e la fanno franca, finiscono sotto procedimento disciplinare e possono essere cacciati.
Giovedì un certo Claudio Galoppi, già pm a Como, poi giudice a Milano e ora al Csm per Magistratura indipendente, si fa intervistare dal Foglio per sfogare tutto il suo sdegno contro i giudici che si fanno intervistare. Lui può, Davigo no. L’intervista si basa su due assunti falsi: Davigo ha incontrato Grillo per l’emendamento e ha detto in tv “Chi non rifiuta la prescrizione deve vergognarsi” (così riferisce l’intervistatrice, che o non ci sente o proprio non capisce). Galoppi fa il giudice e, prima di giudicare le due presunte notizie, dovrebbe verificarle. Gli basterebbe ascoltare sul sito di La7 quel che ha detto davvero Davigo e chiamarlo per sapere se ha incontrato Grillo: se lo facesse, l’intervista finirebbe prima di iniziare. Invece l’intrepido paladino del riserbo e dell’imparzialità togata pontifica sul Foglio come se fosse tutto vero, infilando qua e là l’intercalare furbastro “sta scherzando, vero?” per coprirsi le spalle.
Anzitutto - dice - un giudice in servizio non partecipa a talk show politici lanciando giudizi morali”. E chi l’ha detto? Quale legge lo vieta? E vale pure per i giudici che si fanno intervistare dal Foglio per lanciare giudizi morali su Davigo? “Mi spiace che certe uscite pubbliche gettino discredito sull’intera magistratura”. E valgono anche per un giudice che prende per buone le balle del primo che passa per gettare discredito su un collega che difende i colleghi da attacchi politici e spiega ai cittadini la prescrizione e la Costituzione? E non spetterebbe proprio al Csm difendere i magistrati dagli attacchi politici, anziché attaccarli a sua volta? Per Galoppi la prescrizione è “un diritto riconosciuto al cittadino dall’ordinamento”. E allora perché il Csm fa il processo disciplinare ai magistrati che accettano la prescrizione? E perché Cassazione e Consulta in decine di sentenze spiegano che la prescrizione dopo la condanna è una dichiarazione di colpevolezza, infatti comporta il risarcimento danni e il pagamento delle spese legali? Su un punto però Galoppi ha ragione: “Tra noi ci sono professionisti e cialtroni”. Ecco, appunto.
Venerdì Giovanni Legnini, vicepresidente Pd del Csm, completa l’opera. Anziché invitare Galoppi a informarsi prima di dar fiato alla bocca, zittisce Davigo: “In nessun Paese europeo è consentito passare con tanta facilità dai talk show alle prime pagine dei giornali a funzioni requirenti e giudicanti fino alla presidenza di collegi di merito e di Cassazione”. Anche se non ha neppure il coraggio di nominarlo, è chiaro che ce l’ha con lui, presidente della II sezione della Cassazione che ha appena parlato a Dimartedì e poi al Corriere per smentire la bufala del Giornale e difendersi dagli attacchi (visto che il Csm che dovrebbe difenderlo lo attacca a sua volta). A parte il fatto che in nessun Paese europeo è consentito a un deputato di passare con tanta facilità da sottosegretario del governo Renzi a giudice dei giudici, Legnini non precisa quale norma vieterebbe loro di parlare di giustizia e Costituzione. Anzi ammette che non esiste: mannaggia, “non ci sono norme per arginare questo fenomeno”. Quale fenomeno? I giudici che parlano di diritto? Poi invita “tutti i protagonisti” (non si sa di quale film) ad “arginarlo” per il “rispetto sacrosanto dell’indipendenza della magistratura”. E, di grazia, quale sarebbe la frase di Davigo che mina l’indipendenza della magistratura? Quella che smentisce gli incontri segreti con Grillo? Quella che spiega la differenza fra assolti e prescritti? L’art. 54 della Costituzione? O magari le interferenze di Legnini &C. nell’inchiesta Consip? Tante tartuferie per non ammettere che Davigo dà fastidio perché si fa capire, dice pane al pane e ladri ai ladri, non si vende a nessuno, se si candida al Csm prende un sacco di voti e se diventa presidente della Cassazione la legge rischia di essere davvero uguale per tutti. Come 25 anni fa, quando il Csm era il Consiglio Superiore della Magistratura. Poi divenne il Coniglio Superiore della Malapolitica. Poi l’acronimo di Ciechi Sordi Muti. E ora di Censura Salva Mascalzoni.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano 8 ottobre 2017

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