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contrada bruno c ansa 610di Gian Carlo Caselli
Proviamo a fissare alcuni punti imprescindibili per ragionare sulla sentenza della Cassazione del caso Contrada.

1) La responsabilità del dott. Contrada per i gravissimi fatti che egli ha commesso è supportata da solide prove riscontrate da molti giudici (Tribunale, due volte la Corte d’Appello e Cassazione). Lo stesso ufficio che ora ha cambiato idea negando validità alla condanna definitiva.

2) La mafia non è solo kalashnikov, tritolo e traffici vari a partire dalla droga. Questo è il lato militare/gansteristico del pianeta mafia. Ma c’è anche quello oscuro e osceno (nel senso letterale e traslato di “fuori scena”). Sono le collusioni segrete con persone delle istituzioni e dell’imprenditoria. Quelle che contribuiscono alla conservazione e al rafforzamento dell’organizzazione. La sua spina dorsale. È proprio quel che ha fatto Contrada sistematicamente. Per esempio favorendo la continuazione della latitanza di alcuni boss, tra cui Salvatore Riina. Per cui sostenere che Contrada non sapeva di violare la legge penale è roba surreale. Che ricorda certe battute di Totò delle quali un illustre critico ha detto “che mettono in dubbio la stessa esistenza della realtà”.

3) L’unico strumento per contrastare le collusioni è il concorso esterno in associazione mafiosa (416 bis). Negare la configurabilità del concorso esterno, nerbo della mafia, equivale in pratica a negare la stessa mafia. Lo hanno fatto – senza minimamente curarsi della concretezza dei fatti – la Cedu (Corte europea dei diritti dell’uomo) e la Cassazione, la cui decisione avrebbe ricalcato la Cedu. Passi per quest’ultima, formata in stragrande maggioranza da magistrati stranieri. Ma la Cassazione no! Sa bene che Cosa Nostra esiste. Sa bene che negare il concorso esterno significa colpire l’unica concreta possibilità (ai tempi di Contrada come oggi) di intervenire contro le collusioni, elemento vitale della mafia. Negare il concorso esterno è un’offesa alla logica e al buon senso. Soprattutto è un’offesa a Giovanni Falcone che di questo strumento aveva fatto uso. Per di più sostenendo (ordinanza-sentenza del maxiter del 17 luglio 1987) che “le collusioni di persone inserite nelle pubbliche istituzioni… sono sussumibili a titolo concorsuale. E bisogna farlo se davvero si vuole ‘voltare pagina’ per contrastare efficacemente ‘la crescita di Cosa Nostra e la sua natura di contropotere’.

4) Dunque è una bufala che non esista il concorso esterno in associazione mafiosa. Esiste da sempre nel nostro ordinamento per tutti reati, in base all’art. 110 del codice penale. Nel furto è colpevole il ladro ma anche il palo, che realizza appunto il reato di concorso esterno. E non si capisce perché quel che vale per tutti i reati non debba valere anche per la mafia. Salvo concedere un privilegio inammissibile ai collusi (in prevalenza “eccellenti”…) e alla organizzazione criminale.

5) Un’altra bufala è che il concorso esterno in mafia ha cominciato ad esistere solo dopo le elaborazioni della Cassazione. A parte che mai la suprema Corte ha ipotizzato una tesi così stramba, pur essendosi occupata della materia decine e decine di volte, l’elaborazione presuppone necessariamente il reato. Se non c’è reato non c’è neanche possibilità di elaborazione. Elementare!

6) Infine io non credo che la Cassazione possa accucciarsi pedissequamente su una sentenza straniera, sia pure della Cedu. Penso debba prima operare una rigorosa verifica della rispondenza alla specificità del caso concreto. E qui si tratta di configurabilità del concorso esterno, già riscontrata da quattro sentenze emesse – si badi – in nome del popolo italiano. Ne va dell’indipendenza della magistratura! Un fondamentale valore costituzionale. Di cui tutti i magistrati devono essere gelosi. Persino la Cassazione...

Tratto da: ilfattoquotidiano.it

Foto © Ansa

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