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elezioni usa trionfo trumpdi Nicola Tranfaglia
Donald Eric Trump, miliardario newyorkese ha vinto rovesciando tutti i pronostici della vigilia come l’atteggiamento assunto da Wall Street e dai mercati finanziari della grande mela. E’ un segnale significativo in un Paese che è il più potente del mondo, che decide in buona parte le scelte fondamentali della politica internazionale e dell’economia. Avrà influenza in Europa come nel nostro Paese e non mancherà di esercitare la sua influenza anche negli altri continenti del pianeta. Ha vinto un uomo inviso allo stato maggiore del partito repubblicano non meno che a quello democratico e che ha posizioni nettamente protezioniste contro il Ttip, il trattato di libero scambio con l’Europa che è tuttora in fase di negoziazione ma ha anche la volontà di rimettere in discussione gli accordi già firmati come il Nafta e il Tpp. Non è un caso che le principali borse mondiali a cominciare da Tokyo e Londra, siano stamane negative. La vittoria di Trump - questo è il secondo importante elemento - è una vittoria piena perché i repubblicani mantengono la maggioranza alla Camera e, a quanto pare, conquistano il Senato. Il Paese, peraltro, dopo la tremenda crisi finanziaria del 2007-2009 si è rimesso in carreggiata ed ha un’economia in crescita moderata, una disoccupazione ridotta ai minimi termini e Wall Street ai minimi storici.

Un’eredità da maneggiare con cura perché l’economia sta dando i primi segnali di riscaldamento tanto che a dicembre dovrebbe probabilmente decidere l’atteso rialzo di un quarto di punto dei tassi di interesse, preludio di una graduale inversione di tendenza della politica monetaria. E a preoccupare gli analisti è anche, se non soprattutto, l’ultima ondata di dati trimestrali che ha segnato un sostanziale rallentamento degli utili societari a fronte di una ripresa generalizzata della dinamica salariale. Stipendi più alti stimolano i consumi interni e dunque contribuiscono alla crescita dell’economia ma, dall’altro lato, erodono i profitti aziendali. Il combinato disposto tra crescita dei tassi di interesse e contrazione degli utili potrebbe innescare a breve una decisa correzione sui mercati statunitensi che sono da tempo ai massimi storici. In questo quadro delicato che richiede un attento maneggio, l’arrivo di Trump rischia di essere dirompente. Un forte impatto sulla crescita potrebbe averlo il piano di investimenti infrastrutture che da solo potrebbe valere oltre 500 miliardi di dollaro l’anno, ma la differenza tra i piani di Clinton e Trump, che erano presenti in tutti e due i candidati, consistevano nel fatto che la candidata democratica ipotizzava un incremento della tassazione a carico dei cittadini più abbienti e Trump ha promesso invece tagli alle spese federali, riduzione degli sprechi e il lancio sul mercato di emissioni obbligazionarie ad hoc.

Come ulteriore stimolo, Trump ha promesso una forte deregulation in molti settori dalla finanza all’ambiente con l’obbiettivo di mettere il propulsore alla crescita portandola dall’attuale 2% al 4% annuo. Quanto poi Trump possa realizzare queste promesse è tutto da vedere ma nell’arco di qualche anno l’impatto del pacchetto sull’economia può essere significativo anche se al prezzo di un netto peggioramento delle condizioni materiali degli americani più poveri e delle condizioni dell’ambiente. Un aspetto importante dell’inattesa vittoria di Trump sarà a proposito dei trattati internazionali e della ricaduta della elezioni sull’Europa e sul Messico la cui valuta ha già iniziato a subire forti contraccolpi dalla vittoria del miliardario.

Tratto da: articolo21.org

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