di Antonio Ingroia
Tra due mesi esatti saremo chiamati a votare il referendum costituzionale, che alla fine – ma proprio alla fine – Matteo Renzi ha deciso di fissare per il 4 dicembre, giusto per avere il tempo di occupare ancor più militarmente televisioni e giornali e di provare a recuperare qualche voto, magari ricorrendo alla solita mancia elettorale. In tanti, tra cui i più autorevoli costituzionalisti, hanno in questi mesi ampiamente e puntualmente esposto le ragioni del No, hanno denunciato i rischi e le criticità di un pastrocchio pensato male e scritto anche peggio, hanno insomma spiegato perché è necessario rispedire al mittente la controriforma Renzi-Boschi-Napolitano.
Difficile aggiungere altro, per quanto attiene al merito della riforma. C’è però un ulteriore aspetto che va spiegato agli elettori, ed è quello dei mandanti di questo delitto. Perché Renzi è solo l’esecutore materiale, assoldato per abbattere la Costituzione democratica nata dalla Resistenza, figlia della lotta di Liberazione, ma i mandanti sono altri.
Vanno ricercati in quei gruppi di potere e in quelle lobby più o meno occulte, tanto quelle legali quanto quelle illecite, che sempre hanno condizionato e tuttora condizionano la storia del nostro Paese affinché non diventi una vera democrazia, quelle lobby che ben conosco perché le ho indagate nei miei anni di pm a Palermo.
La posta in gioco è la realizzazione definitiva di un piano che viene da lontano, dagli anni bui in cui Licio Gelli muoveva attraverso la P2 i fili del Paese, che manovrava per realizzare il progetto eversivo trasfuso nel Piano di rinascita democratica. Perché la riforma Renzi-Boschi è figlia di quel Piano, e di quei progetti ad esso ispirati che si sono affacciati alla ribalta in quarant’anni di assedio alla Costituzione. L’obiettivo è sempre lo stesso, cui hanno lavorato non solo Gelli ma anche Craxi, Cossiga, Berlusconi e da ultimo Napolitano. L’obiettivo è quello della definitiva decostituzionalizzazione e deparlamentarizzazione: sbarazzarsi della Costituzione per cancellare la nostra democrazia parlamentare (purtroppo spesso preda delle oligarchie, di cui parla Eugenio Scalfari nel suo fondo di domenica su Repubblica, solo perché la Costituzione non è stata mai veramente attuata), e scongiurare il pericolo che possa mai attuarsi la democrazia orizzontale e partecipativa voluta dai Padri costituenti. Per sostituirla con una Repubblica verticale, dove comandano in pochi e i cittadini vengono ridotti a sudditi da governare.
In nome della parola d’ordine “stabilità”, si vuole ancora una volta consegnare il bastone del comando a un solo uomo al potere, più facilmente manovrabile. Riecco dunque il sogno di Gelli e di quei centri di potere – mafia, massoneria, grande finanza internazionale – sempre insofferenti verso le Costituzioni democratiche antifasciste adottate dopo la Seconda guerra mondiale: la definitiva legittimazione costituzionale della Repubblica verticale, autoritaria, intollerante, sfrenatamente capitalista e neoliberista, diseguale, cinica e guerrafondaia, a scapito della Democrazia orizzontale.
Renzi sta realizzando questo sogno, sta attuando il progetto autoritario di ribaltamento dei poteri repubblicani. È un furto di democrazia che va sventato attraverso il più democratico degli strumenti, votando No. È tempo non solo di resistenza costituzionale, ma anche di riscossa costituzionale: uscire dal fortino assediato per restituire orizzontalità alla nostra democrazia, per fermare quel processo verticistico in cui le assemblee rappresentative contano sempre di meno e le oligarchie tecnocratiche sempre di più.
Ecco perché mi piace l’idea di una Woodstock del No lanciata da Padellaro e Travaglio. Anche per spiegare ai cittadini che rischi corriamo. Bisogna esserci e schierarsi. Dalla parte della Costituzione, sempre.
Tratto da: Il Fatto Quotidiano
Foto © Paolo Bassani
I veri mandanti della ''riforma''
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