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roberti franco da espressodi Franco Roberti*
“Non c’è alcun dubbio, infatti, che ci sia stata una trattativa tra Stato e mafia in quell’anno. Lo ha già affermato la Corte d’appello di Firenze nel processo per la strage di via dei Georgofili e gli atti giudiziari mi pare lascino poco spazio ai dubbi. Ora non resta che attendere con fiducia l’esito del processo in corso a Palermo, diretto a verificare se quella vicenda possa essere ricondotta nella fattispecie giuridica contestata di violenza e minaccia al corpo politico dello Stato”. Non usa mezzi termini il Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, nel suo libro “Il contrario della paura” (Mondadori), scritto assieme a Giuliano Foschini.
“L’accertamento su cosa accadde in quegli anni, se e con chi la mafia trattò, deve essere fatto – prosegue Roberti –. Su questo non ho dubbi: il processo sulla trattativa è un processo doveroso. Poi dirà la Corte se è anche giuridicamente fondato.
So che sull’argomento si dibatte molto. È vero, il processo deve accertare le responsabilità penali di determinati soggetti. La realtà storica invece deve essere ricostruita dagli storici. Ebbene, l’accertamento giudiziario non esaurisce la vicenda storica, ma sicuramente contribuisce a ricostruirla. Oggi sappiamo molto grazie alle sentenze e ai processi che sono in corso, ma forse c’è una parte che deve ancora essere trovata e scritta. Vogliamo non farlo? Vogliamo dire che quelle vicende non fanno parte della storia del nostro paese? Vogliamo lasciarle soltanto agli storici? Nessuno potrà fare mai veri passi in avanti senza i mezzi di indagine propri del processo penale.
Io sono portato a sostenere che non ci può essere verità senza giustizia: lo statuto della verità presuppone il rigore e le garanzie della ricostruzione giudiziaria. Non c’è giustizia – e quindi non c’è verità – fuori del processo”.
“Ancora oggi – conclude il Procuratore nazionale antimafia –. la storia d’Italia è controversa su alcuni punti e rimarrà tale perché è mancato il supporto dell’accertamento giudiziario. Non sappiamo ancora perché è stato abbattuto il Dc-9 dell’Itavia nel cielo di Ustica. E sono passati 35 anni. Dobbiamo fare tutto quello che è possibile per sapere il perché delle stragi mafiose del 1992-93, per illuminare aspetti ancora oscuri sui responsabili di quelle terribili vicende. Questo è il nostro dovere. Per restituire ai cittadini fiducia nelle istituzioni, quella fiducia che è indispensabile per trovare, tutti assieme, il coraggio di farla finita con il potere mafioso”.

* Procuratore nazionale antimafia

Tratto dal libro “Il contrario della paura” (Mondadori)

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