di Nicola Tranfaglia
Il Consiglio Superiore della magistratura, riunito a Roma, continua a non volersi occupare del tritolo destinato a far saltare in aria il sostituto pubblico ministero Nino Di Matteo che rappresenta l'accusa nel processo in corso sulla trattativa Mafia-Stato e che continua ad essere isolato e delegittimato nel suo compito delicatissimo. Dopo la bocciatura dello stesso Csm sulla domanda di afferire alla Direzione Nazionale Antimafia il magistrato ha fatto ricorso al Tar de Lazio ma ancora non vi è risposta sulla pronuncia nel merito mentre sotto pressione resta Di Matteo con la minaccia di saltare in aria con una carica di tritolo che lo accompagna ormai quotidianamente.
In questo modo, bocciando qualsiasi possibilità di avanzamento per il magistrato che, più di altri, si è alla fine esposto di fronte ai mafiosi (e non solo), e che sarà sempre più in difficoltà per l'isolamento in cui viene lasciato.
Sembra di sentire ancora una volta vecchi discorsi, pieni di veleno, all'interno del palazzo giudiziario di Palermo come tante volte era già accaduto negli anni Novanta. Diceva amaramente Falcone, nel 1992, che "in questo Paese per essere credibile bisogna essere ammazzati" e subito dopo aggiungeva "questo è il Paese felice in cui se ti si pone una bomba sotto casa e la bomba per fortuna non esplode, la colpa è tua che non l'hai fatta esplodere". Questi sono i ricordi che non fanno riposare chi ne ha già vissuto o passa ancora molto tempo ad indagare sul fenomeno di Cosa Nostra e delle altre associazioni mafiose che sono ancora presenti in Italia e nel resto del mondo.
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