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travaglio-marco-web0di Marco Travaglio - 16 febbraio 2012
Anche le massime istituzioni repubblicane han voluto celebrare degnamente il ventennale di Mani Pulite. Il Parlamento ha salvato un’altra volta dall’arresto il senatore Tedesco, mentre l’ex premier B. collezionava una richiesta di condanna a 5 anni di carcere per corruzione giudiziaria e un altro senatore, il preclaro De Gregorio, veniva indagato per aver fatto sparire 23 milioni di fondi pubblici all’editoria. Una cosetta. Superano ormai il centinaio i parlamentari indagati o imputati o pregiudicati (24), ma c’è ancora un anno di legislatura per darsi da fare e battere il record del '93.

Intanto la corruzione continua a mangiarsi 60-70 miliardi l’anno e l’evasione altri 120-150. Ed è da questi presupposti che il capo dello Stato ha aulicamente tratto le conseguenze dinanzi al Csm: “Può senz’altro percepirsi un positivo mutamento dell’atmosfera per quel che riguarda reali disponibilità di confronto costruttivo su problemi più urgenti in materia di politica della giustizia”. Finalmente c’è “piena consonanza nella individuazione delle ragioni della crisi, delle priorità da affrontare e degli immediati rimedi riformatori”. Un ingenuo o uno straniero di passaggio potrebbe pensare che il Presidente parli di legge anticorruzione, riforma dei reati fiscali, ripristino del falso in bilancio, ratifica delle convenzioni internazionali sul traffico d’influenze, l’autoriciclaggio, la corruzione privata, la prescrizione. In effetti tre parole tre le dice (“seri adeguamenti normativi”). Ma il confronto costruttivo serve a ben altri e più nobili scopi: mandare a casa migliaia di detenuti o stiparli nelle camere di sicurezza delle questure accanto a chi li ha arrestati (la nuova frontiera del garantismo). E soprattutto tappare la bocca alle toghe e privarle dei diritti civili. Il mondo si domanda come sia possibile che in Italia siano candidabili i condannati. Ma l’uomo del Colle trova disdicevole che si candidino i magistrati. Il fatto che un ladro entri o resti in Parlamento, anche se ha confessato di aver fregato 13 milioni al suo partito, non pare turbarlo. Ma “le troppe esternazioni esorbitanti i criteri di misura” e “l’assunzione inopportuna di incarichi politici” da parte di magistrati, queste sì “disorientano i cittadini”. In effetti siamo talmente abituati ai ladri che, quando vediamo una guardia in politica, siamo subito colti da vertigini. Quando poi un magistrato parla, “innesca periodicamente spirali polemiche e acuiscono molteplici tensioni”, e così quando “inserisce nei provvedimenti giudiziari riferimenti non necessari ai fini della motivazione e che spesso coinvolgono terzi estranei”. Se, per dire, uno legge in un’ordinanza le telefonate fra un ladro o un mafioso e un politico, chissà cosa va a pensare: tipo che anche il politico sia un poco di buono e che il Colle dovrebbe monitare un po’ anche contro di lui. Ottimo anche l’elogio del neoprocuratore di Roma Pignatone, che già acquisì meriti a Palermo emarginando alcuni dei migliori pm antimafia. Elogi anche al giudice Casalbore e al pm Guariniello dopo la sentenza Eternit? Non pare il caso. Un monito contro la porcata Pini sulla responsabilità civile dei giudici? Meglio di no. Invece bisogna punire più severamente i pm che si permettono di parlare in dissenso dal pensiero unico: oggi “sfuggono alla sanzionabilità disciplinare per la legge del 2006”, urge “riforma” per imbavagliarli meglio. E, se qualcuno non condivide le “riforme condivise”, rendendole un po’ meno condivise perché non le condivide, va “arginato”: i partiti che garbano al Colle “reagiscano con la massima fermezza alle resistenze alle riforme della giustizia”, specie da parte di quegli “intraprendenti parlamentari che sventolano vessilli di santuari intoccabili”. Ma sì, dai che l’abbiamo capito chi è l’intraprendente parlamentare: quello che vent’anni fa scoprì Tangentopoli. L’avessero arginato all’epoca, come diceva l’amico Bottino Craxi, signora mia...


Tratto da:Il Fatto Quotidiano

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