Quanti sono i cittadini italiani che conoscono l’esistenza della Commissione parlamentare antimafia? Che ne conoscano i presupposti, i motivi per i quali è stata istituita, la sua efficacia?
Non credo che siano in molti e conseguentemente non credo che la maggior parte della cittadinanza sia consapevole di quanto si verifica all’interno della Commissione da quando l’attuale maggioranza parlamentare ha preso in mano tutte le istituzioni della nostra Repubblica.
È notorio che i posti istituzionali siano i più sensibili ma anche i più ambiti e interessanti da gestire. Da lì passa di tutto: interessi pubblici e privati, esercizio del potere e chi più ne ha più ne metta.
Che Roberto Scarpinato sia da tempo nel mirino della commissione parlamentare antimafia, è cosa nota agli addetti ai lavori. Tuttavia oggi non possiamo non registrare come lo scontro nei confronti del senatore abbia cambiato scenario nel senso che non è più – o non è solo - quello scontro dialettico di cui abbiamo preso atto considerandolo – con molta tolleranza - uno scontro politico. Oggi siamo costretti ad occuparci del disegno di legge 1277 che la presidente della Commissione Chiara Colosimo ha proposto utilizzando l’arma del potere esercitato in nome della carica che ricopre. D’altronde sappiamo bene che l’attuale maggioranza parlamentare e di governo ha imboccato la strada dell’intimidazione politica per ottenere i propri scopi, che non sempre rispondono al bene del Paese e della collettività.
In particolare, anche in altre occasioni abbiamo avuto modo di constatare come Giorgia Meloni abbia costruito una sorta di fortino o di cerchio magico abitato da parenti, amici e conoscenti – ciascuno ben posizionato in ruoli e funzioni risolutivi che le garantiscono con continuità una robusta blindatura.
La presidente della Commissione antimafia, Chiara Colosimo, rientra in questa fattispecie, essendo essa molto vicina alla Meloni dalla quale, sembrerebbe che abbia ricevuto precise istruzioni sul modo di gestire la Commissione antimafia.
L’uso delle regole? Quali regole? Quelle che vengono stravolte a proprio vantaggio ben sapendo di non rischiare nulla?
Parrebbe proprio di si, se, come sembra, la proposta di legge depositata presso la commissione affari costituzionali del Senato, sia stata fatta su misura per mettere a tacere Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Raho.
I due parlamentari risultano scomodi a questa maggioranza di destra, perché avendo lavorato a lungo nelle inchieste giudiziarie più complesse e delicate, sono gli unici ad avere effettivamente conoscenza dei fatti di cui la commissione antimafia si sta occupando.
Questa profonda conoscenza dei fatti, piuttosto che essere considerata un valore aggiunto per arrivare alla verità, viene considerata come un serio pericolo. Dice il procuratore antimafia Nino Di Matteo che “la volontà di estromettere Roberto Scarpinato dalla Commissione parlamentare antimafia risponde strumentalmente alla necessità di neutralizzare chi può mettere in crisi la rassicurante versione per la quale le stragi furono frutto esclusivo del delirio di onnipotenza di Salvatore Riina e magari qualche imprenditore in odore di mafia”.
Questa tesi in effetti sarebbe la più semplice per la Commissione che non ha alcuna intenzione di addentrarsi nei fatti di quella che fu, piuttosto, una strage di Stato. (strage Borsellino).
La Presidente della Commissione antimafia, con uno stratagemma tipico di coloro che fanno uso malsano del potere, tenta di superare l’ostacolo Scarpinato, proponendo una legge che modifichi le regole della Commissione nel senso che non potrà partecipare ai lavori chi si trova in una condizione di conflitto di interessi.
Ma chi decide lo stato di conflitto di interessi? Ebbene, sarà la Commissione stessa a farlo dopo avere applicato una procedura molto complessa. La questione più grave però risiede nel fatto che il percorso compiuto per giungere alla decisione, non offre garanzie di terzietà.
Non mi addentro nella storia che riguarderebbe il presunto conflitto d’interessi del senatore Scarpinato - in molti ne hanno già parlato – perché preferisco privilegiare l’aspetto del racconto che riguarda la scellerata decisione della presidente della commissione antimafia.
Questo modo di concepire l’uso del potere, ci ricorda invero qualcuno; colui che ha usato l’esercizio legislativo per salvarsi dalla giustizia, che lo vedeva autore di numerosi delitti e crimini. Proprio lui, Silvio Berlusconi, che da Presidente del Consiglio e forte della sua maggioranza politica in Parlamento, ottenne la promulgazione di numerose leggi <ad personam>. Oggi si verificano le stesse condizioni – peraltro abbondantemente collaudate nell’era berlusconiana, con l’emissione di una legge <contra personam> (contro Roberto Scarpinato).
Sulla questione non possiamo non rilevare quanto quella legge costituisca un atto di assoluta gravità, ancor più perché compiuto utilizzando strumenti ed impieghi dello Stato.
Questo disegno di legge, - inizialmente firmato dalla Colosimo, ben presto fu condiviso anche da altri parlamentari fra cui il senatore Gasparri. Diciamo piuttosto che il vero conflitto d’interessi ha colpito Chiara Colosimo per avere frequentato un certo Luigi Ciavardini, conclamato terrorista con molteplici responsabilità nella strage di Bologna. Il fatto fu rivelato dal giornalista – scrittore, Saverio Lodato nella trasmissione “Otto e mezzo” condotta da Lilly Gruber.
Saverio Lodato, per questa sua rivelazione, ha dovuto subire la querela della presidente della Commissione antimafia (processo ancora in nuce) la quale si è sentita diffamata dalla dichiarazione di Lodato che altro non aveva fatto se non dichiarare ciò che era ben chiaro da una fotografia in cui vedeva palesemente che la coppia manifestava l’esistenza di un rapporto che andava oltre la semplice amicizia.
Se la Commissione perseguisse effettivamente gli interessi previsti dalla sua legge istitutiva, costituirebbe un elemento di vitale importanza per i lavori parlamentari.
Infatti essa, istituita nel 1962, ha il compito di effettuare il monitoraggio sull’attuazione della normativa di contrasto alla mafia e alle altre organizzazioni criminali, ivi inclusa la legislazione sui pentiti e quella sul regime carcerario speciale e formula proposte per rendere più efficace l’iniziativa delle pubbliche amministrazioni. Inoltre, svolge attività di collaborazione e monitoraggio delle leggi in materia di mafia e appalti offrendo lapropria collaborazione nei confronti del sistema giudiziario.
Mi sembra di palmare evidenza l’importanza della Commissione nell’ambito della gestione della <cosa pubblica>. È un’istituzione assolutamente imprescindibile che non può essere utilizzata per acquisire benefici personali. Pare invece che la Colosimo sia stata parcheggiata in quell’ambita e importante poltrona per perseguire le linee programmatiche suggerite dalla Presidente del Consiglio dei Ministri.
È lo stesso senatore Scarpinato che ci fornisce il vero intento della presidente: “vogliono modificare la legge istitutiva della Commissione con finalità specifiche: estromettere chi ha gli strumenti per comprendere la veridicità o meno, o capire quali siano le domande più opportune da fare agli auditi”. … E incalza l’avvocato Li Gotti: io ritengo che si tratti di un’iniziativa per estromettere chi può dare fastidio ai lavori e alle scelte della Commissione e, in particolare, al suo presidente. Scarpinato dà fastidio. E questo non è un atto nell’interesse dei lavori della Commissione ma a danno”.
Della proposta di legge e dei motivi che l’hanno generata argomenteremo in un prossimo articolo.
Intanto non possiamo che essere solidali con Roberto Scarpinato, per l’assalto parolaio a cui giornalmente è sottoposto da quella parte politica che costituisce la maggioranza, costringendolo ad una difesa impegnativa e snervante. Ma siamo sicuri che Scarpinato non si arrenderà e farà di tutto per difendere la nostra Costituzione con i diritti dei cittadini.
Parimenti siamo solidali con Saverio Lodato, colpevole di avere fatto il proprio lavoro nel rispetto dei principi che regolano la corretta informazione.

Per chi lavora la Commissione parlamentare antimafia
- Dettagli
- Elio Collovà