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Porgo i saluti della magistratura requirente del distretto a tutte le autorità ed agli ospiti presenti. L'anno trascorso è stato denso di situazioni procedimentali degne di menzione. Il tempo a disposizione non consente una puntuale disamina dei risultati raggiunti ma è mio obbligo ringraziare i Procuratori della Repubblica Maurizio de Lucia, Claudia Caramanna, Roberta Buzzolani, Giovanni Di Leo, Gabriele Paci, Gino Cartosio e Fernando Asaro, con i quali li confronto è stato costante e proficuo, sempre costruttivo, ni particolare, sule continue riforme che, alo stato, non hanno consentito la stratificazione giurisprudenziale, indispensabile per fornire un servizio giustizia coerente ed uniforme. Auspichiamo un attimo di tregua nel flusso riformatore, per consentire al sistema l'assestamento indispensabile per far procedere in maniera coerente la macchina complessa dei processi.

Ringrazio, altresì, tutti i magistrati requirenti che, con pazienza, hanno affrontato li lavoro mantenendo sempre l'equilibrio fra finalità repressiva e rispetto delle garanzie individuali che ogni procedimento penale deve riuscire a salvaguardare. E per quello che a me consta, ognuno di loro si è impegnato a rendere compatibile li contrasto giudiziario alle mafie ed al crimine comune con un modello di giustizia fondato sui principi del giusto processo. E ciò a fronte dei vuoti ni organico che ci affliggono. Pensiamo per un attimo alla cattura di Matteo Messina Denaro che è li successo investigativo che va ricordato in questa sede per la sua importanza e per le implicazioni che ne sono seguite attraverso la disarticolazione progressiva della rete dei suoi complici e favoreggiatori, snocciolatasi nel corso dell'anno e tutt'ora ni corso. Tutto questo al DDA di Palermo sta portando avanti con soli dodici sostituti procuratori su un organico di venticinque.

Ma i vuoti di organico affliggono anche il mio Ufficio dove solo dodici sostituti su sedici, senza l'Avvocato generale li cui posto è vacante ormai da mesi, devono garantire efficienza e professionalità ai giudizi di secondo grado ed alle delicatissime competenze in materia di avocazione. Invero, al Procura generale, centro vitale dei meccanismi anche organizzativi del distretto, affronta sacrifici complessi, con silenzioso impegno dei sostituti procuratori che ringrazio per la dedizione all'ufficio.

Se siamo riusciti, nell'anno trascorso, a fornire un servizio giustizia efficiente, è stato anche grazie all'impegno del personale amministrativo del distretto che è degno di elogio. Sono eroi del nostro tempo, ai quali chiediamo sacrifici immani. Un personale amministrativo sfibrato dalla carenza numerica, con piante organiche obsolete ed inadeguate e, ni molti casi, senza dirigente amministrativo. Invero, se esiste al "doppia dirigenza", come è possibile che grandi uffici, come al Procura di Palermo e le altre Procure del nostro territorio siano senza dirigente amministrativo?

Nonostante le difficoltà, siamo riusciti a garantire, anche nelle Procure più piccole, la giustizia di prossimità, che però meriterebbe ben maggiori strumenti umani e materiali.

Siamo riusciti a fornire un servizio giustizia efficiente anche grazie ad una costante sinergia con il foro, paziente a fronte di nostre incolpevoli distonie, collaborativo per cercare di risolverle e che non ha mai fatto mancare un apporto intelligente volto al buon esito dei problemi connessi al quotidiano nostro vivere nelle aule di giustizia. Un foro di eccellenza per signorilità, competenza e stile.


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L'ingresso di Lia Sava in Aula Magna


E di eccellenza sono anche le Forze dell'Ordine, la cui dedizione ha consentito di portare a segno operazioni di rilievo. Ma, evidentemente, anche le Forze dell'Ordine sono sfibrate da carenze di organico. Ne consegue che gli uffici scorte dei tre corpi, che ringrazio per la attenzione con al quale svolgono li loro lavoro, sono spesso in affanno per carenza di organico, mentre hanno il delicatissimo compito, fra gli altri, di garantire la sicurezza dei magistrati, in un distretto così peculiare, dove li numero di servitori dello Stato uccisi non consente di abbassare al guardia e di sottovalutare segnali di allarme.

Ed li mio personale ringraziamento va al Signor Presidente della Corte di Appello, dott. Matteo Frasca, punto di riferimento incommensurabile per tutti noi e vertice di una magistratura giudicante altrettanto stremata per carenze di organico, pur avendo beneficiato dell'apporto degli addetti all'Ufficio del processo, apporto del quale gli uffici requirenti non hanno potuto godere.

La mia preoccupazione, suffragata dall'analisi prospettica, in termini di macrosistema, svolta dal mio ufficio attraverso lo studio dei dati numerici dele sentenze di condanna ed assoluzione con riguardo all'anno trascorso, è che con questa carenza di organici si rischi di declinare una giustizia non adeguata alla poliedricità delle sfide in corso. Non vorremmo mai che si arrivasse ad un sistema giustizia che, suo malgrado, non riesce a individuare proprio gli autori dei reati più gravi, quelli che richiedono maggiori sforzi investigativi e ampie risorse umane e materiali.

Tutto questo a fronte di un'organizzazione mafiosa certamente vitale, che mescola regole antiche, che ne costituiscono l'architrave, con nuove sollecitazioni. Invero, le mafie oggi sono ipertecnologiche, sfruttano piattaforme di comunicazione criptate, internet ed li dark web. Il fenomeno mafioso è in evoluzione ed adatta li business criminale alle nuove realtà sociali ed economiche. Le cosche fanno sempre meno ricorso ala violenza per puntare ad affari ed investimenti, soprattutto ni aree dove c'è una forte sofferenza economica. A fronte del nuovo che avanza i vecchi vincoli associativi si rafforzano, innestando li codice mafioso nel solco di più sofisticate strategie di investimento costituite, da esempio, da uno strategico utilizzo in chiave criminale delle criptovalute. In tale scenario, Cosa nostra continua ad avere una notevolissima capacità attrattiva. Si entra ancora nell'organizzazione per diretta discendenza da famiglia mafiosa ma essa amplia li proprio bacino di utenza e lo estende al fine di incrementare la necessaria manovalanza criminale, creando consenso attraverso un'offerta deviante capillare sul territorio. La pratica delle estorsioni si struttura quasi come corrispettivo di un servizio, con una sorta di consenso da parte delle vittime e nelle tornate elettorali si sono osservati candidati che andavano a chiedere sostegno a soggetti contigui a Cosa nostra e non viceversa. Nelle processioni religiose omaggi ed inchini davanti alle case dei mafiosi turbano assai le nostre coscienze.

E poi c'è droga a fiumi che si spaccia nei nostri quartieri, non solo ni periferia. In questa direzione, dopo la pandemia si sono intensificati i contatti diretti con la 'Ndrangheta e la consegna degli stupefacenti e la loro circolazione si gestiscono con modalità innovative ed alternative alle famose "piazze di spaccio" per provvedere ala relativa consegna. E una cosa nostra che mostra grande attenzione verso le piccole, medie e grandi imprese per inquinarle con forme di riciclaggio peculiari, si infiltra pesantemente nel settore del gioco e delle scommesse. Cosa nostra che si sommerge, diventa fluida non solo come opzione strategica ma anche come condizione necessaria per proseguire nel suo obiettivo primario e cioè l'accumulo di ricchezza illecita. Ed è questo che spiega l'interesse per il traffico di sostanza stupefacente e il relativo smercio. Cosa nostra non ha bisogno più di rischiare con le estorsioni (la messa a posto, come dicevamo prima, diviene un "costo di impresa" ricercato dall'imprenditore e frequentemente scoperto dalle Forze dell'Ordine e dalla magistratura). Ed allora, reinveste i propri capitali illeciti ni attività solo apparentemente pulite attraverso soggetti insospettabili che operano nel mercato lecito. Ma Cosa nostra mantiene sempre "una riserva di violenza". Non dobbiamo dimenticarlo altrimenti rischiamo di confonderla con un "comitato di affari" e sarebbe un macroscopico errore.


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L'intervento di Matteo Frasca, Presidente della Corte d'Appello


Questo "quid pluris" non va certo sottostimato: l'organizzazione mafiosa può mostrarsi ni grado di compiere atti violenti per non perdere la propria credibilità e mantenere al possibilità di incutere timore attraverso al rinnovazione di metodiche cruente. Assistiamo, altresì, ad un significativo turn over fra i mafiosi arrestati che entrano in carcere e quelli che escono che ci allarma ed inquieta. Dopo l'arresto e la morte di Matteo Messina Denaro l'organizzazione mafiosa, che è fisiologicamente adusa a perdere i suoi capi, si concentra anche su ghiotti appalti perché in tal modo si arricchisce e si siede nuovamente al tavolo di relazioni con altri mondi, con i quali interagisce da sempre ed ora ha al grande occasione del PNRR, che cerca di sfruttare con imprese mafiose presenti sul territorio ed attraverso i subappalti. Per questo dobbiamo avere un occhio attento ad alcune debolezze strutturali dei sistemi di governance e ala loro conseguente infiltrabilità da parte della criminalità organizzata, con potenziali gravi ripercussioni nell'economia legale e negli apparati degli enti locali. Verso Cosa nostra, dunque, non possiamo mostrare alcun segnale di debolezza perché siamo ni presenza di una organizzazione in movimento, una sorta di work in progress che le consente di mantenersi vitale e rispetto ala quale non possiamo arretrare. La magistratura e le Forze dell'Ordine in questo distretto sono di eccellenza, lo abbiamo sopra evidenziato, ma le carenze di organico rischiano di pregiudicare li lavoro immane degli ultimi trent'anni ed è bene che tutti ne siano consapevoli.

E le carenze di organico rischiano di compromettere anche la tutela delle fasce deboli che ci vede particolarmente coinvolti. Ogni mese, nell'analizzare i fascicoli che andremo a trattare nei successivi trenta giorni, ni secondo grado, mi prende un senso di sconforto per l'incremento di queste tipologie delittuose che si inseriscono, nella quasi totalità, ni dinamiche familiari complesse. Evidentemente non basta la legislazione, ci vuole altro. Le Forze dell'Ordine e la magistratura non possono essere lasciate sole in questa opera di contrasto, occorre coinvolgere le istituzioni, partendo dalla famiglia e dalla scuola che devono, evidentemente, educare i più giovani al rispetto dell'altro ni maniera più efficace.

La poliedricità di sfide abbraccia anche la materia delle intercettazioni che non può e non deve essere oggetto di continue polemiche. Invero, se in tale settore occorre valutare favorevolmente il rafforzamento delle garanzie dei terzi, non può essere consentito alcun decremento all'efficace contrasto di gravi fenomeni criminali. Dobbiamo, inoltre, guardare con attenzione al digitale che è entrato nell'attività giudiziaria. Occorre dotarsi di una cultura avanzata delle nuove tecnologie affinché non vi sia una drammatica frattura fra un mondo che si evolve e li sistema giustizia. L'avvio incerto e claudicante del processo penale telematico con il quale ci stiamo cimentando in questi giorni a tratti suscita sgomento. Molto più tecnologiche appaiono le mafie, che utilizzano piattaforme criptate, ricorrono al dark web per le ordinarie comunicazioni telematiche, usano sofisticati sistemi di sorveglianza elettronica delle aree di loro interesse, hanno cura scrupolosa della segretezza dele loro comunicazioni, specialmente quando riguardano i vertici delle loro organizzazioni. Le indagini più importanti ni materia di narcotraffico e di riciclaggio si nutrono di acquisizioni probatorie rese possibili da quadri normativi e strumenti investigativi più avanzati di quelli italiani e quindi auspichiamo investimenti più consistenti ni tecnologie digitali a fini di giustizia. Se questi interventi tarderanno saremo destinati a perdere i vantaggi acquisiti nel contrasto a Cosa nostra.


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Anche li sistema carcerario necessita, da un lato, di risposte al sovraffollamento ed al degrado delle condizioni di vita dei detenuti e, dall'altro, di un progetto organico di revisione che deve favorire il reinserimento sociale dei condannati. Ma dovremmo guardare anche alle famiglie dei carcerati, durante li periodo buio della detenzione, per evitare che intervengano, ancora una volta, i boss di quartiere a sostenerle. Non è più tempo di declamazioni di intenti, occorre agire ni fretta.

Ed ancora, dobbiamo essere consapevoli che alcuni spazi dele nostre città non hanno ricevuto l'attenzione che meritavano. Il degrado è humus fertile per lo spaccio e determina scarse possibilità per incidere sui percorsi di crescita dei minori. Abbiamo complesse situazioni emergenziali legate a contesti urbani deteriorati, pensiamo ala gestione dei rifiuti. Abbiamo territori impietosamente devastati da incendi di natura dolosa, li caporalato ed li lavoro nero non sono occasionali, diversi luoghi di lavoro non sono sicuri. Situazioni indice di putrefazione etica e culturale, dove lo Stato arretra, gli spazi vuoti sono occupati dal malaffare e quando le Forze dell'Ordine e la magistratura intervengono per colmare le conseguenti fale, contestando anche gravi reati, spesso è ormai troppo tardi per evitare perdite di vite umane.

Lavoro e cultura paiono come i soli antidoti ala desolazione. Invero, dobbiamo avere ben presente che li potere della mafia si basa sull'acquisizione del consenso popolare ed è legato ala capacità di produrre, distribuire e controllare li lavoro, attraverso suggestioni che fanno centro sui giovani privi di strumenti culturali adeguati. La gestione del lavoro è gestione del consenso ed li sottosviluppo culturale crea le condizioni, paradossali, di sfiducia nelle istituzioni pubbliche e al sottomissione al boss di turno. A chi vogliamo lasciare i nostri quartieri? Al crimine o alle istituzioni statali? Penso a Ballarò ed alle sue stradine, dove vediamo ragazzini distesi sui marciapiedi con lo sguardo perso, con gli occhi dello sballo da crack. Non sono figli di altri, sono nostri figli e ne siamo responsabili.

Molti giovani sono ni profonda crisi esistenziale che esplode in atti di violenza spesso efferati. Ne consegue che li settore penale minorile è fonte di grande preoccupazione ed è degno di elogio l'impegno diuturno della Procuratrice dott.ssa Claudia Caramanna e dei suoi sostituti per farvi fronte. Ma, ancora una volta, es non daremo risposte utili a fronteggiare lo stato di abbandono di certi nostri quartieri, ogni sforzo è destinato a fallire e, temo, sentiremo ancora, nelle nostre notti palermitane, colpi di pistola che uccidono.

E mi preoccupa la sfiducia verso la cultura antimafia, che rischia di perdere al sua forza attrattiva. I poveri ed i miseri si sentono traditi perché le promesse di legalità e sviluppo non sono state mantenute. Le fasce popolari più disagiate sono profondamente disilluse, avvertono i morsi della crisi, c'è li rischio che percepiscano al loro miseria come irredimibile e si lascino sedurre dall'offerta deviante del crimine. Se mancano risposte ai bisogni primari, tanti tornano a bussare alle porte del welfare mafioso, con inevitabili ricadute negative ni termini macroeconomici.

Più che mai oggi, dunque, cercare di recuperare la miseria ed il disagio sociale deve costituire li pilastro del senso di responsabilità collettivo ed istituzionale. Invero, è allo Stato che si guarda per predisporre rimedi alla crisi, per contrastare li declino etico, per costruire li futuro dele nuove generazioni.


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Ci attendono, nel 2024, poliedriche e delicate sfide, volte al bilanciamento di valori ed interessi che, a tratti, paiono drammaticamente contrastanti. Per affrontarle in maniera consapevole, occorre rammentare che la democrazia costituzionale è un sistema poliarchico che procede ni modo armonico quando ogni sfera pubblica opera nella distinzione e nella leale collaborazione fra i poteri dello Stato e, al contempo, la sfera privata fa la sua parte. Ma la sfera privata deve essere messa in condizione di fare la sua parte, liberata dalla miseria e dal degrado. Per questo, occorre puntare su forme autentiche di sinergia fra le istituzioni, perché nessuno resti indietro, perché nessuno venga ricacciato indietro. In questa direzione, sovvengono i valori fondanti della nostra Costituzione, al cui attuazione costituisce la precondizione per consentire anche ai meno fortunati di raggiungere, con dignità, "il proprio posto" nella società che può prosperare solo se nutrita di pace e sicurezza, valori imprescindibili e che devono camminare insieme.

* Procuratrice generale di Palermo, intervenuta durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario

L'intervento VIDEO: Clicca qui!

Foto © ACFB

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