L’ex procuratore di Palermo durissimo contro il ministro: “Per fargli cambiare registro sulle intercettazioni c’è voluto l’arresto di Messina Denaro”
Non si placano le reazioni di magistrati e giornalisti agli starnazzi del ministro della Giustizia Carlo Nordio in tema antimafia (in aula aveva invitato i parlamentari a non essere “supini dei pm che vedono la mafia dappertutto”) e intercettazioni (“mafiosi? Non parlano al telefono”). Dopo le repliche durissime di procuratori come Gabriele Paci, a capo della procura di Trapani o Luigi Pattinaggio, procuratore generale di Cagliari, ecco arrivare il commento, altrettanto duro, di Gian Carlo Caselli, ex procuratore Capo di Palermo. “Il ministro (in Parlamento!) si è esibito in un rancoroso attacco davvero fuori del comune ai pm in generale e a quelli antimafia in particolare”, ha scritto in un articolo pubblicato su La Stampa.
“Per Nordio i pm antimafia sono degli invasati che vedono mafia dappertutto! Lasciamo perdere che la mafia di oggi è detta "liquida" perché penetra ovunque; dimentichiamo che il ministro Piantedosi parla della mafia come invasiva (5 volte l'ha ripetuto in Piazza pulita del 19 scorso); e soffermiamoci su un fatto inaudito. Per attaccare i pm antimafia il ministro si è preso la licenza - in Parlamento, ripeto - di interferire a piedi giunti in un processo (sulla cosiddetta trattativa) ancora aperto. Altro che rispetto del principio costituzionale della separazione dei poteri”, ha affermato.
“Del resto - ha continuato nel suo editoriale Caselli - prima della nomina a ministro Nordio ha incontrato (per un placet?) Berlusconi, il quale dei magistrati diceva che “per fare quel lavoro devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche”; per cui caldeggiava una qualche verifica attitudinale sul piano psicologico, idea che Nordio ha copiato. Forse Nordio in cuor suo ha finito per pensarla come un noto ministro del Cavaliere, Alfredo Biondi, cui piaceva dileggiare i pm raccontando le parole del padre: “Studia studia figliolo, sennò diventerai pm…”.
Per quanto riguarda lo “scivolone sulle intercettazioni”, invece, Caselli ha ironicamente “ringraziato” Matteo Messina Denaro perché è grazie al suo arresto “che il dibattito sulle intercettazioni, da surreale chiacchera da bar, è diventato una cosa diversa”. “Tutti hanno sentito il ministro Nordio affermare con tono saccente che le intercettazioni per la mafia non servono perché i mafiosi non parlano al telefono. Per fargli cambiare registro c'è voluta appunto la cattura di un pericoloso mafioso latitante da anni, che il Procuratore di Palermo ha attribuito al lavoro intelligente dei carabinieri del Ros e alle tante intercettazioni effettuate.
Del resto, basta affidarsi al buon senso : le organizzazioni criminali mafiose sono fondate sul segreto; per combatterle efficacemente, penetrando al loro interno, occorre rompere la corazza del segreto; lo si può fare ascoltando i mafiosi che - appunto perché tali - conoscono quei segreti; l'ascolto può essere diretto (il "pentimento") o "captato" usando le intercettazioni telefoniche o ambientali. È semplicemente l'Abc dell'antimafia”, ha affermato l’ex magistrato. E, sempre sul tema intercettazioni, ha aggiunto Caselli, “finita la stagione di Alice nel paese delle meraviglie ora si discute di abusi e di applicazione o meno ai "satelliti" della associazione mafiosa. Quanto agli abusi c'è già la legge Orlando che ne restringe significativamente gli spazi senza sacrificare le esigenze d'indagine. Quanto ai reati satellite (espressione sibillina che andrebbe esplicitata) al primo posto non può che esserci la corruzione: interfaccia della mafia e quindi principale reato "spia", specie per gli appalti truccati dove la mafia banchetta. Davigo ha ricordato la Convenzione Onu del 2003 (ratificata in Italia nel 2009) che all'art. 50 indica tra le misure necessarie contro la corruzione la sorveglianza elettronica, quindi anche le intercettazioni. Per cui questa volta non è l'Europa che ce lo chiede (nota frase fatta) ma addirittura l'Onu, il mondo”, si legge.
“In sostanza - scrive Caselli - le tecniche argomentative da "Marchese del Grillo" alla giustizia servono ben poco. Piuttosto riflettiamo sul fatto che il nostro più grave problema oggi è l'illegalità economica nelle sue tre declinazioni: evasione fiscale, corruzione e mafia (droga, armi, rifiuti tossici, estorsioni, contraffazioni, appalti ….). Il "fatturato" è rispettivamente di 120, 60 e 150 miliardi di euro l'anno, per un totale di 330 miliardi. Una rapina colossale ai danni della comunità tutta. Un mastodontico impoverimento. Un siluro contro la qualità della vita. Queste illegalità vanno contrastate con tutte le forze a disposizione, comprese le intercettazioni quando possibili. Per cui - di fatto - ogni intercettazione è un passo avanti verso un recupero delle ricchezze e risorse che il malaffare ci vampirizza; mentre se ne avessimo di più vivremmo di sicuro molto meglio. I proclami e le parole in libertà - ha concluso - servono solo a distrarre da tale realtà”.
Foto © Imagoeconomica
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