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Per il giornalista siciliano, Riccardo Orioles, 'arresto di Messina Denaro, dopo trent'anni di latitanza, è il trionfo dell'ipocrisia

Riccardo Orioles di arresti e di speranze deluse ne ha visti. Nel 1982 ha fondato con Pippo Fava il mensile I Siciliani e da lì il suo fare giornalismo raccontando mafie, massoneria e potere non si è mai fermato.

Da conoscitore della mafia, come vede il dibattito dopo l’arresto di Messina Denaro?
“Tipico italiano, come il dibattito ipocrita sul fascismo. Vede, in Sicilia abbiamo una buona usanza, quella di eleggere il presidente della Regione. Dopo qualche mese che viene eletto di solito i carabinieri lo arrestano e finisce in galera. Da noi accade anche che quando escono dalla galera scelgano il sindaco di Palermo. L’ultimo sindaco l’hanno scelto Cuffaro e Dell’Utri. Questo è il clima siciliano. Questo succede nel profondo sud. In Italia abbiamo un presidente del Consiglio che non è finito in galera solo per questioni giuridiche. Era Giulio Andreotti. Il dibattito di questi giorni è surreale. Abbiamo preso un delinquente. Meritano belle parole i carabinieri e qualcun altro. L’abbiamo preso dopo 30 anni. Poteva capitare peggio. L’hanno preso a pochi metri dalla Dia, questa è scalogna. Ai tempi di Provenzano, che era anche lui un “bellissimo” mafioso siciliano, l’hanno preso con la bibbia sul comodino e seguendo la moglie che gli portava la biancheria pulita. I carabinieri l’hanno pedinata e l’hanno accalappiato. Dopodiché a casa di Provenzano hanno trovato 200 pizzini con richieste di aiuto di professori, medici, avvocati, imprenditori siciliani. Nessuno con la coppola, tutta gente per bene, come dicono qui. Significa che quando capita di andare a Palermo da un medico, un ingegnere o un avvocato è possibile che siano quelli che hanno chiesto aiuto a Provenzano. E, badi bene, non l’hanno fatto di nascosto ma hanno firmato con nome e cognome. Provenzano è morto in carcere ma questi 220 professionisti dove sono finiti? Sono stati inquisiti? Sono al confino? Tutto questo per dire che Provenzano è stato un pezzo di territorio per anni, non risulta che qualcuno lo abbia riconosciuto. Io vorrei sapere perché devo pagare le tasse per accendere le lampadine della strada in cui fanno finta di non conoscere il mafioso ricercato da 30 anni”.

Ma di chi è la responsabilità?
“La colpa sarà di un capro espiatorio. La colpa non è mai degli italiani. Nel caso della mafia non è di nessuno, la colpa sarà solo del mafioso che ha avuto la disgrazia di farsi beccare. E così ora abbiamo sconfitto la mafia”.

E poi?
“Aspettiamo il dibattito. Poi ci sarà la polemica sul perché non è giusto metterlo in galera, poi ci sarà da processarlo e qualcuno litigherà sull’ergastolo per uno che ha strangolato il bambino. La mia consolazione, che consola me, è che gli italiani sono tolleranti quando i guai succedono ma poi prima o poi si svegliano. Vediamo tra 10 anni quando qualcuno nessuno pagherà per la latitanza trentennale. E quando parlo di colpe non parlo di carabinieri o dei magistrati ma dei cittadini. Il tabaccaio del Paese che non l’ha riconosciuto. Che gli succede? Niente. Vede, nel nostro caso il pesce puzza dalla coda. Il senso comune è sempre lo stesso: mi faccio i cazzi miei”.

Si stanno dimenticando, nel dibattito, le cose più importanti?
“Non vedo alcun dibattito: è una barzelletta, è un varietà. Nel mese scorso ho avuto il problema di un ragazzo siciliano malato, che distribuisce volantini in Toscana perché qui morirebbe di fame. Questo è uno serio che ha fatto antimafia, uno dei miei redattori, questo giovane italiano è disoccupato ma è esiliato. Nel momento del bisogno gli sono arrivati dei denari da una sua amica, che insegna all’università in Canada. Se era per l’Italia poteva morire. Messina Denaro è storia di mafia e corruzione ma è soprattutto storia di indifferenza. In Sicilia noi abbiamo avuto un solo governo nostro fatto da siciliani responsabili, questo governo è stato nel 200 aC, c’era Dioniso, poi non abbiamo più avuto governi popolari”.

Come sta in questo momento il movimento antimafia?
“Io faccio antimafia con ragazzi che alla sera tornano a casa, si levano il cravattino da cameriere e ascoltano la mia telefonata e hanno l’immensa pazienza di sentirmi e di farsi rimproverare. Facciamo il nostro dovere ma siamo soli. Ogni volta che propongo a un ragazzo di fare qualcosa ho paura. Più invecchio più ho paura: questo ragazzo così generoso tra 5 anni sarà un disoccupato e tra 10 un fallito perché nessuno gli perdonerà di essersi schierato. Il mondo è pieno di questa gente. Ma non è solo colpa dei politici, c’è la pigrizia di un cittadino che accetta di diventare un suddito e per questo Messina Denaro è uno dei minori problemi che abbiamo. Il prossimo bambino strangolato potrà avere giustizia forse tra 30 anni”.

Però l’arresto di un latitante rimane una buona notizia...
“In questi giorni mi sono incazzato con i miei compagni perché volevano andare in piazza per festeggiare la cattura di Messina Denaro. 30 anni di latitanza non si festeggiano, gli ho spiegato. Se proprio volete andate dal primo carabinieri che incontrate e stringetegli la mano”.

Tratto da: lanotiziagiornale.it

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