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È di queste ore la notizia di un ddl (tra i firmatari Tajani) per una commissione d’inchiesta sull’uso politico della giustizia. Un’ossessione antica che ciclicamente riemerge fra i berlusconiani. Il precedente più illustre (?) risale a quando l’ on. Bondi propose una Commissione per accertare se vi fosse in Italia “un’associazione a delinquere con fini eversivi, costituita da una parte della magistratura”.
La cornice del tempo era chiara. I numerosi processi per corruzione e falso in bilancio a carico di B., nonché quelli per gli stessi delitti o per concorso in associazione mafiosa di suoi stretti collaboratori, non potevano credibilmente essere contestati da soli. Di qui la scelta di mettere sotto accusa l’intera stagione giudiziaria degli anni Novanta.
Oggi la cornice è diversa. Scarpinato (per decenni impegnato in processi che hanno contribuito a salvare la nostra democrazia dalla mafia) ha tenuto in Senato un discorso limpido e coraggioso, in cui – tra l’altro – ha ricordato le frequentazioni mafiose di B. e del suo entourage e le compromissioni di vari esponenti della destra nell’eversione fascista. Vade retro! La premier Meloni lo ha attaccato pesantemente addebitandogli il vizio di ragionare per teoremi come già faceva da magistrato.
E il Pd, il partito che dovrebbe essere l’orgoglioso erede dell’antimafia che risale alle lotte contadine e all’impegno di Pio LaTorre? Zitto! Un silenzio granitico (con l’ eccezione individuale di W. Verini). Dunque una condizione ambientale propizia a chi voglia regolare una volta per tutte i conti con i magistrati scomodi perché indipendenti. Di qui l’ennesima iniziativa in odio ad essi, richiamandosi ad un falso garantismo usato per disarmare la magistratura di fronte al potere economico e politico.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano del 6 Novembre 2022

Foto © Imagoeconomica

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