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Verso la proroga al 30 dicembre - Il 26 ottobre la circolare del ministero. Il pg di Reggio: “Ammette che non si può cominciare”

Sistemi informatici che ancora non ci sono. Mancanza di un’interpretazione condivisa tra tutte le Procure d’Italia. Risultato: la riforma Cartabia rischia di non partire il primo novembre, come era previsto. Negli uffici legislativi del ministero della Giustizia si sta ragionando sulla possibilità di emanare un decreto legge che sposti – almeno per alcune disposizioni della riforma – l’entrata in vigore al prossimo 30 dicembre. Che si posticipasse la partenza di una riforma era già successo con la disciplina sulle intercettazioni (ministro Andrea Orlando). Ora potrebbe accadere di nuovo. Anche perché – come sollevato dalla lettera del 25 ottobre firmata dai procuratori generali delle corti d’appello di tutta Italia e inviata anche al neoministro Carlo Nordio – i Tribunali e le Procure non hanno gli strumenti per poter applicare le nuove norme, tra cui quelle che impongono di controllare termini e durate dei procedimenti.

I nodi
Decreto-legge e riunioni in corso
Come raccontato in questi giorni dal Fatto, sono in corso riunioni e confronti in molte Procure per cercare di capire come applicare la riforma Cartabia: a tutti i procedimenti, e dunque anche a quelli già avviati, oppure soltanto ai nuovi fascicoli aperti dal primo novembre in poi? In mancanza di una norma transitoria, non vi è un’interpretazione unanime. E dunque il rischio è che ogni Procura applichi la riforma come crede e come può.
Alla lettera dei procuratori generali, che pure chiedeva questa norma transitoria, il ministero di via Arenula non ha ancora risposto. “Ci stiamo lavorando con grande attenzione”, ha detto nei giorni scorsi al Fatto il neo ministro Carlo Nordio. Come? In che direzioni? Non è dato sapersi.
Nel frattempo sono però state emanate, prima della nomina del nuovo Guardasigilli, alcune circolari. Quella del 26 ottobre, stilata dal Dipartimento per gli affari di giustizia del ministero, ha come obiettivo dichiarato quello di “accompagnare gli uffici giudiziari nella fase, sicuramente molto impegnativa, di avvio dell’attuazione concreta della riforma”. La circolare elenca le principali novità introdotte. A cominciare dagli adempimenti necessari e dal nuovo scadenzario che giudici e magistrati dovranno rispettare. Con un sicuro aggravio di lavoro, come ammette la stessa circolare: “Se per gli uffici di primo grado si tratta di nuovi adempimenti ma in linea con quelli già attualmente previsti, le Procure generali sono maggiormente investite dalle novità, con un rinnovato ruolo di snodo del controllo e della risoluzione della stasi processuale, che richiede una nuova organizzazione del lavoro e, in particolare, il monitoraggio delle scadenze, anche con meccanismi di scadenzario”. Continua la circolare: “L’estrazione delle risultanze oggetto di comunicazione da parte dell’ufficio del pubblico ministero al Procuratore Generale potrà essere agevolata dalla redazione di apposite interrogazioni all’applicativo di registro (cd. ‘query’); si rappresenta, inoltre, che strumenti già previsti e di prossima realizzazione per l’attuazione del processo penale telematico consentiranno al personale di segreteria di operare attraverso apposite consolle un efficace monitoraggio delle pendenze”. Si dice dunque che non ci sono ancora tutti gli strumenti informatici necessari a realizzare ciò che la riforma richiede. E ben difficilmente saranno pronti e installati entro il primo novembre. Tanto che nella circolare è scritto: “L’incidenza degli adempimenti connessi alla rilevazione dei procedimenti pendenti sulle attività delle singole segreterie dei pubblici ministeri, nella descritta ottica evolutiva dei sistemi informativi della cognizione penale, sarà medio tempore mitigata dall’introduzione degli strumenti e delle disposizioni proprie del processo penale telematico”. Introduzione non immediata, dunque, non oggi né domani, quando la nuova disciplina entrerà (o dovrebbe entrare) in vigore. Questi aspetti stanno preoccupando molti procuratori generali. Come Gerardo Dominijanni, procuratore generale di Reggio Calabria, tra i 26 firmatari della lettera a Nordio.

Incognita
Interventi ancora in divenire
Dominijanni con Il Fatto commenta: “La circolare del 26 ottobre spiega che l’incidenza degli adempimenti connessi alla rilevazione dei procedimenti pendenti sulle attività delle singole segreterie dei pm sarà medio tempore mitigata dall’introduzione degli strumenti e delle disposizioni del processo telematico. Medio tempore, dunque. Non oggi, a poche ore dall’entrata in vigore della riforma. È un’ammissione del ministero: non sono pronti per cominciare”.
Conclude Dominijanni: “Mancano gli strumenti, come peraltro ci è stato confermato dal direttore generale dei servizi informatici del ministero della giustizia. Nella circolare, inoltre, si citano le ‘query’ che sono le formule matematiche necessarie per l’estrapolazione di dati, e che ancora non ci sono”.
La circolare del 26 ottobre – ce ne sono anche altre due stilate prima dell’arrivo di Carlo Nordio – non risponde comunque alla prima domanda di ogni operatore: a quali fascicoli dovrà essere applicata la riforma Cartabia? Alla Procura di Bologna si è deciso solo ai fascicoli nuovi, ma altre Procure hanno un orientamento diverso. Senza un’indicazione unanime sarà il caos per i magistrati, ma anche per i cittadini e il loro diritto alla difesa. In questo momento applicare la norma a tutti i procedimenti sarebbe praticamente impossibile. Per questo si sta pensando, anche negli uffici del ministero di Via Arenula, di prendere più tempo per far partire la corsa della legge Cartabia.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano 

Foto © Imagoeconomica

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