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Appello: dal dispositivo alle motivazioni - I pm messi in croce, Dell’Utri santificato

I “giornaloni” e le indicibili verità sulla “Trattativa Stato-mafia”: un rapporto complesso, altalenante, giocato surrettiziamente da anni sulla ricerca dei migliori escamotage affinché i fatti più urticanti, accertati e storicizzati nel corso del processo, continuino a non fare troppo rumore. E le eccezioni sono veramente poche.
Ieri, all’indomani dell’uscita delle motivazioni della sentenza di Appello al processo “Trattativa”, in cui i giudici, pur assolvendo i vertici del Ros e l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, hanno espresso giudizi impietosi sulle loro condotte, il quotidiano La Stampa non ha ad esempio dedicato nemmeno una riga all’analisi del verdetto. Su Repubblica, sebbene Salvo Palazzolo compia una disamina puntigliosa dei punti nevralgici della sentenza, nessun richiamo in prima pagina. Molto soft, invece, l’analisi di Giovanni Bianconi sul Corriere, che dedica poche righe alle zone d’ombra evidenziate dalla Corte. La Verità, che ha passato anni a negarne l’esistenza, titola invece “La trattativa Stato-mafia c’è stata, ma solo per far terminare le stragi”. Contraddicendo all’osso il contenuto delle motivazioni, Il Giornale ha il coraggio di titolare “Sconfessata la Procura, la trattativa Stato-mafia è soltanto una bufala”. Secondo Luca Fazzo, “il teorema che incastrava Berlusconi e Dell’Utri” sarebbe stato “abbattuto”. Libero delega direttamente a Basilio Milio, avvocato dell’ex Ros Mario Mori, l’analisi della sentenza: il legale parla di uno Stato che “non solo non si è piegato, ma ha reagito con determinazione, arrestando i mandanti delle stragi, ad iniziare da Totò Riina”.
Gli esponenti delle istituzioni implicati nella trattativa, trattati sin dall’apertura delle indagini con i “guanti di velluto” da parte integrante del giornalismo mainstream, il 21 aprile 2018 furono condannati insieme ai mafiosi a pene molto ingenti in primo grado. All’indomani della sentenza, alcuni quotidiani decisero addirittura di omettere la notizia dalle loro prime pagine, come nel caso di Libero. E chi scelse di dar conto dell’argomento non relegandolo ad un semplice trafiletto, riuscì a fare addirittura peggio: “Il teorema della trattativa: condannati Berlusconi e Dell’Utri”, titolava Il Giornale, in un grande afflato di generosità verso B. e la sua cricca; “Sentenza grillina sulla Trattativa”, gli faceva eco Il Foglio; Con il titolo “Onore a Mori” apriva invece Il Tempo, “abbracciando” spiritualmente un uomo appena condannato a 12 anni di carcere per “violenza o minaccia a corpo politico dello Stato”. Se Repubblica la promosse a notizia principale della sua edizione quotidiana, Il Messaggero, accanto al dato di cronaca, inserì in prima pagina un virgolettato dell’ex ministro Martelli: “Chi arrestò Riina è trattato da boss”, tanto per fare l’ennesima carezza al Ros. Il 24 settembre, il giorno successivo alla pronuncia della sentenza di Appello in cui furono assolti gli uomini dello Stato, le colonne dei principali giornali dello stivale costituirono il più efficiente lavacro purificatore delle loro condotte. “Via il fango resta l’onore”, l’apertura del Tempo; “La trattativa Stato-mafia non esiste”, secondo La Verità (evidentemente, non secondo i giudici). “Imputati tutti assolti, anche Dell’Utri, smascherata la bufala di Berlusconi mafioso”; “Travaglio & Co., sconfitto chi voleva riscrivere la storia”, i titoli di Libero. “Demoliti i pm, Dell’Utri: 10 anni di fango”, titolava invece Il Giornale: non male come difesa per un condannato definitivo per concorso esterno in associazione mafiosa. La Trattativa venne definita una “farsa” e un “teorema” dal quotidiano diretto da Minzolini, che diede spazio alla reazione ecumenica di Marcello Dell’Utri (“Ancora non ci credo, mi hanno infangato ma posso perdonare”), cercando di mettere alla berlina presunti “forcaioli” come il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio e l’ex magistrato Antonio Ingroia: “giustizialisti” che avrebbero “alimentato teoremi di cartapesta”, ledendo “non solo Berlusconi ma l’onore dell’intera repubblica”.
L’apertura del Riformista, poi, fu leggendaria: “Assolti, assolti, assolti, finita la caccia alle streghe”. Ad accompagnarla, un articolo di giubilo di Sansonetti dal titolo “Sconfitti i talebani, bentornata giustizia”. Anche La Stampa intervistò Dell’Utri, offrendo ampio spazio all’analisi di Francesco La Licata (“qualche contatto tra guardie e ladri ci fu, ma non si trattò di una vera trattativa”) e alle parole di Claudio Martelli, secondo cui “non ci fu una vera trattativa”. Il Corriere, nel frattempo, offriva spazio al professor Giovanni Fiandaca, che dichiarava che il processo aveva prodotto “un danno d’immagine all’arma e all’intero Paese”, dedicando un’intera pagina alle reazioni degli imputati e dei loro legali, soddisfatti per la “verità ritrovata”. Per Giuseppe Sottile, sul Foglio, “La trattativa” era “una boiata”. Sul Messaggero, titolo folgorante: “Assolti lo Stato e Dell’Utri, ‘con la mafia non si trattò’”. Lo stesso giornale arrivò addirittura a mettere nero su bianco che Dell’Utri era stato assolto “perché il fatto non sussiste”, mentre la formula assolutoria citata nel dispositivo era “per non aver commesso il fatto”. Qualche settimana dopo, Giovanni Terzi del Tempo intervistò Mario Mori, riuscendo ad affermare, restando serio, che il suo interlocutore, grazie al suo lavoro, aveva definitivamente “sconfitto la mafia”. Finalmente uno scoop.

Tratto da: ilfattoquotidiano.it

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