Pesa il pregiudizio sul nostro Paese. Nessuno può diventare un ex assassino
Alla Francia bisogna chiedere che farebbe se noi rifiutassimo di consegnarle un terrorista del Bataclan. Non crediamo alla favola di gente che commetteva delitti in nome di “nobili ideali"
La giustizia francese ha negato all’Italia l’estradizione di vari cittadini italiani riparati in Francia per sfuggire all’esecuzione di condanne definitive inflitte nel nostro paese per gravi reati (anche omicidi) di matrice terroristica.
A fronte di questa eventualità, qualche tempo fa un ministro francese ebbe a rivolgersi a quella fazione dei suoi concittadini che era contraria alla estradizione chiedendo che cosa avrebbe detto se qualcuno avesse osato rifiutare alla Francia l’estradizione di uno o più responsabili del grave attentato terroristico del Bataclan (proprio in questi giorni arrivato ad un pubblico processo lungamente atteso dall’opinione pubblica tutta).
In questo modo quel ministro voleva significare che ci sono leggi dell’umanità che devono affermarsi come vere leggi sanzionate, anziché essere solo frasi di stile, relegate in qualche preambolo di accordi internazionali. In altre parole, che vi sono diritti insopprimibili legati alla dignità, ai sentimenti, alle radici culturali e alle esigenze di ogni stato democratico.
La giustizia francese – nel caso dei terroristi italiani non estradati – sembra aver deciso in base a criteri tutt’affatto diversi. In sostanza, chi uccide e viene condannato in Italia per gravi fatti di terrorismo, se scappa in Francia può essere perdonato e sottratto alla giustizia italiana.
Difficile, davvero difficile, non ipotizzare che su atteggiamenti di questo tipo possa influire in modo decisivo anche un antico pregiudizio verso il nostro Paese, alimentato dalla favola di un’Italia di fatto “fascista” che ha combattuto il terrorismo a colpi di teoremi, di accuse senza prove, di imputati condannati in violazione dei principi dello stato di diritto. La favola quindi di personaggi che se commettevano gravi delitti lo facevano per nobili ideali da assumere come giustificazioni scriminanti.
Un saggio ha detto che si può anche diventare ex terroristi ma non si diventa mai ex assassini. Vale a dire che ci sono delitti contro la civile convivenza democratica che non possono essere cancellati con un tratto di penna, dimenticando che sono stati commessi nell’ambito di una guerra unilaterale spietata e feroce, dichiarata dalle catacombe della clandestinità contro persone arbitrariamente elette a simboli da abbattere.
Farlo equivale a rendersi vittime di una colpevole amnesia, con un senso etico a corrente alternata o geograficamente variabile, se non del tutto carente.
Mi rendo conto di aver espresso opinioni che mi espongono alle ire dei tanti “benpensanti” (anche italiani) sempre pronti ad autoproclamarsi garantisti doc, squalificando nel contempo come giustizialisti, manettari o forcaioli tutti coloro che la pensano diversamente. In realtà molto spesso il loro è un garantismo peloso, selettivo: nel senso che l’applicazione delle regole viene diversificata a seconda dello status ed in particolare delle tendenze politiche di questo e di quello. Il contrario del garantismo vero, classico: che è veicolo di eguaglianza o altrimenti non è .
Infine, non per alimentare altre polemiche, ma unicamente per registrare dati di fatto, mi sembra legittimo chiedersi se le nostre istituzioni politiche facciano sempre tutto il possibile (nei limiti s’intende del reciproco rispetto della sovranità nazionale) perché le istanze di giustizia che nel nostro paese appaiono inderogabili siano davvero soddisfatte.
Ed è chiaro che mi riferisco non solo ai terroristi di cui la Francia ha rifiutato l’estradizione ma anche al gravissimo scandalo di Giulio Regeni.
Fonte: La Stampa
Tratto da: liberainformazione.org
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