Il governo si muova, Draghi batta un colpo: ora sappiamo che le carte dell’archivio uruguaiano di Licio Gelli furono prese e messe in cassaforte dalla Cia a cui dobbiamo richiederle. L’atto non è rinviabile dopo la testimonianza al processo di Bologna dell’ex generale del Sismi, Mario Grillandini. Grillandini era l’uomo mandato dal capo del servizio militare, Ninetto Lugaresi, proprio in Uruguay per riportare in Italia il prezioso archivio messo al sicuro da Gelli nella sua villa, dietro un pannello di legno. Da pochi mesi, ad Arezzo, erano state scoperte le liste della P2, indagini in pieno corso, i palazzi della politica in subbuglio. Grillandini andò a Montevideo ma tornò con le pive nel sacco: prima di lui, era arrivata la Cia. Quelle carte, quasi certamente, contengono gli elenchi mancanti dei piduisti. Il presidente Draghi ha dato un bel segnale con la sua direttiva che rende pubblici tutti i fascicoli sulla P2, argomento dimenticato nelle precedenti legislature. Sanato il vulnus, il sottosegretario Garofoli ha la delega a gestire i tavoli per la desecretazione dei documenti ed è molto apprezzato dalle associazioni che ne fanno parte. Ma è evidente che le “nostre” carte non bastano: mostriamo finalmente un po' di orgoglio nazionale e chiediamo alla Cia di restituirci quel malloppo che ci appartiene.
Licio Gelli non è ancora un personaggio consegnato alla sua storia criminale: troppo a lungo protagonista delle vicende italiane, di recente la sua ombra, insieme a quella del suo sodale neofascista Stefano Delle Chiaie, si è allungata sulla strage di Capaci. Il fatto che la Cia abbia preso quelle carte può anche non sorprenderci. Ce lo potevamo immaginare. Ma oggi siamo in una situazione molto diversa da allora: il governo faccia un passo senza indugio verso una nazione alleata. La storia del nostro Paese è ancora piena di insopportabili segreti e se non avremo le carte nascoste da Gelli in Uruguay ci aspetta solo un odioso oblio.
Tratto da: Il Fatto Quotidiano
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Gelli, Draghi chieda l'archivio 'rubato' dalla Cia a Montevideo
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- Sandra Bonsanti e Stefania Limiti