Tra menzogne e fake news
Domani in Parlamento è il "gran giorno" per la riforma della giustizia voluta dalla ministra Marta Cartabia con le nuove norme per il Consiglio superiore della magistratura. Una riforma che, come ha affermato il consigliere togato del Csm Nino Di Matteo, intervistato questa mattina a Gr Radio Rai presenta "un aspetto di inutilità e un aspetto di pericoloso ritorno a un passato in cui l'indipendenza e l'autonomia della magistratura non erano valori assoluti".
Come evidenziato in altre occasioni, il magistrato ha ribadito che il sistema delineato nel testo in esame "non elimina quel rischio che siano le correnti della magistratura ad individuare i candidati”. Inoltre vi è l'impressione "che questa riforma Cartabia obbedisca alla finalità di fondo: di rendere la magistratura sempre più collaterale e servente rispetto agli altri poteri. Mi sembra che auspichi alla figura di un magistrato burocrate, attento a tenere le ‘carte a posto’, a tenere alti i numeri delle statistiche e attento, più che a fare giustizia, a cercare il gradimento dei propri dirigenti e degli avvocati”.
Contro l’approvazione del progetto di riforma l’Anm aveva annunciato nei giorni scorsi che avrebbe potuto esserci uno sciopero. Secondo Di Matteo una presa di posizione simile non verrebbe capita dal cittadino comune. Meglio intervenire e prendere posizione, anche ferma. Perché, ha proseguito il consigliere togato, "i magistrati devono avere il coraggio di spiegare i profili pericolosi della riforma. Non possiamo scaricare sui cittadini un ulteriore disservizio".
In un'intervista pubblicata la scorsa settimana sul 'Il Fatto Quotidiano' Di Matteo aveva addirittura parlato di riforma "gattopardesca", laddove "si dice di voler combattere la patologia dello strapotere delle correnti e invece non si combatte nulla. Anzi da un certo punto di vista si potenzia il sistema delle correnti, che evidentemente fa comodo a tutti, anche alla politica".
E l'inserimento di norme come quella del fascicolo di rendimento del magistrato, con tanto di partecipazione degli avvocati ai pareri sulla professionalità dei giudici, che possono essere dannose al punto da condizionare sempre più la magistratura.
"I magistrati - spiegava Di Matteo - saranno più attenti ai numeri, alle statistiche, al gradimento degli avvocati piuttosto che a rendere giustizia. E dunque non affronteranno inchieste complesse, diventeranno sempre più impauriti e più soggetti a interferenze esterne”.
Come dargli torto? Eppure c'è sempre quella pletora di mercenari e libellisti del potere, pronti a scrivere menzogne e fake news, ribaltando discorsi magari tagliuzzando i ragionamenti a proprio uso e consumo.
E' ciò che è avvenuto sulle colonne de "Il Riformista", con il solito pezzo di Tiziana Maiolo, sempre pronta a gettare fango contro i Di Matteo, gli Ardita o i Gratteri di turno.
E come non farsi mancare il gusto di attaccare il processo Trattativa, definendolo un "circo Barnum", quando il processo è stato tutt'altro che un circo, e non solo per le condanne in primo grado.
Aspettando di leggere le motivazioni del processo d'appello, che ha visto l'assoluzione dei soggetti istituzionali, già dal dispositivo di sentenza si evince che il processo è stato tutt'altro che farsesco o inutile, tanto che i boss mafiosi sono stati condannati a partire da colui che era accusato di essere il "postino" del papello: il boss e medico di Riina, Antonino Cinà.
Perché lui sì e non quegli uomini di Stato che lo hanno ricevuto, ovvero i carabinieri? Una contraddizione in termini che siamo curiosi di leggere.
Anche perché i fatti accertati nel processo di primo grado, come il dialogo avvenuto tra boss ed istituzioni, non sarebbe stato messo in dubbio. Del resto le assoluzioni non sono avvenute "perché non sussiste il fatto", così come tanti avrebbero voluto, ma perché "il fatto non costituisce reato" o per "non aver commesso il fatto". La minaccia ad attentato a corpo politico dello Stato c'è comunque stata.
Il Riformista, che in altri tempi avrebbe chiuso da tempo visti i numeri delle spese a perdere, come suo costume continua a vestire i panni del mercenario, libellista e lacchè, del potere. E lo fa a prescindere da chi governi il Paese. Tutto pur di attaccare e delegittimare il magistrato tanto odiato.
Addirittura Di Matteo e Ardita, di fatto, vengono accusati di essere inseriti in un contesto di Casta, incapace di autocriticarsi dopo gli scandali interni della magistratura (vedi caso Palamara) quando è tutto all'opposto, con i due magistrati che si trovano spesso a lottare contro un Sistema che dimostra di non voler davvero cambiare.
Ma in questo Paese, a trent'anni dalle stragi, sembra che la storia si ripeta. E quei magistrati che in qualche maniera hanno preso il testimone di Falcone e Borsellino vengono continuamente delegittimati, isolati e derisi.
Anche Falcone e Borsellino hanno dovuto subire simili attacchi prima di essere esaltati una volta uccisi. Oggi è la festa della liberazione che è anche un giorno di festa per la verità e la giustizia. Siamo nel 2022. E speriamo che la storia non si ripeta.
Perché di martiri, nella nostra storia, ne abbiamo già avuti troppi.
(Prima pubblicazione: 25 aprile 2022)
Rielaborazione grafica by Paolo Bassani
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