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"Ormai, per via dell'età, riesco a fare solo collegamenti online. Ma ho voluto venire stavolta di persona a Genova per incontrare tutti questi ragazzi insieme e portare loro il messaggio di Paolo che, proprio nell'ultimo giorno della sua vita, con una lettera si rivolgeva ai ragazzi: diceva che quando sarebbero stati adulti, avrebbero avuto più forza di combattere rispetto alla sua generazione". Sono state queste le parole di Salvatore Borsellino, fratello del pm ucciso dalla Mafia a Palermo il 19 luglio 1992, ha spiegato il motivo della sua presenza a Genova, dove ha preso parte all'iniziativa del gruppo ligure "Agende Rosse", con circa duemila studenti, lanciando un nuovo allarme contro "i depistaggi" che ancora oggi impediscono la piena verità sulle stragi. "La memoria, però, non deve essere solo un ricordo sterile - ha spiegato Borsellino - ma memoria significa anche lottare per la verità e la giustizia perché, a 30 anni dalla strage di via D'Amelio non c'è ancora una giustizia vera e, purtroppo, in quest'ultimo periodo, si sta tornando indietro, con depistaggi, quelli che nei primi anni del processo hanno allontanato il corso della giustizia".
Al dibattito hanno partecipato anche Giuseppe Antoci, presidente onorario della Fondazione Caponnetto, Luciano Traina, ex ispettore di polizia e fratello di Claudio, agente di scorta rimasto ucciso in via D'Amelio con Borsellino, e Antonio Vullo, unico sopravvissuto della strage di via D'Amelio. Un incontro che ricorda quanto accaduto, cercando di far tenere gli occhi aperti sul presente, con il fenomeno della criminalità organizzata che è fortemente presente, anche in Liguria. L'evento arriva 30 anni dopo quella scia di sangue delle stragi mafiose, tremende ingiustizie che non si perdono nell'oblio, anche grazie alle testimonianze dei parenti delle vittime.

Foto © Davide de Bari

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