A quattro anni dalla sparizione forzata seguita dalla morte di Santiago Maldonado
Il primo agosto 2021, sulla Strada 40, a 60 km da Esquel, nella provincia di Chubut (Argentina), è stata organizzata una commemorazione per ricordare il drammatico episodio occorso 4 anni fa, cioè la sparizione forzata, seguita dalla morte, di Santiago Maldonado. Negli articoli del mio collega e redattore Andrés Volpe, pubblicati sul caso, sono stati evidenziati i dettagli del caso, frutto di una ricerca molto accurata: ed è evidente che si tratta di un brutale e sfacciato caso di terrorismo di Stato operato in Argentina, in una democrazia.
Davanti al luogo in cui si trova il Pu Lof in resistenza di Cushamen, nella fredda pampa vicino al fiume Chubut, dal 31 luglio sono state organizzate varie attività per ricordare Santiago Maldonado, "Lo Stregone". Sono passati quattro anni da quando si trovava lì, non per caso ma per la sua coscienza politica. E in quanto fedele a questa coscienza sentì l'impulso di appoggiare la causa per il recupero del territorio di questa zona all’estremo sud dell'Argentina, che si aggiunge alla richiesta di libertà per il lonko Facundo Jones Huala. E lo fece, spinto dagli ideali di libertà, in un sistema capitalista oppressivo in cui si trovava immerso.
Al tramonto, all'abbassarsi delle temperature, il fuoco della lotta lentamente bruciava gli occhi di chi giungeva sul posto, nonostante i serrati controlli presenti sulla strada, ubicati in posti strategici. Per le forze di sicurezza la fisionomia di un mapuche significava l'espulsione dalla zona o quanto meno un accurato controllo dei documenti personali o del veicolo. È il sistema imposto dalla polizia xenofoba di Chubut, rimasta fedele al suo stile repressivo ed autoritario verso il quale l'ha orientata il ministro per la sicurezza Federico Masoni e che vanta numerosi interventi a carattere repressivo in varie zone della provincia.
La legna veniva accatastata rapidamente davanti al murales che raffigura il volto di Santiago con gli occhi che guardano la Strada 40. Acceso il fuoco si riaccendono anche i ricordi di quel tragico giorno di quattro anni fa.
Questo incontro non è stato organizzato solo per ricordare il passato ma anche per rinforzare un presente di lotta e resistenza dato che il sistema oppressivo continua, giorno dopo giorno, nella distruzione dei sogni di migliaia di persone, sistema al quale solo alcune sono capaci di ribellarsi.
Migliaia di esperienze vissute sono stati raccontate. Una in particolare non poteva restare nel silenzio e quindi la condivido: "Il giorno in cui è stato ritrovato il corpo di Santiago noi abbiamo dovuto proteggerlo perché i militari volevano portarlo via, sapevamo che erano stati loro a portare il corpo lì, non avevamo mai trovato nulla in quel luogo fino a quel momento; mentre proteggevamo il suo corpo centinaia di rondini vi passavano sopra, qualcosa di estremamente bello nel caos che si era scatenato, e continuavano a passare ancora ed ancora... In quel caos vi era pace in quel luogo". Ma l'esperienza non è finita col racconto del ritrovamento del corpo, anzi stava per iniziare qualcosa di ancora più forte.
Ore dopo, all’alba si è conclusa la proiezione dei video e degli interventi, era giunto il momento della resistenza.
Le decine di persone che si erano ritrovate in questo luogo isolato del sud argentino quasi all'unisono hanno iniziato a dirigersi verso il luogo dove la comunità aveva fatto il corteo per strada nel 2017, proprio dove si trovava Santiago Maldonado prima di sparire per mano delle forze di sicurezza dello Stato Argentino. Sparizione forzata seguita dalla morte.
Tutti i presenti che partecipavano alla mobilitazione hanno cominciato a fermare le automobili in transito ed hanno iniziato ad informare e a far prendere coscienza ai conducenti di ciò che era accaduto in quel luogo.
In mezzo a questo gruppo di persone un portavoce mapuche diceva: "Per la memoria combattiva del Weñuy Santiago Maldonado Yem, alimentando il fuoco della memoria ti ricordiamo nella nostra lotta. Ricordiamo come nel 2017 ti sequestrarono e ti ammazzarono. Ancora oggi, lo stesso Stato di allora continua a considerarci invisibili chiamandoci pseudo mapuche, perché ci difendiamo o perché agiamo secondo le nostre idee. Dopo 4 anni Benetton, l'apparato politico ed i gendarmi assassini si credono impunibili ma noi sappiamo chi sono e cosa hanno fatto”.
"Per tutti i nostri morti dobbiamo reagire contro l'oppressione ed essere costanti nella lotta. Via le miniere, le petroliere, le centrali idroelettriche, le società come la Minin CO S. A. del dipartimento di Pilcaniyeu e Cataries del Wall Mapu”.
"Newentuainmun Lof Pailloko, Lof Cayunao, Lof Carrilaf e tutte le comunità che fanno parte della Resistenza, libertà al Lonko Facundo Jones Huala e a tutti i prigionieri politici mapuche".
E così, fino al pomeriggio tardo, hanno continuato a fermare le automobili e ad informare i passanti che poi continuavano nella loro marcia.
Santiago Maldonado non si trovava lì per caso ma era lì per resistere, per sostenere una lotta che dura da cento anni, perché i popoli nativi sono oppressi da sempre, dal repressore Winka.
Luciano Benetton, il grande proprietario terriero, ha le mani sporche di sangue. Il sangue di Santiago è di tutti gli altri. Sangue che è stato versato in questo luogo sin dal 2015 attraverso l'intervento dello Stato repressore e complice, guidato esclusivamente dagli interessi economici e non dal benessere sociale.
In ogni caso siamo tutti colpevoli della sparizione forzata di Santiago e della sua morte perché non abbiamo avuto il coraggio di sostenere una causa giusta come quella che portava avanti Facundo Jones Huala (Lonko de la Pu Lof en resistencia de Cushamen).
Le sparizioni operate seppur in democrazia e le lotte giuste ci devono aprire gli occhi per capire da che parte della linea vogliamo stare.
Il primo agosto eravamo presenti in questo luogo, credo che nella nostra intimità militante, ricordando ed omaggiando Santiago, tutti ed ognuno di noi lo pensiamo ed anche se a voce bassa diciamo. "Lo Stregone è presente".
Foto: antimafiadosmil.com